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Ciò che ci dà pace, anche al tempo del coronavirus, è la vittoria di Cristo sulla morte

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Don Antonello Iapicca - pubblicato il 24/02/20
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Il vero virus mortale per ogni uomo è quello del peccato. Per questo la vera pace ci viene dal conoscere e testimoniare la vittoria di Cristo sul male. Siamo arca di speranza per tutti, noi cristiani.Il Vangelo di oggi illumina quanto stiamo vivendo in relazione al Corona virus. Nella ridda di notizie e nel frullato di dati, nella confusione di analisi e provvedimenti, e dei commenti ai suddetti, si innalza, unica veritiera, la voce di Gesù: “taci!” grida al demonio. “Taci” alle parole di impostura, quelle di terrore come quelle di falsa sicurezza.



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È tutto già scritto nei Profeti, tutto già vissuto, ma è come se fosse la prima volta. Come per quelli dei tempi di Noè, che vivevano senza accorgersi di nulla, che un uomo stava cioè costruendo un’arca sulla terraferma. Senza interrogarsi anzi, scivolando sui giorni a passo di carpe diem. E arrivò il diluvio. Oggi è lo stesso, anche se quel diluvio, promessa di Dio, non si ripeterà più. Ma se l’uomo fosse libero davvero, e potesse fissare l’arca che anche oggi la Chiesa innalza in ogni dove, la Croce gloriosa del Signore, potrebbe ripensare alla propria vita, e convertirsi, smettendo di aspettarsi paradisi artificiali. Ma l’uomo non è libero, è incatenato alla menzogna del demonio che rimbomba in queste ore dalle parole vuote e confuse sul virus.


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Il risultato, infatti, è la paura, il dolore sordo e il male incipiente di chi vive incatenato alla menzogna. Mentre ci si aspetta, ora si ma senza elmetto né scudo, il peggio. Per questo il mondo intero, e l’Italia hanno bisogno della Chiesa e dei cristiani che sappiano esorcizzare colui che, ingannando, fomenta paura e angoscia. A chi si scandalizza e preferisce vivere nella torre d’avorio del proprio presunto buonismo consiglio la lettura dei discorsi apocalittici di Gesù, dell’unico buono, il Figlio del Dio buono. Chi ha conosciuto il suo amore non teme altro che il peccato e sa guardare la realtà senza sconti o sentimentalismi. E vi può entrare nella certezza che scaturisce dall’esperienza della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

Necessarie tutte le cautele e i protocolli del caso, ma la Chiesa è chiamata, oggi più che mai, a riconoscere in questo tempo il “kairos”, il momento favorevole per esorcizzare il mondo con l’annuncio del Vangelo. E non si può fare se non si è crocifissi con Cristo. Noi per primi esorcizzati e guariti dal virus satanico davvero mortale per la nostra anima in virtù dell’unico vaccino, Cristo e Cristo crocifisso. E con Lui stendere le braccia sulla nostra croce di ogni giorno mostrando al mondo che con Cristo, per chi cioè è colmo della vita che non muore anche la pandemia più tragica può diventare un altare dove donarsi. Così si esorcizzano le paure, smentendo con la testimonianza dell’amore più forte della morte la menzogna del demonio. Perché solo l’amore di Cristo fa tacere la paura nel cuore. Questa è oggi, come in ogni istante della storia, la missione della Chiesa. E annunciare senza stancarsi il Vangelo del Signore morto e risorto per ogni uomo. E prepararsi ad accogliere, come un lazzaretto spirituale, chi ascolterà e spererà la salvezza dal virus che ha colpito la propria anima.


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Che tesoro avevano? La potenza della croce. Colui che li aveva mandati, non gli aveva dato oro: se ne trovava già in abbondanza presso i re. Diede invece quel che ai re non era possibile acquistare o possedere: a uomini mortali donò di risuscitare i morti; a loro, soggetti alle malattie, donò il potere di liberarne gli altri. Un re non può riportare in vita il soldato, e anche un re si ammala. Invece colui che li mandò, ha il potere di risuscitare i morti e di sanare i malati. Gli apostoli operarono quando il sangue divino distrusse il documento di pegno che gravava su di noi; quando noi immondi fummo lavati col sangue; quando la morte fu uccisa dalla morte; quando Dio fatto uomo vinse colui che divorava gli uomini; quando l’obbedienza uccise il peccato; quando per mezzo di un uomo, Adamo fu richiamato in vita; quando per mezzo della Vergine il peccato fu cancellato. Ascoltano gli apostoli, le ombre svegliano gli uomini che dormono: la potenza divina, infatti, riempiva coloro ai quali si era mostrata. Non erano più ciò che erano prima, ciò che eravamo noi: erano stati rivestiti. E come il ferro prima del contatto col fuoco è freddo e simile all’altro ferro, ma quando è messo nel fuoco ed è divenuto incandescente perde la sua natura fredda e ne sprigiona un’altra da sé, allo stesso modo si comportano i mortali che si sono rivestiti di Gesù. Così insegna Paolo dicendo: «Non sono più io che vivo» – sono morto di un’ottima morte – «ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

Dai «Discorsi» di Eusebio di Emesa, vescovo

QUI IL LINK AL POST ORIGINALE PUBBLICATO DA DON ANTONELLO IAPICCA SACERDOTE MISSIONARIO IN GIAPPONE

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