La CEI aveva presentato “Orientamenti e Protocolli” nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, documenti che “il Governo ha girato al Comitato Tecnico Scientifico”. Obiettivo: riaprire al pubblico le messe a partire dal 4 maggio. Da qui il duro “disaccordo” contro la decisione del premier
La data della speranza è il 23 aprile. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese rilascia una intervista ad Avvenire, in cui afferma: «Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto».
Parole che «arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio». Poi la doccia fredda.
“Il disaccordo dei vescovi“ – la nota con cui la Conferenza Episcopale Italiana ha protestato contro la decisione del premier Giuseppe Conte di rinviare l’apertura al pubblico delle funzioni religiose in chiesa – inizia ricordando proprio l’impegno preso dal ministro, a nome del Governo.
“La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”
«Un’interlocuzione – proseguono i vescovi – nella quale la Chiesa ha accettato con sofferenza e senso di responsabilità le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale».
Le proposte della Cei non prese in considerazione
La CEI ha presentato Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, documenti che il Governo ha girato al Comitato Tecnico Scientifico che supporta l’operato dell’Esecutivo di Conte.
Da parte della Conferenza Episcopale c’è stato un impegno serrato per fare in modo che dal 4 maggio potessero riprendere in sicurezza le funzioni religiosi aperte al pubblico. Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la “fase 2” «esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo», avallando il parere negativo del Comitato Scientifico.
Il richiamo a Conte e al Comitato Scientifico
Ma «alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico – è il duro monito dei vescovi – si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia».
Perché in questo modo è «compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale».
La difesa del premier
Il premier si è affrettato a dire che saranno studiati “protocolli” a breve (bocciando sostanzialmente quelli proposti sinora dalla Cei), per riaprire al pubblico le funzioni religiose (ad eccezione dei funerali che prevedono un limite massimo di 15 partecipanti, e obbligo di mascherina). Il Comitato Scientifico è stato chiaro: se ne riparla dopo il 25 maggio. Ma la diplomazia per ricucire lo strappo e trovare una soluzione, una “via di mezzo”.
Le parole profetiche di Papa Francesco
In questa “odissea”, Il Fatto Quotidiano (27 aprile) ricorda le parole di Papa Francesco: la messa senza fedeli «non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre».
E ha aggiunto: «Prima della Pasqua, quando è uscita la notizia che io avrei celebrato la Pasqua in San Pietro vuota, mi scrisse un vescovo, un bravo vescovo, e mi ha rimproverato. ‘Ma come mai, è così grande San Pietro, perché non mette 30 persone almeno, perché si veda gente? Non ci sarà pericolo’. Io pensai: ‘Ma, questo che ha nella testa, per dirmi questo?’. Io non capii, nel momento. Ma siccome è un bravo vescovo, molto vicino al popolo, qualcosa vorrà dirmi. Quando lo troverò, gli domanderò. Poi ho capito. Lui mi diceva: ‘Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il popolo di Dio’. La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio sono concreti. È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci».
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