Bellissima e sensuale con i suoi 41 (ora 42, Ndr) anni, l’attrice sarda non ha mai fatto ricorso a interventi estetici: «Ci sono colleghe che hanno distrutto il loro fascino». Cattolica praticante, ha cura del suo corpo ma senza esagerare.di Pino Pignatta
Siamo andati a rivedere la scena: lei che sorride, splendida, luminosa, raggiante, a James Bond, prima di salire sulla Aston Martin DB5 Coupé, carrozzata Touring, sbattendo il sole e la bellezza della Sardegna in faccia a un Daniel Craig letteralmente incantato.
Caterina Murino, 41 anni, una delle poche italiane ad aver sedotto 007, in Casino Royale, film del 2006. La ritroviamo al cinema nell’ultimo film di Pieraccioni, Se son Rose, uscito nelle sale il 30 novembre (2019, Ndr), con una trama sfiziosa: cosa accadrebbe se qualcuno mandasse di nascosto alle tue ex, dal tuo cellulare, un messaggino: «Sono cambiato. Riproviamoci…»? E in questa commedia degli equivoci c’è anche Caterina:
«Sono Benedetta, una delle ex fidanzate che Leonardo si trova a rincontrare».
Nella vita reale com’è il tuo rapporto con lo smartphone, con le chat? Lieve, ironico, fonte di stress?
«Stress non direi, mi piace il contatto con i fan, ma il mio quotidiano rimane nella sfera del privato. Mi interessa condividere le cose che contano: ho da poco fatto la mammografia, ho chiesto alle donne che mi seguono di fare altrettanto, è essenziale per la prevenzione».
Quindi nessun attaccamento compulsivo ai social, che rischia di danneggiare il nostro equilibrio, persino la salute, avvertono gli esperti…
«Quello che ho creato sui miei profili è quello che volevo, non ne sono vittima». Torniamo alla mammografia: immaginiamo a scopo preventivo…
«Assolutamente sì, e se posso vorrei rilanciare un forte messaggio a tutte le donne…».
Prego, BenEssere è felice di ospitarlo…
«Purtroppo nel 2015 ho perso un’amica di famiglia, aveva solo 40 anni, cancro al seno. E mia mamma l’ha avuto anche lei, per fortuna si è salvata. Quindi è estremamente importante farsi controllare dai 35 ai 40 anni».
Non era dunque il primo controllo preventivo che ha fatto nella vita?
«No, è bene farlo ogni due anni. Perché l’unica arma che abbiamo, oltre ai progressi della medicina, è il tempo, la diagnosi precoce».
E a parte a questa attenzione agli screening, alla prevenzione, una delle più celebri Bond-girl italiane si porta dietro qualche acciacco o malanno?
«A parte un’influenza nelle ultime settimane, null’altro di serio. Gli acciacchi che ho sono quelli di una vita di incidenti sul set. Dopo una caduta a cavallo che ho avuto qualche anno fa il mio corpo è molto fragile e mi trascino qualche postumo. L’anno scorso ho avuto un incidente in macchina e il mio collo ne sarà per sempre segnato. Quindi diverse magagne allo scheletro. Dolori che mi accompagnano e mi svegliano».
Come si cura, con la medicina tradizionale, con i rimedi naturali?
«Ho un osteopata eccezionale, qui in Francia». Lei è sarda, di Cagliari, ma vive a Parigi. Da quanto?
«Da 15 anni, una scelta per il lavoro e sono strafelice. In questo momento, per esempio, ho due spettacoli a teatro. Torno spesso in Italia
ma la mia casa ormai è qui, a Parigi, a Montmartre».
Come si tiene in forma quando non lavora? In palestra?
«No, non amo la palestra, vado a correre, nel mio quartiere, è stupendo. E quando posso in piscina. Purtroppo la mia vita non è regolare, quindi diciamo che vado in vasca due volte la settimana, e due o tre volte a correre, dipende dalla mia vita sul set».
E come recupera le energie tra un impegno e l’altro, non solo cinematografico?
«Per me relax vuol dire dormire. Sono drogata di sonno, ho bisogno anche solo di stare sdraiata sul divano a riposarmi, o guardare un film in questa è l’unica cosa che mi rilassa davvero. Mentre registriamo questa intervista sono su due set, tra la Corsica e Parigi, ma ho la fortuna di riuscire a dormire anche in aereo».
Lei ricorda spesso di non aver mai fatto ricorso alla chirurgia estetica. Ma ha anche confidato che il suo viso inizia a segnarsi, «perché è ora, bisogna accettarsi». Che cosa intende, esattamente?
