Persona piuttosto normale nella quotidianità, era un cattolico convinto che è rimasto sposato con la stessa donna per più di cinquant’anniAlfred Hitchcock aveva talmente tanta fiducia nel cinema che a volte il trucco si vedeva, ma non importava – ciò che contava era il modo in cui funzionava l’ingranaggio interno dei suoi film. Buona parte dell’attrattiva del cinema di Hitchcock consiste di fatto nel verificare come il regista inglese forzi la macchina per esporre le proprie inquietudini e ossessioni.
Hitchcock ha iniziato a muoversi nel cinema muto inglese verso il 1922, ma solo nel 1940 ha fatto il salto verso Hollywood. La storia di come la Mecca del cinema lo abbia tentato ha dato vita a un libro favoloso, Hitchcock & Sleznick, di Leonard J. Leff (Leartes, 1992).
In quest’opera si riferiva come il produttore di Via col Vento, David O. Selznick, abbia portato a Hollywood il regista più promettente d’Inghilterra. Si è trattato di un invito e poi di una collaborazione complessi. Non si sapeva chi avesse l’ego più spiccato e chi volesse controllare di più il risultato del film.
Hitchcock, però, aveva voglia di vincere, era quello che stava dietro alla telecamera e ogni volta che poteva (e non ci riusciva sempre) filmava le scene perché si potessero montare solo in un modo, cosa che faceva imbestialire Selznick. Può essere che sia per questo che il rapporto Hitchcock/Selznick non è durato a lungo.
Il capolavoro di Hitchcock, La finestra sul cortile, narrato dal punto di vista di un personaggio con una gamba rotta, racconta di Jeff (James Stewart) che spia i vicini con la sua macchina fotografica, soprattutto uno di loro, che è convinto abbia assassinato la moglie.
Il cinema di Hitchcock ha sempre ruotato intorno al crimine, con un’attenzione speciale all’omicidio. È per questo che molti pensavano e continuano a pensare che il cosiddetto maestro della suspense fosse un tipo disprezzabile, pieno di feticismi occulti.
In realtà, Alfred Hitchcock era un tipo piuttosto normale nella vita quotidiana. Cattolico convinto, è romasto sposato per più di cinquant’anni con la stessa donna, Alma Reville, co-responsabile del genio del regista britannico. Alma supervisionava le sceneggiature, effettuava correzioni e i suoi suggerimenti erano sempre tenuti in considerazione.
Hitchcock, però, preferiva mettere tutta la carne al fuoco sul set costruendo tutti i suoi film intorno allo sguardo. Chi osserva e quello che guarda, azione e reazione – tutto il suo cinema si muove intorno a questo rapporto. La finestra sul cortile è probabilmente una pietra angolare di questa massima, e anche di come funzionano nei suoi film i valori morali.
In realtà è molto semplice. Il male riceve sempre il suo castigo. Può essere che le persone “normali” con cui Hitchcock era solito giocare avessero le loro piccole ossessioni e i loro segreti personali, ma si mantenevano sempre dentro ciascuno
Per questo motivo i film di Hitchcock sono così interessanti: perché quando confluivano le ossessioni segrete dei personaggi, il risultato era un inaspettato universo intrinsecamente personale, pieno di sguardi, paure, segreti e valori. A 40 anni dalla sua morte, l’eredità del regista inglese continua a far parlare molto e a ispirare e orientare cineasti giovani e meno giovani.
Paradossalmente, ad Alfred Hitchcock è costato molto il fatto di essere preso sul serio nel settore. Per la maggior parte delle persone non era che un magnifico disegnatore di fuochi d’artificio, ma senza alcun valore aggiunto. Ha dovuto essere una giovane critica francese, agli inizi degli anni Cinquanta, attraverso la sua celebre rivista Cahiers du Cinema (fondata nel 1951 da André Bazin) a rivendicare l’opera di Hitchcock come quella di uno degli autori più importanti nella storia del cinema. Il regista ha anche vinto un Oscar, a titolo onorifico, anche se suppongo che per rimediare all’errore gli abbiano concesso non una, ma due stelle sulla Walk of Fame di Los Angeles, una per il suo contributo cinematografico, l’altra per il suo lavoro in televisione.