Una parola, silenzio, che ne custodisce tante o meglio che permette di entrare nel mistero. Una cifra tipicamente femminile, insieme allo sguardo attento, umile, costante. Lei è Manuela, è sposata con Giorgio da quasi trent’anni e vive con la famiglia a Camporosso, vicino a Ventimiglia. Non lavora fuori casa, mi ha scritto in uno dei nostri primi scambi via messaggio, ma “dirige tutto ciò che serve per fare vivere il meglio possibile le sue figlie”. Di figli, Manuela e Giorgio, ne hanno tre e sono tutte femmine: la primogenita Francesca, di 26 anni, laureata in psicologia del lavoro, e le gemelle Anna e Giulia. Le due ragazze hanno già 23 anni e nel 2002 è stata diagnosticata loro la sindrome di Rett, malattia genetica che “preferisce” proprio le bambine. (Tra le associazioni alle quali si appoggiamo per aiutarle ne segnaliamo una, per chi volesse approfondire o cercare riferimenti utili: l’Airett)
Le giornate ruotano attorno a loro, la fatica è tanta ma, mi disse qualche tempo fa Manuela, prima che pensassimo ad una possibile “gemma” da aggiungere al nostro dizionario vivo, “ogni giorno è sostenuto dalla presenza del Signore e di Maria Santissima”.
Di Manuela Bonito
Paradossalmente, la parola che racconta meglio la mia storia e quella della mia famiglia , è silenzio, uno stato di quiete in cui, con la luce della fede, cercherò di descrivere e interpretare i fatti e le circostanze di una vita faticosa ma bella. Nel silenzio avvengono le guerre più importanti, quelle della coscienza, parola sempre più rimossa dalla neolingua moderna. Prendono forma le astrazioni, i castelli mentali sganciati dalla realtà e i progetti possibili, spesso concepiti e diretti da una piccola speranza. Charles Peguy la chiama “bambina speranza” in una sua celebre opera. L’ insignificante nulla che resiste e trascina, alimentato da una forza misteriosa ed eterna, tale da commuovere il cuore di Dio.
Nel silenzio ho preso le decisioni più importanti: quella di sposarmi, di accogliere i figli, di cambiare rotta quando è stato necessario. Prese di posizione meditate in solitudine e poi condivise con mio marito Giorgio.
Quando mi sono sono sposata, quasi trenta anni fa, avevo una fede ancora immatura, un po’ romantica , sicuramente più incarnata da mio marito che da me. Entrambi avevamo le idee chiare su alcuni principi come l’indissolubilità del matrimonio e la sacralità della vita. Eravamo “certi di poche grandi cose” come amava sottolineare Giussani riferendosi ai cristiani.
Dopo il matrimonio pensavo di essere pronta per fare la mamma, invece Francesca, la primogenita, smantellò subito le mie certezze e mi fece crescere, spronandomi a seguire i suoi passi e non i miei. Dopo altri tre anni arrivarono Anna e Giulia, maestre di vita ancora più raffinate che mi fecero accantonare definitivamente l’idea di essere pronta per qualcosa.
Le gemelle sono nate settimine e con la sindrome di Rett, una malattia che colpisce quasi solo le femmine. Queste fanciulle sono chiamate “angeli silenziosi” o “bimbe dagli occhi belli” perché, nel loro fardello pieno di problemi motori e cognitivi, hanno la caratteristica di comunicare con lo sguardo, oltre a quella tipica del lavaggio delle mani. Adorano guardare i volti di chi le avvicina fissandone gli occhi e hanno una preferenza marcata per i maschi, in particolare i loro papà (una terapista inglese mi disse che amano le”M” Men, Music e M&M).
Le farfalle sono tra i simboli più usati nei loghi delle associazioni Rett perché rappresentano bene la loro grazia e il loro desiderio di essere libere.
Inizialmente faticai moltissimo ad accettare l’handicap di Anna e Giulia malgrado avessi accanto un marito molto reattivo (il suo motto : “è tutto sotto controllo”) e Francesca che, con la sua vivacità, aiutava non poco a normalizzare la situazione.
Continuavo a sentirmi inadeguata per le gemelle, litigavo con quel Dio in cui credevo ancora, ma che comprendevo sempre meno e stavo entrando in uno stato di rassegnazione passiva.
Con il senno del poi, capisco che Il Signore, con la sua pedagogia lenta ed efficace, mi stava conducendo verso il momento decisivo, quello dell’incontro con Lui. Avvenne di fronte a un coloratissimo quadro raffigurante l’incoronazione di Maria in cielo, circondata dagli angeli. Ricordo perfettamente lo stato emotivo di quel momento, il forte contrasto tra i colori pastello della sacra rappresentazione e il buio interiore.
Sentii la presenza reale di Maria nel posto più remoto del cuore e in pochi minuti passai da un silenzio carico di dolore a un altro traboccante di consolazione e gioia misteriosa. Un abbraccio indimenticabile di Grazia. Quel giorno la Mamma Celeste mi prese per mano e mi fece comprendere il valore salvifico della sofferenza.
Sono passati più di vent’anni da quell’esperienza , durante i quali ho continuato a camminare con Maria, avvicinandomi sempre più alla preghiera, alla meditazione, ai Sacramenti.
Grazie alla fede riesco ad avere una visione più ampia della vita, a interpretare meglio i fatti tentando di collegarli tra loro.
Per esempio, in una logica di fede, mi sono chiesta il perché la sindrome di Rett colpisca quasi solo il cromosoma x.
Con il tempo ho intuito un collegamento tra il mistero doloroso di tutte queste principesse guerriere e quello più ampio del mondo femminile. Sono convinta che la donna in particolare stia subendo un attacco ideologico terribile. Il mondo la vuole forte, in carriera, viaggiatrice, libera dai vincoli “opprimenti” del matrimonio e dei figli, e lei ci sta credendo. Per quanto mi riguarda ho riscontrato esattamente il contrario. Malgrado i problemi delle gemelle mi sento realizzata e felice e so che questo equilibrio l’ho ottenuto grazie a mio marito e alle mie figlie, a un ordine di relazioni che parte da quella più importante, quella con Dio.
Molte donne, a mio avviso, confondono l’emancipazione sociale giustamente raggiunta con un’adesione acritica di un modello femminile continuamente proposto dai media , che di fatto le priva della bellezza più importante, quella interiore.
“Dio sussurra a noi nei nostri piaceri, parla nelle nostre coscienze, ma grida nei nostri dolori. È’ il suo megafono per svegliare un mondo sordo” scriveva Lewis.
Penso che il mondo femminile si sveglierà anche grazie a tanti “angeli silenziosi” e in un bellissimo giorno le principesse con la sindrome di Rett saranno liberate.
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