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Francesco, 9 anni: non faremo la foto di classe, la disegno io

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Annalisa Teggi - pubblicato il 14/05/20
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È quasi un appello fatto dalla nostalgia per dire «ciascuno è presente, non vi ho dimenticati». Così sul tavolo del viceministro dell’Istruzione è arrivato un disegno che ricorda l’essenziale (l’origine) da cui deve ripartire la scuola. Nell’ufficio del viceministro all’Istruzione Anna Ascani è arrivato un documento importante. Possiamo immaginare quanto siano affollate di discussioni, scritture, telefonate e incontri le stanze di chi sta decidendo il futuro della nostra scuola. L’educazione è una delle fondamenta della ripartenza del nostro paese, sì ma cosa significa davvero?


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Ritratto in bianco e nero

Come dicevo, è arrivato un documento importante sulla scrivania del viceministro Ascani e ne è autore un bimbo di nome Francesco, 9 anni, che frequenta la quarta elementare dell’istituto Renato Sclarandi di Torino. Si tratta di un disegno a matita in bianco e nero che raffigura tutta la classe di Francesco; l’idea è semplice e disarmante: visto che le condizioni attuali impediranno il rientro in classe, sarà impossibile fare la foto di fine anno con tutti i compagni. Anziché fare un collage di screenshots presi dalle videochat, Francesco ha sfruttato la sua passione per il disegno e ha ritratto tutta la sua classe. Ecco il risultato:

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Cosa vediamo? Sicuramente un talento in erba che promette bene per un futuro da artista. Tra i tantissimi commenti sui social non è mancato chi ha insinuato che l’autore non fosse davvero il bambino, ma la mamma di Francesco ha risposto sciogliendo i dubbi.

La scelta del bianco e nero è il primo elemento che mi ha colpito, semplice e suggestiva. Manca il colore, perché manca la presenza viva dei protagonisti; può essere solo una mia libera interpretazione, eppure mi pare piena di senso questa assenza di colori. In tanti nascondono il vuoto dato dall’isolamento e dalla lontananza, lo riempiono di distrazioni per non fare i conti con l’impotenza che ci ha colpiti. Il bianco e nero è sincero nel non avere nessun riempitivo che distrae; è severo, se vogliamo. Ma è autentico nel dire che sulla carta c’è solo un’essenziale a cui manca la policromia di una vita condivisa.

I tratti del disegno, per il resto, sono molto dolci e pieni di una gioia; è spontaneo pensare che sia stato il ricordo di tanti momenti vissuti assieme ad aver guidato la mano del giovane disegnatore.

Presente!

In fondo fare una foto richiede poco tempo e coi mezzi attuali si poteva trovare una soluzione tecnica per fare un ritratto di classe stupefacente nonostante la distanza reciproca. Perché non scegliere appoggiarsi agli strumenti tecnici? Perché impegnare tempo e pazienza?

Siamo così bombardati di immagini ad altissima definizione e cellulari con una potenza sempre maggiore nel catturare istantanee che pensare a un bambino impegnato nel chiaroscuro con una sola matita in mano non può passare inosservato. Avrà richiesto tempo il suo lavoro e soprattutto un esercizio di memoria. Il dato commovente è notare l’unicità di ogni volto, Francesco ha chiesto ai suoi compagni che ciascuno riconoscesse se stesso nel disegno. Ho sentito notare da vari insegnanti che la parte che manca tanto ai loro studenti in queste settimane di didattica a distanza è l’appello. Poteva essere scontato dire: «Presente!», non lo è più.

Ricordare ad uno ad uno i propri amici è fare un appello usando il libro della memoria; la precisione di tratteggiare ritratti sì stilizzati ma per nulla generici è una confessione a cuore aperto: «ciascuno è presente, non vi ho dimenticati». Sul tavolo del viceministro è arrivato qualcosa in più di un semplice disegno, piuttosto è un documento di identità su cui è bene fermarsi a riflettere. La scuola non è un edificio e non è il luogo in cui un bambino entra ignorante ed esce erudito. Si parla tanto di relazione, ora che la scuola è vissuta col filtro di uno schermo. Relazione è senz’altro una parola decisiva, ma proprio per come Francesco ne ha dato un esempio con questo disegno: ricordare un amico, sforzarsi di porgere un’immagine che rifletta il mio legame con lui è tutt’uno con il riflettere su me stesso. I nostri figli non hanno bisogno di «stare insieme in classe»; hanno bisogno che il viaggio alla scoperta di se stessi non sia fatto in solitaria.