«Sono convinta che tutte le donne che ricorrono agli interventi estetici non accettano l’invecchiamento ed è un modo un po’ aberrante
di vedere la vita, dal mio punto di vista. Non possiamo sempre avere vent’anni. O sempre avere un viso giovane. E non capisco come le donne non accettino un invecchiamento determinato dal tempo. Un segno sul viso non arriva da un giorno con l’altro. E invece la chirurgia estetica toglie un segno in maniera brutale e radicale, in un solo momento. Se le donne non accettano l’invecchiamento giorno per giorno, come fanno poi ad accettare un cambiamento estetico da un momento con l’altro»?
E poi non possono più tornare indietro, a volte perdono i connotati…
«Per me sarebbe una tragedia. La chirurgia estetica non è ancora così sofisticata da ringiovanirti senza cambiarti. Forse ci arriveremo, un giorno, ma per il momento non ci siamo. Ci sono attrici che hanno distrutto il loro viso per un intervento estetico».
Quindi questo suo modo di porsi nei confronti dei segni del tempo è anche psicologico?
«Certo. Bisogna accettare il fatto che da quando nasciamo invecchiamo. Per me è inconcepibile lottare chirurgicamente per rimanere giovane. Anche perché il resto del corpo invecchia. Io odio le maschere tant’è che non sono neanche un’amante del trucco. Tutto quello che dobbiamo mettere per apparire, diventare quello che non siamo, per me è aberrante».
Visto che lei non ricorre ai bisturi usa particolari rimedi naturali?
«Uso delle creme idratanti, semplicemente. Mi strucco, perché anche se mi trucco poco lo smog sporca la pelle. Ma non ci sono altri metodi,
o almeno, non li conosco e non li uso».
Lei non fuma e non beve nemmeno una goccia d’alcol…
«Esatto, non è poi così difficile se pensiamo che così possiamo ritardare l’invecchiamento».
È il suo segreto di bellezza o c’entrano anche i geni di famiglia?
«I geni non li posso controllare. Mentre non bere e non fumare dipende da me. Molti mi dicono che non è possibile che io abbia 41 anni proprio per la qualità della pelle e l’assenza di rughe. Per ora! Quindi al di là della fortuna di avere forse un gene della gioventù, aiuta tanto il mio stile di vita».
Della Sardegna, alla quale è molto legata, delle sue tradizioni, che cosa si è portata a Montmartre?
«A Parigi faccio arrivare la bottarga, i malloreddus. Poi mi sono portata il carattere della Sardegna, la tempra dei sardi, la tenacia, l’orgoglio, la testa dura. E forse questo sole meraviglioso che avvolge la mia terra. Tranne nei periodi mostruosi in cui le alluvioni distruggono l’isola».
Nell’alimentazione in genere che rapporto ha con il cibo? Fa molta attenzione per la carriera? Si concede qualche distrazione gastronomica, visto che anche in Francia la buona cucina è una tentazione quotidiana?
«Non attenzioni spasmodiche. Consumo quello di cui il mio corpo ha bisogno. Se ho voglia di un dolce lo mangio. Evito i fritti. Sono cresciuta con i prodotti dei terreni di mio padre, senza anticrittogamici, sono “bio” per davvero. Quello che si compra nei negozi specializzati spero sia veramente organico e biologico. Ne dubito».
Perché?
«L’altro giorno ho trovato dei vermi nelle melanzane che mi ha dato mio padre e questo mi conforta: vuol dire che è tutto veramente bio
come quando ero piccola. E io nei prodotti biologici che compro non ho mai trovato un verme. Quindi, non so».
Un altro suo film interessante, del 2017, è Adadah, liberamente ispirato a un romanzo del polacco Jan Potocki, Manoscritto trovato a Saragozza, in cui lei interpreta una principessa. Pellicola sospesa tra magia, cabala, sensualità, erotismo, ma anche ricca di venature filosofiche, religiose…
«Sì, un film in costume, meraviglioso, grazie al regista, Alberto Rondalli, che è riuscito a concentrare tutti questi temi: il fantastico, lo storico, il picaresco, eros e horror, spiritualità e occulto, temperati da pennellate ironiche che sdrammatizzano e ammaliano».
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Caterina Murino che rapporto ha con la fede?
«Sono cattolica praticante e vivo in un Paese che è laico, anche se ci sono tante religioni e questa è una cosa che adoro della Francia. Trovo che sia straordinario come l’uomo sia riuscito a creare tutte queste religioni, così ricche da generare culture diverse, e ognuno potrebbe imparare dall’altro: io cattolica do a te ebreo qualcosa, e gli amici ebrei qualcosa ai musulmani viceversa. Invece continuiamo a farci la guerra. È di una tristezza imbarazzante».
Lei è anche ambasciatrice per l’Amref, la più grande organizzazione sanitaria no profit che offre servizio e supporto alle popolazioni africane. Perché questo impegno?
«È un altro modo in cui riesco a promuovere la salute. Da grande avrei voluto fare volentieri il medico, una professione che salva la vita delle persone. Pensavo di fare la pediatra, adoro i bambini. È andata diversamente. Ma lavorando per Amref la vita mi ha dato una seconda possibilità».
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