Dio è all’opera anche adesso, nella prova. Chiediamo allo Spirito Santo di donarci occhi che possano cogliere il disegno totale di Dio.
Di Michael Konrad
Proponiamo ai lettori le meditazioni della via Crucis tenuta nella Casa di formazione dei missionari della Fraternità San Carlo in relazione al particolare momento storico che stiamo vivendo.
PRIMA STAZIONE
Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà (Mc 8, 34-35).
Ci siamo riuniti per la Via Crucis. Quest’anno la viviamo in circostanze particolari, a causa dell’epidemia del coronavirus che si diffonde in Italia e nel mondo. Dio ci pone di nuovo di fronte all’evidenza che siamo mortali. Come direbbe don Vincent Nagle: “Sappiamo tutti di essere mortali ma in realtà non lo crediamo”. Dobbiamo tutti convertirci, cambiare lo sguardo sulla realtà, prendere consapevolezza di ciò che è veramente necessario, dell’unica cosa necessaria.
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Tutti abbiamo bisogno di un Salvatore. Perché il vero problema non è tanto la morte corporale quanto la morte eterna, la morte dell’anima. Il nostro problema non è tanto la salute quanto il rapporto con il nostro Creatore. Siamo chiamati a diventare sempre più simili a Lui, ad amare così come Lui ha amato. Il metodo per tale conversione che Dio Padre ci indica in questo momento, invitandoci alla Via Crucis, è l’immedesimazione con la vita di Suo Figlio. È contemplando la Sua vita che possiamo comprendere la nostra. È contemplando la vita di Gesù che il nostro cuore può di nuovo aprirsi alla realtà, a Dio e al prossimo.
Invochiamo lo Spirito Santo che possa aiutarci ad essere presenti a noi stesso, adesso. Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam.
SECONDA STAZIONE
“Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. E Pietro gli disse: “Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte”. Gli rispose: “Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi”(Lc 22, 31-34).
Dopo aver fortificato i suoi apostoli con l’Ultima Cena, dopo aver dato loro il proprio corpo da mangiare e il proprio sangue da bere, Gesù avverte Simon Pietro che Satana sta per tentarlo. Gesù prega per lui, lo conforta, ma prevede anche la sua prossima caduta, prevede il triplice rinnegamento. Meditando questo passo, mi ha colpito un inciso, un breve ammonimento che Gesù fa a Pietro: “E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. Pietro deve ancora convertirsi; lui, uno del gruppo ristretto dei tre apostoli preferiti, anzi, il primo degli apostoli. Pietro non vede nessuna necessità di un’ulteriore conversione e reagisce male all’invito; ferito nell’orgoglio, dichiara di essere disposto a morire per il maestro. È convinto di essere cresciuto in questi tre anni con il Signore, (cosa certamente vera), di essere forte (cosa discutibile), insomma, di essere arrivato (cosa certamente sbagliata). La certezza che Pietro ha di sé si rivela presuntuosa.
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Anche noi possiamo vivere la Quaresima senza riconoscere di dovere ancora convertirci. Anche noi possiamo essere orgogliosi, come Pietro. Ma il piccolo inciso ci dice che per poter essere utile agli altri dobbiamo sempre desiderare di convertirci. Solo chi è disposto a convertirsiin prima persona, può confortare i fratelli. Diceva Giussani: «Solo chi è generato, può generare». Vale anche per noi: dopo tanti anni di formazione, di appartenenza al movimento e alla fraternità, abbiamo sempre bisogno di dipendere.
Invochiamo lo Spirito Santo, che ci dia sempre la disponibilità a seguire e ad obbedire.
TERZA STAZIONE
Poi disse loro: “Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?”. Risposero: “Nulla”. Ed egli soggiunse: “Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: «E fu annoverato tra gli empi». Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento”. Ed essi dissero: “Signore, ecco qui due spade”. Ma egli rispose “Basta!” (Lc 22, 35-38).
Nella vita degli uomini ci sono talvolta momenti eccezionali, momenti nei quali si dichiara lo stato d’emergenza. Momenti nei quali le solite certezze crollano, dove niente è più come prima. Questi momenti possono far sorgere un dubbio sulla bontà di Dio. Prima non mancava niente, e adesso tutto crolla.
Che cosa accomuna i momenti di tranquillità e quelli di pericolo? Come è possibile vivere la propria vita in un modo che non sia schizofrenico? Gli apostoli non capiscono l’ammonimento di Gesù. Essi pensano di poter realizzare l’unità con la forza, attraverso una loro decisione. Si procurano delle armi, spade con le quali difendere il loro maestro, il loro amico. Vedendo ciò, Gesù non sa più che cosa fare. I suoi discepoli non capiscono ancora, fanno davvero fatica a lasciarsi guidare.
