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Tolta la maschera, si svela il suolo sacro che è il cuore di ciascuno

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Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 22/05/20
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Arriva il giorno in cui genitori ed educatori non riconoscono più i loro ragazzi; è il momento in cui il muro delle apparenze va abbattuto perché è proprio la loro apparente distanza a implorare un rapporto con gli adulti. Di Stefano Motta (viceparroco di San Juan Bautista, a Fuenlabrada, Madrid)

Da quasi cinque anni vivo in Spagna, a Fuenlabrada, pochi chilometri a sud di Madrid, e svolgo la mia missione dedicando molto tempo ai ragazzi, sia in parrocchia che in una scuola.
Non è un segreto che ai tempi nostri, almeno in Europa, stiamo attraversando una crisi educativa. In questo orizzonte, spesso i genitori, i professori, gli educatori si lamentano perché non capiscono i ragazzi o perché arriva un momento in cui non riescono più a riconoscerli, sorpresi dalla scoperta che in loro c’è un mondo intero barricato dietro una facciata costruita per coprirlo.
Non è facile capire i ragazzi nei momenti in cui si nascondono. Occultano ciò che è loro veramente caro, hanno paura di confrontarsi con gli adulti o con chi non è del loro giro. In realtà, spesso, neanche con i loro amici o coetanei sono del tutto liberi, magari per il timore di essere giudicati o di non rispettare certi standard.


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Paure, timori, insicurezze, di queste cose ce n’è in abbondanza! Ma ogni tanto il muro si rompe, ed è splendido vedere cosa c’è dietro.
È successo poco tempo fa con una ragazza liceale della scuola in cui lavoro. Fino all’anno scorso era mia alunna: in classe, mi creava un sacco di problemi. Era svogliata, aggressiva nei toni, polemica in ogni occasione possibile.
Poco tempo fa, dopo un pomeriggio di studio a scuola, mi chiede se posso dedicarle un po’ di tempo per parlare. Inizia a raccontarmi della sua famiglia, della situazione molto difficile in cui lei e i suoi numerosi fratelli si trovano a causa dellabbandono del padre.

“Mi ricordo come fosse cinque minuti fa – mi dice piangendo – di quando mio padre mi ha detto che non mi avrebbe mai lasciata da sola. Due mesi dopo è sparito. Capisci perché per me non è facile fidarmi degli adulti?”.

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Addolorato dal racconto, le dico che pregherò per lei e per la sua famiglia, e le chiedo perché proprio quel pomeriggio ha voluto raccontarmi queste cose.
Mi dice: “Perché, nonostante tutto, ho bisogno di riferimenti per diventare grande. Per me è molto difficile ammetterlo, però è la verità e la dico a te”.
Qualcosa di analogo è accaduto anche con una ragazza della parrocchia che riceverà il battesimo la notte della vigilia pasquale. Le ho parlato dopo un periodo in cui non eravamo riusciti a vederci, e lei mi ha detto:

“In questo tempo, nonostante il cammino di preparazione al battesimo, non mi sono ricordata quasi mai di Dio. Tra lo studio, la casa, gli amici, non gli ho fatto spazio e ho vissuto queste ultime settimane come se non ci fosse, come vivono tutti gli altri. Però, adesso che abbiamo rimesso Dio al centro, riscopro che la Chiesa è la casa in cui trovo la vera pace”.

La invito a pregare un momento davanti al Santissimo. Ci mettiamo in ginocchio, in silenzio. Dopo alcuni minuti si alza, sussurra un “grazie”, e va a casa.
Quando la corazza delle immagini si rompe ed emerge la verità che c’è nei cuori, ci si trova su un suolo sacro. Splendido e vertiginoso. Dobbiamo amare questa verità, dobbiamo educare noi stessi e gli altri ad amarla.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO

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