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La lista vaticana dei film più belli

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David Ives - pubblicato il 11/02/20
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Prima della promulgazione del Novus Ordo nel 1969, la maggior parte della gente doveva ricorrere a un messale per capire cosa si diceva durante la Messa. Quei giorni possono essere passati, ma ciò non vuol dire che la Chiesa creda che i fedeli abbiano perso la capacità di leggere e al contempo fare attenzione a quello che accade davanti a loro. Quando si parla di cinema, infatti, la lista del Vaticano dei film più belli, compilata nel 1995, suggerisce che è esattamente quello che dovremmo fare. Ecco un piccolo campione di film non in inglese sottotitolati che il Vaticano ritiene valga la pena di leggere oltre che di guardare.

Andrei Rublev (1966)

In apparenza ci si potrebbe chiedere perché il Vaticano, o chiunque altro, sopporti un film in bianco e nero di tre ore e mezza in cui non accade molto e il protagonista, che dà il nome alla pellicola, rifiuta di parlare o a volte scompare del tutto. Detto in parole povere, è perché Andrei Rublev è uno dei film più belli mai realizzati sulla fede. Si potrebbe dire che sia uno dei film più belli in generale.

Apparentemente una biografia sulla vita del famoso monaco e pittore del XV secolo, il film in realtà riguarda la perseveranza nella fede di fronte all’apparentemente infinita serie di brutalità dell’esistenza. Ambientato negli ultimi decenni della vicenda turbolenta della Russia con i Tatari, il film segue Rublev che lascia il monastero per andare a diffondere il messaggio di Dio attraverso i suoi dipinti. Sfortunatamente, le battaglie e lo spargimento di sangue che incontra l’artista abbattono le sue convinzioni, finché Rublev commette un atto di violenza che getta un dubbio sulla sua chiamata.

O almeno così crede il monaco. Dio, però, sa tutto molto meglio di noi, e in un atto finale sorprendente Rublev testimonia un atto creativo che ribadisce la sua fede e lo guida a rinnovare i suoi obiettivi artistici. Il film termina con un’esplosione di colore mentre la telecamera spazia su alcune delle icone più amate di Rublev, mostrando che anche in un mondo lacerato dalla guerra la trascendenza di Dio brilla.

Il Settimo Sigillo (1957)

Forse il film più oggetto di parodie nella storia del cinema, Il Settimo Sigillo parla di un cavaliere che torna da una periodo di dieci anni trascorso nelle Crociate solo per trovare che la figura della Morte lo aspetta sulla spiaggia. Per comprarsi un altro po’ di tempo, il cavaliere sfida la Morte a una partita di scacchi. Man mano che la partita va avanti, la Morte permette al cavaliere di vagare nella campagna, presumibilmente per dargli l’opportunità di compiere un’ultima buona azione prima di morire.

Quello che fa la tregua in realtà è dare al cavaliere il tempo per dibattere sull’esistenza di Dio. Già indebolito dal dubbio per via delle sue esperienze belliche, il cavaliere è ulteriormente addolorato dai suoi incontri con criminali, adulteri e sospetti zeloti religiosi, e tutti sembrano confermare la sua peggiore paura che Dio non si possa trovare in alcun luogo del mondo. E se Dio è assente, allora l’idea della Morte e del nulla eterno è ancora più terrificante.

Il fatto che il Vaticano abbia scelto di includere sulla sua lista di grandi film una pellicola che simpatizza chiaramente con la visione atea del mondo potrebbe sembrare strano per due motivi: uno è il riconoscimento del fatto che la sofferenza umana sarà sempre il più grande ostacolo al credere, l’altro è che anche se i realizzatori de Il Settimo Sigillo si identificano chiaramente con il cavaliere, non riescono a trovarlo in se stessi per offrirgli l’ultima parola. Questo onore spetta a una piccola famiglia di attori che il cavaliere ha incontrato nei suoi viaggi, sotto la guida di un uomo che ha delle visioni della Vergine Maria e di suo figlio. Quando la partita a scacchi termina e la Morte porta il cavaliere verso il suo destino oscuro, la telecamera si fissa su questa famiglia sorridente, sulla sua speranza in Dio come scudo contro gli orrori del mondo. Alexander Pope aveva ragione: “La speranza sgorga eterna nel petto umano; l’uomo non è mai adesso, ma sempre in un futuro, benedetto. L’anima, a disagio e confinata da casa, riposa spazia in una vita che verrà”.

Il pranzo di Babette (1987)

Questo film è talmente amato da Papa Francesco che vi ha fatto perfino riferimento nell’esortazione apostolica Amoris laetitia. La storia è semplice: due sorelle si prendono cura dei residenti anziani di una rigida colonia protestante nella Danimarca del 1871. Dopo che una donna francese espatriata di nome Babette viene mandata da loro per trovare rifugio, le sorelle concordano nell’assumerla come domestica. Molti anni dopo, quando Babette è entrata in possesso di un po’ di denaro, lo spende tutto per un pranzo sontuoso per le sorelle e il loro gregge, con grande dispiacere della loro natura ascetica.

Una tale sinopsi non rende giustizia al film, che racconta come imparare ad accettare con gratitudine le cose buone che Dio ci ha donato impartendo anche una lezione su come la carità genere altra carità. E fa anche venire l’acquolina in bocca!

Questi tre film, e molti altri della lista vaticana dei film più belli, vengono attualmente trasmessi su The Criterion Channel, che offre un periodo di prova gratuito di 14 giorni. Perché non mettere gli occhiali e godersi la lettura oltre che la visione? Farà bene allo spirito.

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