Con le sue parole, Gesù aveva indicata un’altra strada, aveva suggerito che solo la fede, il riconoscimento della presenza di Dio, la certezza che Dio è all’opera anche adesso, nella prova, possono illuminare questo momento buio. Tutti gli avvenimenti sono già stati profetizzati nella Scrittura. Fu annoverato fra gli empi (Is 53, 12) cita Gesù: è un’allusione che dovrebbe essere subito chiara per gli apostoli. Con questa citazione, Gesù si identifica con il “servo sofferente” del Cantico di Isaia. Nei mesi precedenti, avevano riconosciuto in Lui il Messia. Ora dovrebbero comprendere che il Messia si identifica con il “servo sofferente”. La vita si comprende solo, approfondendo la fede, rinnovando le proprie categorie alla luce della Rivelazione. Gesù non ci ha promesso solo il centuplo, del quale facciamo volentieri esperienza. Ha aggiunto anche che assieme al centuplo ci saranno persecuzioni, e poi la vita eterna.
Chiediamo allo Spirito Santo di donarci occhi che possano cogliere il disegno totale di Dio.
QUARTA STAZIONE
[Gesù] uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontanò da loro a circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. In preda all’angoscia, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione” (Lc 22, 39-46).
“Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”. Dio non tenta ma mette alla prova. Chi mette qualcuno alla prova, vuole dargli l’occasione di far risplendere il proprio valore, superando la prova. Chi invece tenta qualcuno, spera di farlo cadere. Il tentatore è il diavolo. Quando Dio mette alla prova, il diavolo tenta di sfruttare la situazione. Egli indica delle scorciatoie che sembrano poter evitare la prova, ma alla fine fanno cadere colui che le accetta nelle mani del maligno.
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Dio, abbiamo detto, mette alla prova anche il suo Figlio unigenito, Gesù. E Gesù ci fa vedere come anche noi possiamo affrontare le prove della vita, senza cadere nei tranelli di Satana. Bisogna pregare. Bisogna rivolgersi a Dio. Bisogna rivolgere a Dio le proprie intenzioni. Non possiamo però pretendere che Dio ci ascolti, se noi non Lo ascoltiamo. La preghiera apre il nostro cuore al Padre. Pregando, diventiamo disponibili ad affrontare la prova. E il Padre ci sorregge poi nella prova. Manda i suoi angeli per sostenerci, così come li ha mandati per sostenere Gesù.
Beato l’uomo che sopporta la prova perché, una volta superata la prova, riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano(Gc 1, 12).
Mercoledì durante il pranzo in silenzio, abbiamo letto alcune testimonianza sulle tentazioni di Antonio. Dopo essere liberato dai tormenti da parte dei demoni, Antonio chiede a Gesù: «“Dov’eri? Perché non apparisti fin dall’inizio, per porre fine ai miei dolori?”. Gesù gli rispose: “Io ero qui, Antonio, ma volevo vedere la tua lotta, e poiché l’hai sostenuta e non sei stato vinto, sarò sempre il tuo aiuto e farò che tu venga ricordato dovunque”. Antonio rimase confortato e sentì di possedere nel corpo una virtù maggiore di quella che aveva avuto prima (Cfr. Atanasio, Vita di Antonio, 10, 1).
Dio non vuole che cadiamo. Vuole che la nostra vittoria renda testimonianza alla Sua grandezza e alla Sua bontà. Chiediamo che la forza del Suo Santo Spirito ci sostenga.
QUINTA STAZIONE
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: “Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto”. Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. …
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo spirò (Lc 23, 33-37; 44-46).
Negli ultimi momenti della vita di Gesù, la differenza tra la Sua posizione e quella del mondo risalta in modo eclatante. La vita di Gesù è totalmente dedicata agli altri. Con le sue ultime parole, pensa a coloro che offendono Dio con il peccato e la ribellione – “Padre, perdonali” – e si rivolge pieno di fiducia al Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Il mondo invece cerca solo il proprio tornaconto. I soldati si dividono il bottino, il popolo si diverte vedendo lo spettacolo, i capi rivelano la loro mentalità invitando Gesù a pensare alla propria salvezza, ad aiutare se stesso. Il mondo non capisce la bellezza di una persona che offre la vita per i suoi amici, per la salvezza del mondo, per dare gloria a Dio Padre. Una tale persona viene schernita e sbeffeggiata dai più.
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Di fronte a questa scena, siamo chiamati a convertirci da una posizione di ripiegamento su noi stessi alla posizione di Gesù, aprendo il nostro cuore alle persone che ci circondano.
Concludo con la preghiera che papa Benedetto XVI ha scritto per i sessant’anni della sua ordinazione sacerdotale:
Signore Gesù Cristo, Ti ringraziamo perché hai aperto il Tuo cuore per noi. Attraverso la Tua morte e la Tua risurrezione sei diventato sorgente della vita. Aiutaci ad essere uomini vivi, che attingano dalla Tua sorgente. Concedici la grazia di diventare anche noi sorgenti per dare al nostro tempo l’acqua della vita. Ti ringraziamo per la grazia del servizio sacerdotale. Signore, benedici noi e tutti gli uomini del nostro tempo che sono alla ricerca di Te. Amen.
QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO