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Stati Uniti: razzismo in epoca di coronavirus

XENOPHOBIA
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Jaime Septién - pubblicato il 14/05/20
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I vescovi chiedono la fine di razzismo e xenofobia nei confronti degli asiatici che vivono nel PaeseNegli Stati Uniti, la discriminazione è passata dagli afroamericani agli ispanici, e ora, nel contesto del coronavirus, alle persone di origine asiatica o provenienti da alcune isole del Pacifico.

Il motivo è la serie di accuse sul fatto che l’origine del virus sia stata premeditata, che non sia stata riferita in tempo o sia sfuggita al controllo di un laboratorio cinese, accuse ormai arrivate ai massimi livelli politici.

In questo difficile contesto, l’arcivescovo di Philadelphia, Nelson J. Pérez, presidente del Comitato della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) per la Diversità Culturale nella Chiesa, il vescovo di Salt Lake City, Oscar A. Solís, presidente del Sottocomitato per le Questioni della isole dell’Asia e del Pacifico, e il vescovo Shelton J. Fabre di Houma-Thibodaux, Luisiana, presidente del Comitato Ad Hoc contro il razzismo, hanno diffuso una dichiarazione congiunta esprimendo la propria preoccupazione profonda per gli episodi di razzismo e xenofobia nei confronti degli Statunitensi di origine asiatica e delle isole del Pacifico nel contesto della crisi da coronavirus.

“La pandemia derivante dal nuovo coronavirus continua a estendersi in tutto il mondo, influenzando il nostro comportamento quotidiano, le pratiche, le percezioni e il modo in cui interagiamo tra di noi”, hanno affermato i presuli nella dichiarazione congiunta.

“Anche se ci sentiamo incoraggiati dagli innumerevoli atti di carità e coraggio di molti, ci allarma anche assistere all’aumento degli episodi di intimidazione e aggressioni verbali e fisiche, soprattutto nei confronti degli Statunitensi di origine asiatica e delle isole del Pacifico”.

Secondo i dati dell’Ufficio del Censo degli Stati Uniti, il Paese sta assumendo a poco a poco tratti asiatici.

Anche se gli immigrati di origine latina (specialmente messicani) continuano ad essere la maggioranza tra la popolazione di origine straniera, gli asiatici sono quelli che stanno aumentando di più negli ultimi anni, e rappresentano già il 31% di quelli provenienti da altri Paesi dell’Unione Americana.

Di fatto, negli ultimi tre anni gli immigrati asiatici hanno superato quelli di origine latina, e la Cina occupa il secondo posto per numero di immigrati dietro il Messico. I vescovi della USCCB hanno indicato che “un’elevata percentuale degli asiatico-americani lavora nel settore dell’assistenza medica, mettendo a rischio la propria salute per salvare vite”, e che “alcuni hanno sperimentato il rifiuto e la richiesta di essere curato ‘da un’altra persona’”.

Prima che le attività economiche si paralizzassero negli Stati Uniti, le imprese di proprietà di Statunitensi di origine asiatica avevano già sperimentato “una forte discriminazione” e “continue vessazioni”.

I vescovi ritengono queste azioni “inaccettabili”, e hanno chiesto che tutti i cattolici, i cristiani e le persone di buona volontà combattano contro ogni tipo di razzismo e xenofobia.

“Sono attacchi contro la vita e la dignità umana, e sono contrari ai valori del Vangelo”, si legge nel comunicato. Già nella lettera pastorale scritta sul razzismo nel 2018, i presuli statunitensi avevano definito il razzismo “un fallimento per riconoscere l’altro come un fratello o una sorella creato a immagine di Dio”.

I vescovi Pérez, Solís e Fabre, a nome di tutti i vescovi dell’Unione Americana, hanno chiesto a funzionari eletti e istituzioni pubbliche, come anche a tutte le figure pubbliche, di fare “tutto il possibile per promuovere e mantenere la pace nelle nostre comunità”, esortando al contempo tutte le persone, le famiglie e le congregazioni a promuovere “un maggiore apprezzamento e una maggiore comprensione nei confronti degli autentici valori umani e dei contributi culturali apportati da ogni eredità razziale nel nostro Paese”.

Gli attacchi alla comunità asiatica negli Stati Uniti sono stati costanti

Spicca il brutale attacco contro tre membri di una famiglia di origine asiatica che vive in Texas (tra cui due bambini di due e sei anni) verificatosi agli inizi di aprile, o quando un afroamericano ha irrorato con del disinfettante un passeggero dai tratti asiatici nella metropolitana di New York. Un gruppo ultraconservatore ha citato la Cina per 20.000 milioni di dollari ritenendo il coronavirus “un’arma biologica”.

Leticia James, procuratore generale dello Stato di New York, ha provato a preparare il sistema giudiziario contro la nuova ondata di crimini razziali che si stanno vivendo in quella città e in buona parte del territorio statunitense.

In questo senso, ha lanciato una linea diretta per riferire i crimini d’odio collegati al coronavirus, il che potrebbe portare a processi civili. “Nessuno dovrebbe vivere con la paura, per quello che è o per il posto da cui viene”, ha affermato il procuratore. Per ora, però, gli Asiatici hanno paura.

Come scrive il sacerdote gesuita Matt Malone sulla rivista America, “oggi le fiamme di questo razzismo sono ravvivate dall’insistenza del Presidente (Donald) Trump nel definire il Covid-19 ‘il virus cinese’ indipendentemente dalla precisione della definizione. La sua decisione di farlo alimenta lo stress e l’ira di quanti cercano qualcuno da incolpare”. È a questo stress e a questa ira
che si riferiscono i vescovi statunitensi emettendo un SOS contro il razzismo e la xenofobia contro chi ha tratti asiatici e vive negli Stati Uniti.

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