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Può un libro cambiarti la vita? A me è successo

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MIENMIUAIF - MIA MOGLIE ED IO - pubblicato il 16/05/20
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Può un libro conoscerti meglio di chiunque altro? Può un libro cambiarti la vita? A me è successo, ed era un libricino piccolo piccolo, ma scritto da un santo grande grande: Josemaría Escrivá.Written by DentoTeologo Giovanni Biolo (che già in passato aveva scritto su questo blog, a questo link un assaggio)

Tutto accadde un mercoledì (come il titolo del celebre film… ah no, quello era un venerdì…). Due giorni prima avevo partecipato a una Messa che mi aveva lasciato dentro uno squarcio d’infinito, dove “il gelo del cuore si sfa”, e finalmente ero stato introdotto “nel mezzo di una verità”, come direbbe Montale. (Se ti sei perso l’articolo, clicca qui).

Era un mercoledì pomeriggio, per l’appunto, e mi trovavo fuori dalla porta dello studio di quel sacerdote che aveva celebrato due giorni prima. Allora ho bussato.

“Salve, don Domenico, sono un nuovo residente, Giovanni Biolo. L’altro ieri mi è piaciuta molto la sua omelia. Quel modo di parlare di Dio mi ha entusiasmato parecchio e vorrei saperne di più, anche perché sono tanti anni che sono ‘fuori uso’, diciamo così, in materia di fede”.
“Mi fa piacere, Giovanni. Facciamo così, inizia a leggere questo libretto che ti do e le domande che ti nascono me le riporti la settimana prossima. Buona lettura”.

(Don Domenico, con un passato da ingegnere nucleare, era così: non si perdeva in chiacchiere, andava subito dritto al punto).

Mi sono ritrovato fra le mani un piccolo libricino tascabile con la copertina giallo paglierino, intitolato Cammino. Mi sono rifugiato nella mia zona della camera tripla con soppalco e l’ho aperto trepidante, come Bastian con il libro de La storia infinita. Iniziava così: “Leggi adagio questi consigli. Sono cose che ti dico all’orecchio, in confidenza d’amico, di fratello, di padre”. Un libro composto da brevi spunti di meditazione, poche righe, scritte in uno stile colloquiale, come se l’autore fosse accanto a te. Ma la cosa che più caratterizzava quelle parole è che andavano dritte al cuore, come una freccia appuntita che riesce a superare in un attimo anni di barriere interiori. “Al cuore, Ramon”, esortava Clint Eastwood nel film Per un pugno di dollari; e al cuore arrivavano quelle frasi.

Da quel momento ho passato varie notti disteso sulla seconda panca a destra dell’altare della cappellina del collegio, la stessa in cui ero seduto durante la prima Messa.
Stavo su quella panca lignea, immerso nel buio della notte veronese, rischiarata solo dalla luce accesa di una lampada accanto al tabernacolo. Leggevo a uno a uno i punti di Cammino e piangevo. Piangevo, sì, perché tutti gli uomini piangono qualche volta.
Era come se quel libro e quello scrittore mi conoscessero. Ma mi conoscessero dentro, nei miei cassetti più nascosti, dove ognuno di noi ripone le domande più cruciali e dolorose: “Chi sono io?”.

L’autore del libro mi parlava sì con confidenza e calore, ma mai con piaggeria; anzi. Molto spesso erano degli schiaffi in faccia. Schiaffi non fatti per ferire, ma per svegliare. Svegliarmi dal torpore, dalle paure, dal mio vittimismo adolescenziale.

“Smettila con quei modi smorfiosi da femminuccia o da ragazzino. Non dire sono fatto così… sono cose del mio carattere. Sono cose della tua mancanza di carattere”.

“Caspita, qui manca solo il mio nome!”. Un ragazzo verso la fine dell’adolescenza che si lamentava ancora delle ferite subite, schiavo di un carattere timido che non accettava.
“Che strano”, pensavo. “Questo libro dovrebbe parlarmi di Dio, invece parte da me”.

“T’affanni a essere mondano, frivolo, superficiale. Che cos’è, se non vigliaccheria, questo non voler affrontare te stesso? Abituati a dire di no”.

Anche qui erano descritti tanti anni della mia vita. Preoccupato più a sentirmi parte di un gruppo, ma senza chiedermi a che tipo di gruppo volevo appartenere, con la paura di non essere accettato come sottofondo musicale sempre presente.

“Non avere spirito provinciale. Dilata il tuo cuore. Non volare come galline quando puoi elevarti come le aquile”.

Qui si iniziava a salire… ossigeno puro per i miei polmoni! Un raggio di luce che spezzava lo strato di nebbia sopra la mia testa, complice il fatto che forse la testa non la alzavo abbastanza in alto.

Ma soprattutto questa frase: “Che la tua vita non sia una vita sterile. Sii utile. Lascia traccia”.

Cominciavo a percepire un senso, una direzione, l’esistenza di un percorso che mi proponeva prima di lavorare su me stesso per scoprire poi una Verità posta molto in alto. Un’avventura si dispiegava dalle pagine di quel libricino giallo. Un’avventura lunga tutta una vita.

Quindi può un libro conoscerti meglio di chiunque altro? Può un libro cambiarti la vita? A me è successo, ed era un libricino piccolo piccolo, ma scritto da un santo grande grande: Josemaría Escrivá.


SAN JOSEMARIA ESCRIVA
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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO PUBBLICATO SUL BLOG DEI MIENMIUAIF – MIA MOGLIE ED IO

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