L’impronta digitale dell’uomo

Mi concedo il lusso di una divagazione, che forse è la strada più diretta per arrivare al cuore del problema attuale. C’è un’incognita enorme che riguarda la riaperture delle scuole a settembre e come in ogni emergenza si ripresenta la tentazione dei rimedi. Non sarà la scorciatoia tecnica più ingegnosa a consegnarci la soluzione perfetta, che forse neppure esiste. La necessità essenziale è altrove. Quando ho letto la notizia graziosa che riguarda l’opera artistica di Francesco e ho immaginato il suo disegno sulla scrivania del Ministero dell’Istruzione, ecco … è successo: la voce di Chesterton mi ha sussurrato qualcosa.

Probabilmente su quel foglio di carta è scritto un promemoria di importanza capitale per chi ha in mano le decisioni importanti che riguardano non solo l’educazione, ma l’identità stessa del nostro paese. Chesterton mi ha ricordato che l’uomo è la creatura che disegna. Con questa intuizione lui incrinò in modo difficilmente confutabile la pura teoria evoluzionistica, a cui manca proprio un tassello essenziale: se ogni essere vivente è frutto di una mera evoluzione, perché la cifra dell’arte non è presente in nessuna altra specie se non nell’uomo? Perché non esiste il periodo blu di un gatto?

SISTINE CHAPEL EXHIBIT

Diocese of Orange/Challenge Roddie

L’arte è l’impronta digitale che sancisce un gap incolmabile tra l’uomo e le altre forme viventi. Riconoscerlo non è orgoglio ma fonte di domande profondissime che cominciano dal notare che esiste questa creatura che trae piacere o sente il bisogno di riprodurre con colori o sul marmo qualcosa che nella realtà lo ha colpito. Nessuno tra gli animali più intelligenti e socievoli arriverà mai a fare quel che ha fatto Francesco, un ritratto dei propri amici spinto dalla nostalgia e dal desiderio di essere di nuovo insieme.

Il guizzo che ha mosso Francesco è il medesimo che mosse, tantissimo tempo fa, l’uomo delle caverne a fare dei disegni sulla pietra. Le pitture rupestri stanno lì a dirci che qualcosa che non era mai accaduto prima, accadde:

Gli animali più intelligenti non hanno mai progredito nell’arte del ritratto; il cane non ha dipinto nel suo miglior periodo e non ha scarabocchiato nei tempi primordiali quando pareva uno sciacallo; il cavallo selvaggio non era un impressionista, come il cavallo da corsa non è un post-impressionista. Tutto quel che sappiamo di questo istinto di riprodurre gli oggetti adombrandoli o rappresentandoli è che esso non esiste in natura altro che nell’uomo; e che noi non possiamo parlarne se non parliamo dell’uomo come di qualche cosa di separato dalla natura. […] una prova eminente di questo isolamento dal resto è il mistero dell’impulso artistico. Questa creatura era realmente diversa da tutte le altre: perché non era solo creatura, ma creatore.  (da G. K. Chesterton, L’uomo eterno)

Cosa è arrivato dunque nelle stanze del Ministero dell’Istruzione? Non solo il messaggio infantile sulla voglia di ritornare sui banchi e rivedere i compagni; qualcosa di più originale. Quel disegno sta a ribadire che l’uomo non è una mera intelligenza capace di molte competenze e non è solo un animale sociale, è qualcosa di più. E’ una coscienza capace di stupore e riflessione, premesse che lo lanciano in un’operatività connessa alla tensione al bene. In pratica non è un essere vivente, ma una creatura segnata da una somiglianza radicale con il suo Creatore. Ma davvero tocca ripartire da così lontano per giudicare le emergenze educative di oggi? Sì, perché siamo in mezzo a una platea umana che parla senza aver avuto la pazienza di Francesco di fare memoria dei tratti essenziali del proprio volto.

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