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Coronavirus, un medico benedice un moribondo: gli ho dato il Rosario, prima di spirare

KORONAWIRUS

Sono migliaia le persone che in tutto il mondo lottano nelle terapie intensive contro il Covid.

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 24/03/20
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In ospedale, a Bergamo, non c’è il tempo di chiamare il sacerdote, poichè i decessi si susseguono. Allora Mario, come nei giorni scorsi aveva detto il vescovo, ha dato lui stesso un piccolo conforto ad un anziano in fin di vita

Mario è uno di quelli che i giornali e tv definiscono «medici-eroi». Camici bianchi in prima linea sul fronte del coronavirus, nelle sale di rianimazione dove il rischio contagio è elevatissimo.

Lavora nell’ospedale di Bergamo, dove la pandemia sta facendo strage. Più che altrove. Più di qualsiasi nefasta immaginazione. Convintamente cattolico («anche se non assiduamente praticante») Mario è stato colpito dalle parole intrise di misericordia di monsignor Francesco Beschi, e ha deciso di mettere in pratica i consigli del «suo» vescovo: benedire i malati che, nell’impossibilità di ricevere l’estrema unzione da un sacerdote, esprimono il desiderio di ricevere «un’ultima carezza» (Il Giornale, 23 marzo).

L’addio

BERGAMO ITALY CORONAVIRUS

Piero Cruciatti | AFP
L'uscita dell'ospedale di Bergamo, in questi giorni, è un viavai di bare.

Ieri Mario ha «accompagnato» alla fine un anziano ricoverato da tre giorni. Le sue condizioni, scrive sempre Il Giornale, si sono irrimediabilmente aggravate nella notte, i suoi figli si sono raccomandati a me: «Stia vicino a nostro padre, gli porti la nostra carezza e quella del Signore».

«E così ho fatto – spiega il medico – Entrambi credenti, ci siamo raccolti in preghiera. Abbiamo recitato in silenzio un Padre Nostro e un’Ave Maria. Gli ho messo un rosario nella mano destra e gli ho tenuto stretta la mano sinistra. Ci siamo guardati. Lui mi ha sorriso. O almeno mi piace immaginare che lo abbia fatto. Poi gli ho fatto un segno della croce sulla fronte. E sono andato via. È stata la notte più brutta, ma anche più bella, della mia vita».


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Senza i propri cari

«Uno degli aspetti più drammatici di questa tragedia che sta travolgendo il mondo – racconta il medico – è che le vittime del covid oltre che alla sofferenza fisica del morbo subiscono anche lo strazio umano e psicologico di un addio senza l’estremo conforto dei propri cari. Per ragioni di sicurezza, infatti, nessuno è ammesso nei reparti infettivi. Anche in punto di morte. Vietati anche i funerali. E così ci si lascia senza neppure salutarsi per l’ultima volta. Un’angoscia che lascia un senso di vuoto incolmabile»



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Le indicazioni del vescovo

BERGAMO

diocesibg.it

Monsignor Francesco Beschi, 69 anni, vescovo della diocesi di Bergamo dal 2009, che pochi giorni fa ha ricevuto la telefonata di vicinanza del Papa, ha detto di aver «invitato i figli e i nipoti a benedire i loro anziani e ho chiesto, con delicatezza e con molto rispetto, che fossero anche gli infermieri e i medici a donare la benedizione del Signore ai malati negli ospedali, dove sono isolati, dove non arrivano parenti e sacerdoti e gli anziani rischiano di morire senza un’ultima carezza di conforto».

A Bergamo e provincia, ricorda monsignor Beschi, sono morti «15 sacerdoti i tanti contagiati, sono miei figli, fratelli e padri» (Il Giornale, 23 marzo).


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