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Come superare le paure della depressione

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Orfa Astorga - pubblicato il 20/05/20
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“Sono arrivato a pensare che la cosa facile sia morire, non vivere”Ricordo molto bene una delle frasi di Antonio nella nostra prima seduta: “Sono arrivato a pensare che la cosa facile sia morire, non vivere”. Era nell’oscurità più profonda della sua depressione.

Aveva appena fallito nella sua piccola attività commerciale e cercava di risollevarsi a livello finanziario, senza un progetto definito, quando i vecchi fantasmi delle sue paure sono tornati nella sua vita. Paura di relazionarsi agli altri, degli eventi imprevisti, del caso. Paure che lo hanno portato alla rabbia e alla sofferenza.

“Non è giusto, non è giusto”, diceva a se stesso, sentendosi dolorosamente debole.

“C’è chi parla della fame e della sete senza conoscerle davvero”, ha affermato, “e lo stesso accade a chi dice di comprendere la sofferenza”.

“È vero”, ho risposto, “ma ci sono pazienti malati terminali che sono morti con grande dignità, dando pieno significato ai loro ultimi giorni; non posso quindi non ammettere che le persone che affrontano il proprio destino hanno sempre la possibilità di raggiungere qualcosa attraverso la sofferenza”.

“Beh, io non sto per morire, potrei piuttosto rappresentare la figura di un naugrafo”, ha detto pensoso.

“No, non concordo”, gli ho detto, “perché si può vedere come il capitano della sua nave in mezzo a una violenta tempesta, in una situazione in cui può usare tutte le sue capacità per andare avanti, cambiare strada, ritornare al porto o avvicinarsi alla costa in cerca di protezione”.

Naufraga solo chi perde la libertà di rispondere alle preziose possibilità che la realtà offre sempre, pur se interrompendo progetti o raggiungendoli a lungo termine, e anche se questo implica dolore, carenze e mille contrattempi.

Dopo varie sedute…

Antonio ha deciso, tra gli altri cambiamenti, di accettare un impiego modesto, di aggiustare le spese familiari, vendere la casa attuale e comprarne una più piccola, sempre con il sostegno incondizionato della sua famiglia e con la fiducia in un futuro migliore.

Era di nuovo il capitano della sua nave e non un naufrago.

Era anche il momento di affrontare e superare le sue paure.

Nell’infanzia Antonio ha subìto maltrattamenti e carenze affettive, per le quali si sentiva emotivamente sull’orlo dell’abisso. Crescendo, per evitare punizioni ha mentito, ha cercato vie di fuga ed è diventato aggressivo e diffidente. Spesso ha sentito che il suo destino era il fallimento, perché era disadattato e insicuro, e quindi oggetto di critiche e ridicolizzazioni.

Nel presente, però, nulla di tutto questo corrispondeva alla sua verità come persona: era un buon marito, un buon padre, un buon lavoratore. Aveva le virtù necessarie per raggiungere la maturità ed essere felice.

Disordine interiore

Come molte altre persone, la sua dimensione interiore era piena di disordini e complessi per via delle esperienze traumatiche del suo passato, alle quali aveva aggiunto i suoi errori personali.

Era quindi particolarmente necessario per lui identificare le emozioni legate al suo “io infantile”, che proiettava inconsapevolmente sul suo “io adulto”, con reazioni e sentimenti sbagliati, il che lo faceva sentire male.

Era questione di compiere in questo cammino non solo modifiche nel modo di affrontare le emozioni o le manifestazioni negative del suo comportamento, ma anche profondi cambiamenti nel modo di relazionarsi a se stesso, per consolidare i suoi rapporti con gli altri partendo da quello.

Un esempio:

“Non cercherò scuse o false giustificazioni, anche quando commetterò degli errori, piccoli o grandi”.

Perché?

“Perché se sbaglio, come ogni essere umano, avrò sempre l’opportunità di correggere, di chiedere perdono”.

Perché?

“Perché così sarò autentico e riposerò in me stesso senza provare paura”.

Ecco alcuni aspetti fondamentali della sua terapia riguardo all’approccio che abbiamo adottato per affrontare gli eventi difficili della sua vita:

  • Ripetere costantemente ciò che ci ha fatto soffrire e parlarne in ogni momento non aiuta a risolvere nulla, generando solo altro dolore.
  • Anticipare il dolore futuro, che non sappiamo se avverrà o se sarà facilmente superato, ci porta a vivere nella tristezza.
  • La stessa realtà può essere rappresentata in modi diversi in base al modo in cui guardiamo ad essa. È per questo che le nostre sofferenze più grandi sono quelle che temiamo, per via del nostro approccio al riguardo.
  • Si può essere ottimisti senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
  • È importante vivere con speranza, perché con il tempo i fatti e le persone acquistano un’importanza relativa.
  • E al di sopra di tutto, la vita è meravigliosa.

Antonio ha capito che la sofferenza fa parte della vita e che il dolore che provoca più danno è quello che non viene accettato. È meglio, quindi, imparare a nuotare nella propria realtà prima che l’acqua ci copra completamente.

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