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“Dio è morto” non è mai stata una canzone blasfema. Confronto tra Guccini e il cardinale

POPE FRANCIS GREETS FRANCESCO GUCCINI AND GIANNI MORANDI

Guccini, autore di "Dio è morto", nel 2018 in piazza con Papa Francesco

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 18/02/20
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A Bologna, l’autore del testo e il cardinale Zuppi, parleranno dei temi sollevati 55 anni da quel testo che fu considerato dalla Rai blasfemo, e che invece fu fatto mandare in onda su Radio Vaticana da Paolo VI

Nel 1965 Francesco Guccini scrive Dio è morto, una “canzonetta”, che in breve assurge a inno di chi cerca un “Dio risorto” dentro la novità di “ciò in cui crediamo e vogliamo”, dentro “il mondo che faremo”.

Sabato 29 febbraio alle ore 17.45 a Bologna, nell’Aula Magna di Santa Lucia, ospitati dal Magnifico Rettore Francesco Ubertini, il Cardinale Matteo Zuppi e Francesco Guccini si confronteranno sui grandi temi riproposti da oltre 50 anni in Dio è morto, brano immortale nel continuo costringerci ad affrontare le contraddizioni del nostro tempo.

monsignor matteo zuppi

Il cardinale Matteo Zuppi

La Rai e la “blasfemia”

Dio è morto, scrive Leo Turrini sul Quotidiano Nazionale (17 febbraio), «un brano che era blasfemo solo nel titolo ma straordinariamente intriso di spiritualità nel contenuto, nel testo. Figuriamoci poi nella Rai bigotta e codina del 1967, anno in cui la voce potente di Augusto Daolio, mitico leader dei Nomadi, diede voce alla gucciniana sublimazione».

I_Nomadi_al_Cantagiro_1967

Wikipedia

Bocciata anche la Caselli

Dio è morto? «Pussa via gridarono i burocrati di Via Teulada e Viale Mazzini – – scrive provocatoriamente Turrini – Alla radio di Stato, quella presunta bestemmia che evocava Nietzsche, brrrr!, era vietatissima. Mai trasmessa. Censurata». Poco apprezzata anche in una versione “morbida”, cioè con testo meno aspro, incisa, sempre nel ’67, da Caterina Caselli.



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Su Radio Vaticana

Si dice che fu un giovane teologo ad invitare l’allora Papa, Paolo VI, ad ascoltare Dio è morto. Il Papa accolse il suggerimento e comprese «perché lui appunto era diventato Papa mentre i suoi coetanei universitari al massimo erano diventati ministri democristiani».

Paolo VI, si legge ancora sul Quotidiano Nazionale, colse la speranza nel messaggio di Guccini: non moriva Dio nel sogno di una società migliore, anzi, era vero esattamente il contrario, “in ciò che noi crediamo Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo Dio è risorto, in ciò che noi faremo Dio è risorto…”.

«Il miracolo. Andò a finire – chiosa Turrini – che chi voleva sentire il pezzo di Francesco doveva sintonizzarsi sulla Radio Vaticana, che su pontificia sollecitazione non esitava a trasmettere il brano».



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