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Cos’è la skin hunger? La fame di contatto fisico che la pandemia ci costringe a reprimere

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 11/05/20
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L’imperativo del distanziamento sociale priva l’essere umano di una fonte essenziale di benessere emotivoIl 2020 sarà ricordato per la pandemia causata da nuovo coronavirus e per le enormi ricadute sul piano economico e sociale che ne stanno derivando. Fra queste l’assoluta necessità del distanziamento fisico, elemento indispensabile per impedire al SARS-Cov-2 di continuare a diffondersi, per cui devono essere banditi abbracci, carezze, strette di mano, pacche sulle spalle, baci, buffetti: in parole povere ogni forma di contatto corporeo. Ma per l’essere umano il contatto fisico è un’esigenza biologica primaria, come quella dell’aria che respiriamo: il neonato infatti viene immediatamente appoggiato sul grembo della madre che lo ha appena partorito.

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Lo studio di Renè Spitz

Fu lo psicanalista Renè Spitz a confermare l’assoluta necessità per i bambini del contatto fisico, attraverso l’osservazione di 91 di loro abbandonati fin dalla nascita in uno orfanotrofio ed ospitati in una grande camerata. Tutti ricevevano le stesse razioni alimentari, ma ai più lontani dall’ingresso venivano lesinati i contatti fisici da parte delle nutrici che non avevano purtroppo tempo a disposizione per “manipolare” egualmente tutti. Entro la fine del secondo anno di vita, il 37% del gruppo dopo aver attraversato un lungo periodo di apatia morì in uno stato di marasma pur essendo stato nutrito adeguatamente. Furono i bambini posizionati in fondo alla camerata a non farcela, e chi di loro sopravvisse evidenziò un grave ritardo psico-motorio.

Gli esperimenti di Harlow

Anche gli esperimenti condotti dallo psicologo Harry Harlow sui cuccioli di macaco confermano il bisogno assoluto di contatto fisico: essi preferivano una “mamma fantoccio” fatta di asciugamani caldi ad una ugualmente finta composta da fili metallici anche quando quest’ultima dispensava del cibo (focus.it).



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Skin hunger: astinenza da contatto fisico

All’astinenza da tocco dei nostri simili è stato dato un nome scientifico estremamente evocativo: skin hunger, fame di pelle. Questa deprivazione anche in età adulta comporta notevoli effetti negativi sul nostro umore fino ad arrivare alla depressione, all’insonnia e in generale allo stress. Da un punto di vista neurofisiologico il tocco della pelle attiva i recettori di pressione presenti nella cute stimolando a livello centrale il nervo vago, in grado di evocare una risposta di piacevole rilassamento con diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Abbracciarsi ed accarezzarsi eleva i livelli di serotonina che, se troppo bassi, influiscono negativamente sull’umore. Il professor Alberto Gallace, docente di psicobiologia e psicologia fisiologica all’università di Milano-Bicocca ci ricorda che gli esseri umani sono sociali per natura, e i loro cervelli sono settati in modo da rendere il tocco un’esperienza gratificante.

La natura – afferma – ha progettato questa modalità sensoriale per aumentare le nostre sensazioni di benessere nei contesti sociali. È presente solo negli animali sociali che hanno bisogno di stare insieme per ottimizzare le chance di sopravvivere. (Ibidem)

Abbiamo tanta fame di contatto fisico

Purtroppo anche la fase 2 della pandemia ci costringerà a questa spiacevole astinenza che non potrà essere vicariata dai pur importantissimi strumenti di vicinanza elettronica i quali ci permettono di esercitare unicamente la vista e l’udito per rimanere in contatto con gli altri. Ci può consolare pensare che la nostra pelle diventerà così affamata di dare e ricevere contatti che quando potremo finalmente riprenderli le sensazioni che registreremo saranno straordinariamente forti, tanto che gesti prima ordinariamente scontati ci faranno letteralmente rimanere senza fiato.


INSOMNIA, SLEEPLESS,
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