“Il web permette processi inesauribili di (ri)creazione a patto che sia concepito e vissuto come spazio normale dell’esistenza e non come qualcosa di estraneo, da rifiutare”
«La Chiesa, nelle sue varie espressioni comunitarie e pastorali, non è certamente esclusa dalla necessità di farsi sempre più comunicativa e mediale».
Massimiliano Padula in “Comunica il prossimo tuo. Cultura digitale e prassi pastorale“, edito da Paoline, racconta l’evoluzione della comunicazione della Chiesa, in tempi di social network e internet.
“Territorio infinito di creatività”
Leggendo il Magistero ecclesiale in materia di comunicazione, infatti, si percepisce un’insistente volontà di sottolineare l’importanza di tutto il «contesto – come ad esempio, il fine, le persone, il luogo, il tempo ecc. – nel quale si attua la comunicazione stessa, [un contesto] capace di modificare o addirittura cambiare totalmente il valore morale».
La pastorale dei media e della comunicazione è, quindi, un territorio infinito di creatività. Il web permette processi inesauribili di (ri)creazione a patto che sia concepito e vissuto come spazio normale dell’esistenza e non come qualcosa di estraneo, da rifiutare, che destabilizza e fa paura.
Pastorale della contingenza
Cogliere questa ambivalenza e propendere dalla giusta parte, evidenzia Padula, diventa «l’atto più efficace per delineare i contorni di una vera e propria pastorale della contingenza; significa, cioè, recepire che “la Chiesa esiste e si comprende, proprio nella sua peregrinante storicità”, a partire cioè da quello Spirito trasformante che, dal concilio Vaticano II in poi, l’ha investita, stimolata ad aggiornarsi e a rileggere il Vangelo nella prospettiva della cultura contemporanea».
La contingenza, è la tesi dell’autore di “Comunica il prossimo tuo. Cultura digitale e prassi pastorale“, «diventa allora quella condizione socio-culturale che caratterizza il legame tra prassi pastorale e cultura digitale. Le comunità ecclesiali dovranno (iniziare a) (re)impostare azioni pastorali capaci di capire, anzitutto, che il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico».
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“Cambio di mentalità”
Questa ricerca diventa ancora più profonda «nell’attuale scenario sociale digitale caratterizzato da un evidente processo di de-tecnologizzazione. La dimensione strumentale dei media appare sempre più scolorita di fronte alle prevalenti opportunità di relazione, conoscenza, partecipazione offerte dal web».
«Si tratta – sentenzia Padula – di un sostanziale processo di ripensamento, di cambio di mentalità, di presa di coscienza. Certamente non di impostazioni, azioni, progetti, strumenti diversi da quelli esistenti».
La pastorale mediale
La pastorale mediale pertanto non è altro che il dato di fede incarnato nell’«attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività».
Quindi, conclude Padula, «è semplicemente prassi pastorale declinata nei diversi ambiti».
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