Nella Messa a Santa Marta, Francesco prega il Signore perché dia a studenti e insegnanti il coraggio di andare avanti in questo tempo della pandemia. Nell’omelia, ha affermato che la vita cristiana è la mistica di un “rimanere” reciproco: noi in Gesù e Gesù in noiFrancesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta (VIDEO INTEGRALE) nel mercoledì della quinta settimana di Pasqua e nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Fatima. Nell’introduzione, ha rivolto il suo pensiero a studenti e insegnanti:
Preghiamo oggi per gli studenti, i ragazzi che studiano, e gli insegnanti che devono trovare nuove modalità per andare avanti nell’insegnamento: che il Signore li aiuti in questo cammino, dia loro coraggio e anche un bel successo.
Nell’omelia il Papa ha commentato il Vangelo odierno (Gv 15, 1-8) in cui Gesù dice ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto … Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».
“Il Signore – ha detto il Papa – torna sul ‘rimanere in Lui’, e ci dice: ‘La vita cristiana è rimanere in me’. Rimanere. E usa qui l’immagine della vite, come i tralci rimangono nella vite. E questo ‘rimanere’ non è un rimanere passivo, un addormentarsi nel Signore: questo sarebbe forse un sonno beatifico”. Invece “questo ‘rimanere’ è un ‘rimanere’ attivo, e anche è un ‘rimanere’ reciproco. Perché? Perché Lui dice: ‘Rimanete in me e io in voi’. Anche Lui rimane in noi, non solo noi in Lui. È un rimanere reciproco”.
Questo “rimanere reciproco” – ha proseguito – “è un mistero”, “un mistero di vita, un mistero bellissimo”. “È vero, i tralci senza la vite non possono fare nulla perché non arriva la linfa, hanno bisogno della linfa per crescere e per dar frutto. Ma anche l’albero, la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non vengono attaccati all’albero, alla vite. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dar frutto”.
“E questa è la vita cristiana: è vero, la vita cristiana è compiere i comandamenti, questo si deve fare. La vita cristiana è andare sulla strada delle beatitudini: questo si deve fare. La vita cristiana è portare avanti le opere di misericordia, come il Signore ci insegna nel Vangelo: e questo si deve fare. Ma anche di più: è questo rimanere reciproco. Noi senza Gesù non possiamo fare nulla, come i tralci senza la vite. E Lui – mi permetta il Signore di dirlo – senza di noi sembra che non possa fare nulla, perché il frutto lo dà il tralcio, non l’albero, la vite”. In questo “rimanere” reciproco c’è la fecondità.
E qual è – si chiede il Papa “un po’ con audacia” – il bisogno che ha l’albero della vite per dei tralci? “È avere dei frutti”. “Qual è il bisogno che ha Gesù di noi? La testimonianza. Quando nel Vangelo dice che noi siamo luce, dice: ‘Siate luce, perché gli uomini vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre’, cioè la testimonianza è la necessità che ha Gesù di noi. Dare testimonianza del suo nome, perché la fede, il Vangelo cresce per testimonianza”.
Gesù “ha bisogno della nostra testimonianza” perché “la Chiesa cresca. E questo è il mistero reciproco del ‘rimanere’. Lui e il Padre e lo Spirito rimangono in noi, e noi rimaniamo in Gesù”.
“Ci farà bene pensare e riflettere su questo: rimanere in Gesù e Gesù rimane in noi. Rimanere in Gesù per avere la linfa, la forza, per avere la giustificazione, la gratuità, per avere la fecondità. E Lui rimane in noi per darci la forza del [portare] frutto, per darci la forza della testimonianza con la quale cresce la Chiesa”.
E il rapporto tra noi e Gesù “è un rapporto di intimità, un rapporto mistico, un rapporto senza parole. ‘Ma Padre, ma questo, che lo facciano i mistici!’. No: questo è per tutti noi. Con piccoli pensieri: ‘Signore, io so che Tu sei: dammi la forza e io farò quello che tu mi dirai’. Quel dialogo di intimità con il Signore. Il Signore è presente, il Signore è presente in noi, il Padre è presente in noi, lo Spirito è presente in noi; rimangono in noi. Ma io devo rimanere in Loro”.
“Che il Signore – è la preghiera del Papa – ci aiuti a capire, a sentire questa mistica del ‘rimanere’ su cui Gesù insiste tanto”. “Tante volte noi, quando parliamo della vite e dei tralci, ci fermiamo alla figura, al mestiere dell’agricoltore, del Padre, che quello [il tralcio] che porta frutto lo taglia, cioè lo pota, e quello che non lo porta lo taglia”. “È vero, fa questo, ma non è tutto, no. C’è dell’altro. Questo è l’aiuto: le prove, le difficoltà della vita, anche le correzioni che ci fa il Signore. Ma non fermiamoci qui. Tra la vite e i tralci c’è questo ‘rimanere’ intimo. I tralci, noi, abbiamo bisogno della linfa, e la vite ha bisogno dei frutti, della testimonianza”.
