In fatto di abusi sessuali commessi nella Chiesa e recentemente portati allo scoperto, risaltano anzitutto alcune perversioni spirituali.
Nelle rivelazioni fatte da L’Arche sulle azioni di Jean Vanier, un aspetto fra gli altri merita tutta la nostra attenzione: la “falsa mistica” del fondatore, secondo le parole impiegate dall’attuale responsabile dell’associazione, Stephan Posner. Essa giustificava ai suoi occhi azioni devianti. Tale falsa mistica era la medesima del suo mentore religioso, Thomas Philippe, e del fratello di quest’ultimo, Marie-Dominique Philippe, i quali hanno – ciascuno da parte propria ed entrambi insieme – pervertito l’abito religioso e sacerdotale che vestivano e abusato del ruolo di “padre spirituale” loro affidato per imporre atti erotici a persone soggiogate e non libere.
Il nesso tra abuso spirituale e abuso sessuale
Se ci limitiamo all’indignazione (ed è cosa necessaria, davanti a un tale accumulo di scandali interni), se ci accontentiamo di spiegazioni psicologiche o psichiatriche (le quali sono comunque una parte del problema), rischiamo di farci sfuggire l’essenziale: il legame diretto tra abuso spirituale e abuso sessuale. I predatori sessuali operano nelle strutture di Chiesa su anime innocenti assetate di Dio. Essi non agiscono al di fuori, nei margini delle sessualità impossibili, ma al contrario nel cuore delle loro missioni religiose.
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Invece di andare al bois de Boulogne [citato come piazza di prostituzione per antonomasia a Parigi, N.d.T.], questi ascoltano le confessioni, dirigono le coscienze per meglio contorcerle e ricondurle alle loro perversioni. Essi approfittano del loro ascendente religioso, della loro posizione di predominio (fondatore, prete o comunque “padre spirituale”) per praticare non soltanto stupri di coscienza, violazioni dell’innocenza, della freschezza dell’anima, del corpo e dello spirito, ma anche per giustificare tutto ciò in nome della religione. Sophie Ducrey (autrice di un resoconto personale pubblicato da Tallandier col titolo di “Étouffée”) dice bene che l’abusatore (per lei, della comunità Saint Jean) doveva giustificare tutto (leggasi “ogni richiesta sessuale”) in termini mistici e religiosi. E anzi – aggiunge la vittima – la stessa persona poteva, proprio dopo aver chiesto una masturbazione, celebrare la messa per meglio “cancellare” il suo peccato.
Abusare di Dio per pulirsi la coscienza
Bisogna che consideriamo da una parte questo sistema a matrioska della perversione, e dall’altra le “giustificazioni” poste in atto dai predatori. Non soltanto questa corruzione dell’anima è parte integrante della corruzione dei corpi ma, di più!, è necessaria (ai loro occhi) per esonerarsi da ogni “colpa” – per non dire “peccato”. Duplice perversione del discorso religioso: giustifica l’ingiustificabile e anzi lo fa perfino passare per innocente. Si comprende allora meglio perché la perversione sessuale intervenga nel processo a pervertire il discorso religioso: ci vuole il dominio spirituale su un’anima innocente, per corromperla; ci vuole la potenza del segreto religioso e l’iniziazione ai misteri di Dio per condurre le vittime a quella muta impotenza; ci vuole il potere della grazia di Dio per cancellare tutto. Quest’uso di Dio a fini di umanità diabolica mantiene il perverso nell’illusione di una giustificazione divina, di una “relazione speciale” che sarebbe al di là delle regole morali.
Una perversione anzitutto spirituale
Così per Thomas Philippe: egli si trova indicato dalla lettera de L’Arche del marzo 2015 come avente esercitato degli «atti sessuali […] mediante i quali egli diceva di ricercare e comunicare un’esperienza mistica». E già nel 1956, quando fu condannato dalla Santa Sede, si parlava di deviazioni sessuali e di indifendibili giustificazioni spirituali. Una vittima del domenicano Thomas Philippe raccontava nel 1952, in un Rapporto consuntivo [Rapport de synthèse (RdeS)], che egli
ha cominciato con delle teorie per convincermi […]: la donna perduta di Osea… la trascendenza della missione profetica (della sua missione) in rapporto alle norme della morale.
E aggiungeva:
Gli organi sessuali [sono] simbolo dell’amore più grande molto più del Sacro Cuore.
La giovane innocente, con un grido del cuore, rispose che quella era una bestemmia. E il domenicano la rimbeccava con l’autorità del teologo:
Quando si arriva all’amore perfetto, tutto è lecito perché niente più è peccato.
La perversione è anzitutto spirituale. La vittima deve acconsentirvi. Lo stupro diventa “relazione speciale”. La morale svanisce a vantaggio della “missione”.
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Questo pot pourri mistico-delirante merita al contempo i rigori della legge per stupro e un processo canonico per uso fraudolento, mirante al solo profitto sessuale, del discorso religioso, per teologia deviante e corruzione delle anime. Il processo canonico a carico Thomas Philippe, terminato nel 1956 (cf. RdeS, p. 9), condannava l’inquisito proibendogli di celebrare i sacramenti e di esercitare la direzione spirituale in qualsivoglia forma. Esso rimase però nascosto. Ora, la discutibile prassi dei processi canonici segreti ha permesso alla maggior parte delle persone di ignorare tutto, di questo e simili processi, a partire dalle ragioni. E così con una certa nonchalance Jean Vanier è stato complice di una direzione sottobanco de L’Eau-Vive da parte di Thomas Philippe – cosa proibita da Roma, interdetto del quale Jean Vanier era stato avvertito! – e per trent’anni, fino alla fine della sua vita, il domenicano ha potuto riprendere le sue pratiche perverse in tutta impunità.
Il medesimo sistema giustificativo
Jean Vanier, che era stato scelto da Thomas Philippe (divenuto suo padre spirituale e il referente religioso della comunità de L’Arche), ha ripreso il medesimo sistema giustificativo. Così L’Arche porta allo scoperto tutte le testimonianze delle donne abusate da lui. Esse rendono conto di questa “giustificazione” quando «l’accompagnamento si trasformava in palpazioni sessuali» e Vanier diceva che tutto ciò «faceva parte dell’accompagnamento». Un’altra aggiunge questa frase di Jean Vanier: «Non siamo noi, siamo Maria e Gesù. Tu sei scelta, tu sei speciale. È un segreto». Un’altra ha ripetuto le parole che le diceva Jean Vanier: «È Gesù che ti ama attraverso me» (RdeS, p. 6). Ecco che si ritrova il medesimo sistema di auto-giustificazione religiosa. Tutte le donne dicono che non aveva luogo alcuna penetrazione sessuale, in senso stretto, anche se spesso la violenza culminava in fellazioni.
Cantieri da riavviare
C’è ancora molto lavoro da fare, qui: bisogna decostruire le “giustificazioni” oscillanti tra la follia psichiatrica e il crimine teologico (con quell’odore ficcante di eresia, di gnosi e di ipocrita casuistica). Perché si possa voltare questa disgustosa pagina, resta ancora da prendere la questione della manipolazione spirituale nella Chiesa, attraverso i suoi strumenti e i suoi discorsi. Anche al di là delle perversioni eclatanti, tali strumenti vanno sempre maneggiati con prudenza, e i discorsi vanno svolti col più grande rispetto delle persone e la più grande considerazione per l’integrità dei corpi.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]