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Senza veglia né funerale, il coronavirus non ci permette di congedarci dai nostri cari

FUNERAL
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Dolors Massot - pubblicato il 21/04/20
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La pandemia ha provocato una situazione estremamente dolorosa, perché familiari e amici dei defunti non possono congedarsi dai propri cari. Cosa fare, e come aiutare chi soffre?La crisi del coronavirus ci ha posti davanti a un nuovo scenario. Una delle situazioni che nessuno avrebbe potuto prevedere è la perdita di persone care in modo tanto inaspettato, e a questo dolore si aggiunge quello di non potersi congedare: per motivi sanitari, negli ospedali non è permesso il contatto con i malati (neanche moribondi) per non esporsi al contagio.

In caso di decesso, non si autorizza nemmeno la celebrazione di funerali alla presenza dei familiari. Si procede alla cremazione del cadavere, e alle sepolture non devono assistere familiari o amici perché non si possono celebrare riunioni di alcun tipo, cosa che sta provocando un immenso dolore a migliaia di persone.

Un dolore doppio

Molti hanno perso dei cari in questo momento, e al dolore della morte si aggiunge quello di non essersi potuti congedare, di non aver potuto parlare con loro negli ultimi istanti di vita, di non essere stati accanto ai familiari alla veglia o alla sepoltura, di non potersi abbracciare tra fratelli…

Che fare se ci si trova in questa situazione? Come possiamo aiutare chi vive un momento così duro?

Maita Torelló è esperta di accompagnamento nel lutto. “Se qualcuno a noi vicino ha perso un familiare in questi giorni e gli è stato impossibile congedarsi da lui, la prima cosa di cui tener conto è sapere se quella persona è rimasta isolata dal coronavirus o può contar sulla vicinanza fisica di altre persone”, spiega.

Piangere

“Nel caso in cui non sia in quarantena e nonostante l’isolamento ci siano altre persone con lei (i familiari più stretti o persone che lavorano con lei e non sono confinate), bisogna offrirle affetto, sostegno, abbracciarla. È importante permetterle di piangere tutto quello che deve piangere”.

La Torelló ha iniziato la sua formazione a livello di lutto partendo dalle proprie esperienze: ha perso il marito quando aveva 54 anni, una figlia di 6 mesi per un virus fulminante e un figlio di 6 anni pr un incidente. Anche suo suocero era morto a 54 anni per un incidente automobilistico. Da allora cerca di aiutare altre persone che affrontano questa dura prova.

Nessuno è preparato

“Nessuno è preparato ad affrontare una separazione tanto brusca”, ammette, ma col tempo ha visto che alcune raccomandazioni possono aiutare a superare il dolore.

“Non è il momento di dar consigli né di permettere visite che non apportano molto, men che meno visite o chiamate di facciata. Bisogna evitare le persone che possono dare fastidio, ed è imprescindibile che la persona dorma e riposi”.

“Non bisogna insistere sul fatto che mangi o faccia una cosa o l’altra. È meglio accompagnare in silenzio e non fare domande inutili”.

La tendenza a dare consigli non è sempre l’opzione migliore per aiutare chi soffre: “Ogni persona ha il proprio ritmo e bisogna rispettarlo, e quindi non si devono mai offrire consigli sotto forma di ordine come ‘Sii forte’ o ‘Devi imparare a…’”.

Bisogna anche essere prudenti al momento di lanciare messaggi che non farebbero bene. “Ad esempio, se una donna soffre per la perdita di un figlio sarebbe controproducente volerla incoraggiare con frasi come ‘Che bello, ora hai un angioletto in cielo’. Bisogna imparare ad essere empatici, a entrare nel dolore dell’altro. Si deve imparare la psicologia della persona che soffre”.

Le convinzioni aiutano

Avere delle convinzioni, un senso della vita e la fede “è fondamentale nei momenti come la morte di una persona cara, ed è ancora più cruciale se non ci si è potuti congedare”.

Per chi non ha fede nel fatto che dopo la vita ci sia un aldilà “la morte di una persona cara è orribile senza snso. Per queste persone è ancora più necessario l’aiuto psicologico”, ma “tutti abbiamo bisogno di questo sostegno”.

Aiuto professionale

Per la Torelló “siamo fatti di corpo e anima, e abbiamo bisogno di aiuto dal punto di vista psicologico, per cui se è necessario bisogna ricorrere a un professionista”, anche se “non tutti gli psicologi sono in grado di aiutare in queste situazioni. Bisogna sapere molto bene nelle mani di chi ci si mette”, e se bisogna andare dallo psichiatra “non ci si deve pensare due volte, perché soprattutto all’inizio sembra che ti abbiano strappato le viscere”.

“Anche partecipare a un gruppo di terapia del lutto aiuta molto. Ci si unisc alle persone che hanno subìto la morte di una persona cara in circostanze simili alle proprie: madri che hanno perso un figlio, vedove… Si creano legami, ci si può esprimere e si sa che gli altri capiranno quello che si dice, c’è una comprensione sincera del problema…”.

Tutti questi vantaggi si uniscono in un modo che cura la ferita, e i gruppi sono sempre orientati da un professionista che guida la conversazione in un modo che aiuta a superare il dolore.

Nella situazione attuale, accedere fisicamente a un gruppo di sostegno al lutto non è possibile, ma si può fare in modo virtuale attraverso Whatsapp, Hangouts, Jiitsi o Zoom, tra le altre app. Molti obitori dispongono di questo servizio e possono offrire informazioni al riguardo.

Che fare se non è stato possibile effettuare veglia né funerale?

“È indispensabile che ci sia una cerimonia di congedo e che si svolga subito, per non trascinare il dolore. Se non è stato possibile effettuare la veglia e il funerale, raccomanderei una cerimonia personale o di familiari stretti nel caso in cui ci siano varie persone in una stessa casa in isolamento, o si può fare anche per videochiamata”, ha affermato la Torelló.

“In seguito si potrà celebrare una Messa funebre, ma ora è bene fare un memoriale. Si può mettere una fotografia del defunto accanto a una candela e a un’immagine religiosa nel caso dei credenti. È il momento di parlare a voce alta, di esprimere i sentimenti, perché in quel caso si dicono cose che non si sarebbero mai dette in pubblico: grazie per questo, scusa per quest’altro… Questo aiuta molto”.

Non rimandare il congedo

La Torelló insiste sul fatto che non si deve chiudere la morte di un familiare nel silenzio e rimandarla fino a quando non si potrà fare un funerale a posteriori, perché questo vorrebbe dire lasciare aperta la ferita, e allora il momento del funerale diventerebbe ancora più doloroso. Ciò non toglie che quando la situazione provocata dal coronavirus sarà terminata si possa celebrare una Messa o un evento che riunisca parenti e amici.

Nel caso in cui una persona non sia sola ma ci sia qualche familiare con lei, può essere molto positivo ricordare qualche aspetto della persona defunta. “Ad esempio, a una nipote può essere di aiuto il fatto di ricevere un fazzoletto della nonna o un altro oggetto che la aiuti a ricordarla spesso”.

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