Di seguito il testo dell’omelia
Il Signore torna sul “rimanere in Lui”, e ci dice: “La vita cristiana è rimanere in me”. Rimanere (cfr Gv 15,1-8). E usa qui l’immagine della vite, come i tralci rimangono nella vite. E questo rimanere non è un rimanere passivo, un addormentarsi nel Signore: questo sarebbe forse un “sonno beatifico”; ma non è questo. Questo rimanere è un rimanere attivo, e anche è un rimanere reciproco. Perché? Perché Lui dice: «Rimanete in me e io in voi» (v .4). Anche Lui rimane in noi, non solo noi in Lui. È un rimanere reciproco. In un’altra parte dice: Io e il Padre «verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Questo è un mistero, ma un mistero di vita, un mistero bellissimo. Questo rimanere reciproco. Anche con l’esempio dei tralci: è vero, i tralci senza la vite non possono fare nulla perché non arriva la linfa, hanno bisogno della linfa per crescere e per dar frutto. Ma anche l’albero, la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non vengono attaccati all’albero, alla vite. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dar frutto.
E questa è la vita cristiana: è vero, la vita cristiana è compiere i comandamenti (cfr Es 20, 1-11), questo si deve fare. La vita cristiana è andare sulla strada delle beatitudini (cfr Mt 5,1-13): questo si deve fare. La vita cristiana è portare avanti le opere di misericordia, come il Signore ci insegna nel Vangelo (cfr Mt 5,31-36): e questo si deve fare. Ma anche di più: è questo rimanere reciproco. Noi senza Gesù non possiamo fare nulla, come i tralci senza la vite. E Lui – mi permetta il Signore di dirlo – senza di noi sembra che non possa fare nulla, perché il frutto lo dà il tralcio, non l’albero, la vite. In questa comunità, in questa intimità di “rimanere feconda”, il Padre e Gesù rimangono in me e io rimango in Loro.
Qual è – mi viene in mente di dire – il “bisogno” che l’albero della vite ha per dei tralci? È avere dei frutti. Qual è il “bisogno” – diciamo così, un po’ con audacia – qual è il “bisogno” che ha Gesù di noi? La testimonianza. Quando nel Vangelo dice che noi siamo luce, dice: “Siate luce, perché gli uomini «vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro» (Mt 5,16)”, cioè la testimonianza è la necessità che ha Gesù di noi. Dare testimonianza del suo nome, perché la fede, il Vangelo cresce per testimonianza.
Questo è un modo misterioso: Gesù glorificato in cielo, dopo aver passato la Passione, ha bisogno della nostra testimonianza per far crescere, per annunciare, perché la Chiesa cresca. E questo è il misero reciproco del “rimanere”. Lui, il Padre e lo Spirito rimangono in noi, e noi rimaniamo in Gesù.
Ci farà bene pensare e riflettere su questo: rimanere in Gesù; e Gesù rimane in noi. Rimanere in Gesù per avere la linfa, la forza, per avere la giustificazione, la gratuità, per avere la fecondità. E Lui rimane in noi per darci la forza del [portare] frutto (cfr Gv 5,15), per darci la forza della testimonianza con la quale cresce la Chiesa.
E una domanda, mi faccio: come è il rapporto tra Gesù che rimane in me e io che rimango in Lui? È un rapporto di intimità, un rapporto mistico, un rapporto senza parole. “Ma Padre, ma questo, che lo facciano i mistici!”. No: questo è per tutti noi. Con piccoli pensieri: “Signore, io so che Tu ci sei: dammi la forza e io farò quello che tu mi dirai”. Quel dialogo di intimità con il Signore. Il Signore è presente, il Signore è presente in noi, il Padre è presente in noi, lo Spirito è presente in noi; rimangono in noi. Ma io devo rimanere in Loro…
Che il Signore ci aiuti a capire, a sentire questa mistica del rimanere su cui Gesù insiste tanto, tanto, tanto. Tante volte noi, quando parliamo della vite e dei tralci, ci fermiamo alla figura, al mestiere dell’agricoltore, del Padre: che quello [il tralcio] che porta frutto lo taglia, cioè lo pota, e quello che non lo porta lo taglia e lo porta via (cfr Gv 15,1-2). È vero, fa questo, ma non è tutto, no. C’è dell’altro. Questo è l’aiuto: le prove, le difficoltà della vita, anche le correzioni che ci fa il Signore. Ma non fermiamoci qui. Tra la vite e i tralci c’è questo rimanere intimo. I tralci, noi, abbiamo bisogno della linfa, e la vite ha bisogno dei frutti, della testimonianza.
Il Papa ha invitato a fare la Comunione spirituale con questa preghiera:
Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te.
Papa Francesco ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Infine, in occasione dell’odierna memoria sono state intonate due strofe dell’Ave Maria di Fatima:
Il tredici maggio
apparve Maria
a tre pastorelli
in Cova d’Iria.
Ave ave ave Maria,
ave ave ave Maria.
O bella Regina
che regni nel ciel
l’Italia s’inchina
t’invoca fedel.