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Ma chi c‘è ad aspettarmi in quella chiesa sempre aperta?

CHURCH, OPEN, MASS
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Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 07/02/20
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Storia dell’incontro tra un prete che non chiude mai la sua chiesa e di un uomo che solo da malato terminale ha scelto di entrare e chiedere aiuto.di Simone Valentini

Ho trascorso qualche settimana, l’estate scorsa, nella nostra missione olandese, a Tilburg, dove don Michiel Peeters svolge principalmente il compito di cappellano presso l’università della città. L’incontro più significativo tra i tanti avvenuti in quei giorni, è stato quello con Wim (il nome è di fantasia), un uomo anziano, malato terminale di cancro, che ha chiesto a Michiel di essere accompagnato negli ultimi giorni della sua vita.


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Dopo un’infanzia devota e anche qualche anno di seminario minore, come molti olandesi della sua età Wim aveva lentamente abbandonato la fede; lui stesso si era allontanato dalla Chiesa. La sua vita era poi stata segnata da molto dolore, un divorzio e la lontananza forzata dai figli. Infine, la solitudine e la malattia degli ultimi anni. Ogni mattina, per fare la spesa, passava di fronte alla cappella universitaria e non poteva fare a meno di notare la scritta “La chiesa è aperta” campeggiare sulla porta spalancata.

Così, quando la malattia è peggiorata e Wim è stato trasferito in un hospice a Dongen, un paesino vicino a Tilburg, si è ricordato della sua infanzia di fede e anche di quella chiesa sempre “aperta” vicino a casa. Una mattina si è deciso e ha chiamato Michiel, chiedendo un colloquio. Ho seguito Michiel che da quel momento, ogni settimana, iniziava a fargli visita, lo confessava e gli portava l’eucaristia.
Non capivo molto di quello che si dicevano ma guardavo il volto di Wim, segnato dal dolore e dalla malattia, diventare sempre più sereno, consolato dalla compagnia vera di Michiel e dal rinnovato rapporto con Cristo. Una vera esperienza di resurrezione, quella operata nella vita di Wim, un uomo che desiderava ritornare al rapporto che aveva reso così memorabile la sua infanzia e che poteva donare un senso anche alla morte.


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Grazie a questo incontro, ho potuto sperimentare l’imprevedibilità dei frutti della missione e come essa sia opera di Cristo. Infatti, la presenza paziente di Michiel, il suo desiderio di tenere la chiesa sempre aperta, hanno reso possibile per quest’uomo l’incontro con Cristo. La missione spesso è una presenza silenziosa e paziente in un luogo che apre lo spazio d’azione alla missione di Gesù e ci permette di godere del suo manifestarsi.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO

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