Possiamo dire grazie a Dio anche in mezzo alle lacrime? Quando lo invochiamo come Padre non gli chiediamo di far sparire il dolore, ma di esserci accanto per non farci schiacciare dalle circostanze.Di
Lo scorso martedì ci eravamo promessi di riprendere una frase della preghiera Eucaristica che sentiamo tutte le volta a Messa, qualche volta con parole leggermente diverse a seconda della preghiera scelta dal sacerdote, ma comunque la sostanza è questa :
C: Il Signore sia con voi
A: e con il tuo spirito
C: In alto i nostri cuori
A: Sono rivolti al Signore
C: Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.
A: È cosa buona e giusta.
C: È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo, per Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio…
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Spesso, purtroppo, la nostra preghiera è distratta durante la Santa Messa, per diversi motivi che nascono da dentro noi e altre volte perché il sacerdote legge il Messale con troppa velocità, noia e freddezza, altre volte siamo noi freddi e annoiati perché non ci siamo preparati per tempo; ma ora abbiamo la possibilità di fermarci un momento a leggere, capire, meditare, pregare, approfondire almeno una piccolissima frase della grande preghiera eucaristica.
Già solo il dialogo iniziale tra celebrante ed assemblea è ricco e festoso, ma non il festoso che pensiamo noi coi palloncini, gli aperitivi e le patatine (No: questo è festaiolo!). Ma festoso perché solennemente ci si ricorda a vicenda il motivo per cui siamo lì tutti a Messa: il celebrante sprona noi e la nostra risposta aumenta (o almeno dovrebbe) il suo desiderio di rendere a Dio tutta la gloria, l’onore, la lode. La latria (adorazione) che Gli spetta in un crescendo che alla fine spinge il celebrante a pregare solennemente esortandoci: avete proprio ragione! È veramente cosa buona e giusta.
Ma perché dobbiamo rendere grazie sempre ed in ogni luogo? Sempre, cioè non solo quando le cose vanno per il verso giusto e invece quando le cose vanno male, quando arriva la sofferenza, la malattia, il lutto? Sono domande che meriterebbero risposte molto articolate e lunghe, con cicli di catechesi che affrontano un gradino alla volta le questioni, senza fretta, e con la dovuta disposizione d’animo. Quindi, perdonateci se in poche righe osiamo mettere in risalto solo un piccolo frammento di un grande puzzle.
Diventando genitori abbiamo avuto la grazia di “capire” un pochino di più l’atteggiamento di Dio Padre vivendo sulla nostra pelle alcune dinamiche coi figli. Ve ne raccontiamo una a mo’ di esempio. Un giorno una nostra figlia venne disperata da noi, piangendo con i lacrimoni tipici di una bimba di due anni quale era, mostrandoci la bua che si era fatta al suo ditone preferito (quello che si succhiava); il dramma era che non poteva più metterselo in bocca. Fiduciosa è venuta dai genitori sapendo che lì trovava aiuto, comprensione, conforto, tenerezza, sicurezza, fiducia. Il male che sentiva è rimasto e ha dovuto affrontarlo lei, ma non da sola.
Noi dobbiamo rendere grazie a Dio sempre ed in ogni luogo con questo atteggiamento della bimba; a volte lo facciamo con le lacrime agli occhi ma è l’atteggiamento del cuore che dice: ti rendo grazie Padre perché nelle tue mani è tutta la mia vita, e siccome Tu sei un Padre buono, non permetti che i tuoi figli affrontino da soli i dolori della vita, ma sei lì pronto a consolare, incoraggiare, guarire, lenire, confortare, comprendere. E non permetti che siamo provati al di sopra delle nostre forze. Ti rendiamo grazie non perché capiamo tutto subito dei nostri dolori, ma perché sei un padre, anzi no tu sei IL Padre.
Pregate così insieme e il dolore resterà, ma non ci ucciderà, non ci schiaccerà pensando di averla vinta su di noi. E il primo effetto sarà un cuore nuovo, che si abbandona alla dolcezza della Provvidenza.
Coraggio sposi, Dio non abbandona i suoi figli.
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