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La moglie, positiva, partorisce da sola. Lui, medico, resta in ospedale a curare i malati di Coronavirus

DOCTOR, MASK,
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Silvia Lucchetti - pubblicato il 13/03/20
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Dalla trincea di Bergamo un giovane pediatra non ha potuto assistere alla nascita della terzogenita Anna: “Mia moglie, è stata incredibile. Partorire sola, per di più positiva al Covid, dev’essere stata una prova difficile. Sono orgoglioso di lei”.In questa difficilissima situazione che il Paese sta vivendo i soldati in prima linea sono i medici ed il personale infermieristico che, specialmente nel Nord-Italia, stanno profondendo uno sforzo sovrumano per salvare le tante vite umane in pericolo. Essi stessi corrono gravissimi rischi, ed alcuni di loro hanno già pagato con la vita la generosa disponibilità verso i pazienti contagiati dal virus. Quanti combattono in ospedale con turni massacranti vivono anche la lontananza dai familiari e il concreto timore di infettarli quando tornano a casa, per cui cercano di rimanere separati da loro anche all’interno delle mura domestiche.


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Al riguardo la storia di Lorenzo Norsa, pediatra milanese 37enne, è emblematica (Repubblica.it). Mentre era in trincea all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, nei reparti dei pazienti contagiati dal Covid-19, sua moglie partoriva alla Clinica Mangiagalli di Milano la loro terzogenita Anna.

La moglie positiva al Covid-19

Sara in coincidenza dell’ultima visita ostetrica aveva evidenziato qualche linea di febbre, ed il tampone subito effettuato aveva dato esito positivo. Da qui la decisione di farla partorire con il taglio cesareo, momento a cui il marito – che lo aveva fatto per gli altri due figli – non ha potuto presenziare sia perché assolutamente indispensabile sul fronte di Bergamo, la città italiana con il maggior numero di contagiati, sia perché, per questo motivo, potenzialmente infetto.

Allattare con guanti e mascherina

Le prime fotografie della bambina in braccio alla madre le ha ricevute dai colleghi di Milano. Alla domanda su come stia la neonata, Lorenzo così risponde:

La stanno valutando. La cosa più probabile è che negli ultimi giorni di gravidanza la mamma, tramite cordone ombelicale, le abbia trasmesso gli anticorpi e che lei sia quindi immune. Adesso Sara e Anna sono insieme in stanza, sempre vicine, in un ambiente assolutamente protetto. Cominciano a interagire. Sara allatta comunque con guanti e mascherina, con estrema precauzione. (Ibidem)

“Mia moglie è stata fortissima”

Mia moglie è stata fortissima. Alle sue prime due gravidanze ho assistito, come marito, papà e neonatologo. Ed è stata una cosa bellissima. Questa volta ha dovuto fare tutto da sola, essendo io impegnato su un altro fronte. Sara, mia moglie, è stata incredibile. Partorire sola, per di più positiva al Covid, dev’essere stata una prova difficile. Sono orgoglioso di lei ed ero tranquillo. Mi fidavo di mia moglie come dei colleghi di Milano. (repubblica.it)

Parole piene di orgoglio e sincera riconoscenza, che non raccontano la preoccupazione di quei momenti ma sottolineano la gratitudine e l’amore.


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Quando tutto sarà finito potremo trasmetterci tutto l’affetto del mondo!

I fratellini di Anna, quasi 5 anni la maggiore e 2 e mezzo il più piccolo, che sono stati mandati dai nonni per evitare rischi, l’hanno conosciuta grazie alle foto che la mamma ha subito inviato loro. Il papà, anche se distante fisicamente, sente tutta la loro vicinanza:

Come tutti, ho dovuto abituarmi all’idea che la vicinanza in queste settimane è una questione di spirito, non di corpi. Quando tutto questo sarà finito, potremo trasmetterci tutto l’affetto del mondo, anche più del solito. Io mi sveglio da solo a casa a Milano, la mattina vado a Bergamo, la sera torno indietro. I nonni e i colleghi della Mangiagalli di Milano mi mandano in continuazione foto dei miei figli, mi coccolano. (Ibidem)

E la situazione a Bergamo?

Siamo in un momento difficile (…) Ma la risposta che stiamo dando ci rende orgogliosi. Sono fiero di dire che è difficile immaginare qualcosa di meglio di quello che vedo ogni giorno da parte dei colleghi, degli infermieri, di tutto il personale. (Ibidem)

Il termine “Angeli custodi” con cui oggi pensiamo ed indichiamo i nostri medici, infermieri e tutto il personale sanitario, esprime l’affetto e la riconoscenza che dobbiamo a questi uomini e donne che con grande coraggio e straordinario spirito di sacrificio combattono per tutti noi contro un nemico estremamente agguerrito perché invisibile agli occhi.


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