Un ospite inquietante si è aggirato negli spazi più quotidiani della nostra vita. Non lo avremmo potuto prevedere ma, intanto, ha sconvolto la nostra vita, ci ha costretti a una battuta d’arresto improvvisa, ha messo in discussione i criteri del nostro mondo, ci ha obbligati a un innaturale e sofferto distanziamento sociale che, in alcune forme, dovrà continuare ancora per un po’.
In questo tempo difficile, le domande sono state tante e, si spera, anche le riflessioni. Molti concordano: niente sarà più come prima. Non è un canto di ottimismo e neanche un semplice auspicio; anzitutto è una constatazione, perché alcune cose avvengono senza il nostro permesso. Semplicemente ci cambiano dentro, come fu dopo il dopoguerra per la coscienza personale e collettiva. Da certe crisi, ci si risveglia cambiati e diversi anche se non te ne accorgi o te ne renderai conto dopo.
Ma se questo cambiamento potrà orientarsi al “meglio” per quanto riguarda le nostre relazioni, gli stili di vita, la professione di fede, il nostro stare al mondo e in generale il rapporto generale con noi stessi e con la nostra esistenza, questo dipende anche da noi. Qualcosa si è rotto, qualcosa si frantuma, qualcosa si evolve in modo naturale; ma “dove vogliamo andare” dobbiamo deciderlo noi.
Ha scritto qualcuno che dovremmo evitare di parlare di un semplice “ritorno” alla normalità o di un “ripartire” da dove abbiamo lasciato. Dobbiamo invece augurarci che tutto non sia più come prima, perché prima non era affatto “normale”. Dobbiamo invece “ricominciare”. Iniziare un percorso nuovo, un modo nuovo di essere e di amare, un cominciare nuovamente. In questo breve viaggio, allora, ci proponiamo dei brevi esercizi spirituali per il dopo pandemia: vogliamo contemplare cinque grandi “parole”, prese in prestito dalla ricchezza della Parola di Dio, che possano servirci come bussola di orientamento per il nostro ricominciare.
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La prima parola per ricominciare è fiducia. La fiducia è anzitutto una risorsa che abita dentro noi: possiamo riuscire a confidare e a restare aggrappati a una fiducia di fondo, perfino quando la situazione è compromessa e ci appare del tutto senza risoluzione. Ciò dipende dal fatto che il nostro vero io non è solo quello di cui abbiamo percezione e che mostriamo all’esterno ma, invece, il suo fondamento è quell’io spirituale che abita dentro di noi, un nucleo originario che Dio ha creato e in cui Egli abita e agisce. Nell’attuale situazione, la prima via per recuperare la fiducia nel ricominciare deve essere quella di compiere questo viaggio dall’esterno all’interno: se mi fermo sulla paura del contagio, sul drammatico numero delle vittime, sulla situazione economica, sulla crisi che mi investe, non ho nessuna fiducia di poter ricominciare; se vengo a contatto con la fonte interiore della mia vita, prendo consapevolezza delle mie risorse e capacità, inizio a fidarmi che non sono da solo ma altri lottano con me e anche le istituzioni si occupano della mia situazione, allora lo sguardo cambia. Le cose restano difficili, ma penso di poterci provare e sento di dover comunque lottare per rialzarmi.
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Il Vangelo di Marco ci racconta di un padre che vive nella paura che sua figlia non guarisca più. Gesù gli dice: Non temere, non avere paura, soltanto abbi fede (Mc 5,36). Le paure fanno parte della nostra vita, per certi versi sono anche preziose e necessarie, altre volte sono inevitabili perché situazioni come la pandemia non possono che far nascere in noi diverse paura: la paura di ammalarsi, di non ritornare alle cose belle di prima, di perdere il lavoro, di non riuscire a realizzare i propri progetti. Tuttavia, se si rimane intrappolati sono dentro queste paure, la nostra vita rimane ferma e noi restiamo senza forze; perderemo la voglia di lottare perché avremo rinunciato in partenza. Così, quelle paure, si trasformeranno davvero in realtà.
Gesù invita questo padre a credere che sua figlia vivrà; lui le ha donato la vita, ma la vita di sua figlia non dipende solo da lui e da ciò che gli ha donato. Deve fidarsi, deve credere che la vita di sua figlia dipende anche da altro e soprattutto da un altro. Penso sia un grande insegnamento anche per noi: i progetti, il lavoro, le relazioni, tutte le cose che ho concepito, sognato, realizzato fino ad ora non dipendono solo da me; in questo momento ho paura di perderle, ma è possibile che esse vivano in modo diverso e che sarò sostenuto a portarle avanti da altre persone e da nuove circostanze che il mondo e la società mi offriranno. Devo aver fiducia e cercare di tenerle in vita. Devo soprattutto confidare in Dio, che considera la mia vita più preziosa di quella dei passeri e non permette che la nostra esistenza vacilli. Anche nel cuore della notte, Egli si fa luce e ci viene incontro in qualche modo.
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Così, Gesù risveglia la fanciulla, la prende per mano e la rialza. E ordina di darle da mangiare, deve cioè nutrirsi e riprendere forza. Ha fiducia che ce la può fare. Allo stesso modo, dobbiamo fidarci di noi stessi e confidare in Dio che, in questa situazione, ci prende per mano e ci darà il cibo per rimetterci in piedi: sarà un nuovo modo di affrontare la vita, sarà qualche nuovo progetto, sarà una nuova creatività lavorativa, sarà un altro modo di vivere le relazioni importanti da cui dipenderà il resto, e cosi via.
Ciò non significa che sarà facile, ma la fiducia in noi stessi, negli altri, nella società, nelle istituzioni civili e politiche e soprattutto in Dio, farà si che non restiamo paralizzati sul letto semplicemente lamentandoci della disgrazia: ci facciamo prendere per mano e tentiamo di rialzarci. Qualcosa, prima o dopo, succederà.
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Francesco Cosentino, sacerdote calabrese, è docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana e officiale della Congregazione per il clero. Tra le sue pubblicazioni recenti: Immaginare Dio. Provocazioni postmoderne al cristianesimo (Cittadella, 2010); Il Dio in cammino. La rivelazione di Dio tra dono e chiamata (Tau, 2011); Sui sentieri di Dio. Mappe della nuova evangelizzazione (San Paolo, 2012); Incredulità (Cittadella, 2017).