La storia di Monica, dal lavoro in fabbrica a quello in ospedale per stare vicino a chi soffre.Ricevere una diagnosi di cancro è oggi purtroppo uno dei più frequenti eventi psicotraumatici a cui si può andare incontro, in grado di sconvolgere l’equilibrio mentale di una persona che viene devastata dalla sensazione di completa vulnerabilità e perdita di controllo sulla propria vita. Il fantasma della morte, presente in ciascuno di noi e tenuto – più o meno bene – sotto controllo, diventa assolutamente immanente polarizzando e contemporaneamente paralizzando tutta la nostra vita.
Questo è il vissuto che deve aver inizialmente sperimentato Monica Bergantin, padovava 49enne, quando nel settembre del 2005, ad un solo mese di distanza dalla morte del padre per un tumore epatico, le fu diagnosticato un cancro al seno. Aveva 35 anni.
Il 5 Agosto del 2005 mio padre è mancato per un carcinoma epatico ed esattamente un mese più tardi anche a me è stato diagnosticato un cancro alla mammella. L’ho scoperto facendo la doccia e, senza dire niente a nessuno, ho prenotato una ecografia più mammografia. E ho aspettato. (padovaoggi.it)
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La malattia mi ha dato la forza di diventare quello che volevo essere
Ma l’operaia di allora, insieme all’ombra minacciosa di quel terribile fantasma, sperimenta dentro di sé un raggio di luce:
I miei capelli biondi li ho tagliati cortissimi prima che cadessero e ho cominciato a gonfiarmi fino a prendere quasi venti chili. Stavo malissimo con me stessa e con la gente, il mio paese è piccolo e la gente mormora. Dopo un iniziale sconforto ho sentito dentro me una forza nuova e ho smesso di farmi domande “Perché a me?”, “Cosa ho fatto per meritare questo?”, ho improvvisamente aperto gli occhi e visto tutto sotto una luce nuova. Ho colto la malattia non come un paletto che limita ma come un segnale che il mio corpo e la mia mente mi hanno mandato per dirmi che c’era qualcosa da cambiare nella mia vita, che dovevo fermarmi e riflettere. Avevo lasciato da parte le mie ambizioni, e non andava bene. (Ibidem)
Si licenzia dalla fabbrica e ricomincia a studiare
Dopo l’intervento chirurgico è costretta ad affrontare chemio e radio-terapia, ma non cade in depressione, anzi: reagisce come mai avrebbe immaginato prima della malattia. Lascia il suo lavoro da operaia in fabbrica e ricomincia a studiare, frequentando un corso per operatore socio-sanitario e diplomandosi in tecnico dei servizi sociali alla scuola serale.
Pensate che la mia mamma m’interrogava in auto mentre andavo a fare la radioterapia. Non ci crederete – confida Monica all’intervistatore – ma è stato un periodo stupendo. Il cancro mi ha dato la forza per diventare quello che volevo essere. (padovaoggi.it)
Il tumore alla tiroide
Ma un’altra “sorpresa” l’attendeva: la diagnosi di un secondo cancro, alla tiroide questa volta, a cui reagisce con la stessa forza e lucidità sottoponendosi ad un intervento risolutore. Monica racconta:
Ora lavoro a tempo pieno all’ospedale Immacolata Concezione di Piove di Sacco, in Rianimazione: tutti i giorni sono a contatto con la malattia, il dolore, la disabilità ma cerco di portare speranza con il mio esempio. (Ibidem)
Una donna coraggiosa, che dopo due mali così tremendi, è rimasta salda nella speranza contro ogni speranza (Rm, 4,18) e oggi dona il suo sostegno e la sua testimonianza ai malati del reparto dove lavora.
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Non ho avuto figli purtroppo ma i miei 6 nipoti sono le mie medicine!
Il rimpianto più grande è di non aver avuto figli, ma ho ben 6 nipoti che io dico essere le mie medicine, perché più dei farmaci e delle terapie indispensabili. Sempre l’amore salva. Ora sono serena, la mia vita è cambiata, sento di essere una persona migliore. Ho capito che bisogna aggiungere vita ai giorni poiché non ci è dato aggiungere giorni alla vita. Dal tumore alla mammella quest’anno mi hanno dichiarato guarita, per tumore tiroideo devo ancora sottoporti a controlli. Ma io tutte le mattine, quando mi alzo sorrido, perché sono viva, sono qua e non ho più paura. (padovaoggi.it)
Monica non è madre eppure la sua è una storia di fecondità: quella di una donna che dopo aver sofferto tanto, aver fatto i conti con il dolore che scava e ti svuota, è oggi sempre pronta a farsi mamma di tutti quelli che incontra nel reparto forse più difficile, quello della rianimazione. E lì dona se stessa, perché proprio come ha ben detto, “Sempre (e solo, voglio aggiungere) l’amore salva”.