E’ stato il Papa a volere una casa d’accoglienza per queste donne fragili, gestita da una congregazione di religiose
Lasciare l’abito e ritrovarsi sulla strada per poter sopravvivere. È la storia, raccontata da Il Messaggero (24 gennaio), di una giovane filippina che, una volta uscita dalla sua congregazione, si è ritrovata senza una casa, senza un lavoro e senza un aiuto.
Per questo, dopo aver provato a cercare un impiego come domestica, si è prostituita. E di vicende così, ce ne sono altre.
La casa rifugio
Per questo, un anno e mezzo fa a Roma, è stata aperta una casa-rifugio, che accoglie le ex suore che decidono di lasciare la strada religiosa.
«Le ex suore sono meno di una decina e vivono con altre donne rifugiate – racconta a Il Messaggero la congregazione che gestisce l’istituto – È una casa di integrazione a tempo che fa parte di un progetto più ampio legato ai corridoi umanitari. Le nostre ospiti hanno un tetto, non pagano l’ affitto, possono restare tutto il tempo necessario per riprendere in mano la propria vita, trovarsi un lavoro».
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Le straniere
Il passaggio dalla vita religiosa a quella “civile” è difficile soprattuto per le straniere: «A volte – spiegano – serve parecchio tempo per rifare documenti, altre volte hanno bisogno di riprendersi dai traumi. Certamente le donne che arrivano qui sono più vulnerabili. Noi le aiutiamo in questa sorta di interregno».
La decisione del Papa
A parlare di questa situazione è stato anche il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz: «A volte queste suore sono completamente abbandonate. Ma le cose stanno cambiando. Il Papa ha deciso di accogliere dalla strada alcune suore mandate via da noi o dalle madri superiori, in particolare nel caso che siano straniere», spiegava il cardinale al mensile dell’Osservatore Romano, Donna Chiesa Mondo (23 gennaio). Da qui la decisione della “casa-rifugio”, che diventa un’ancora di salvezza per potersi ricostruire una nuova vita, lontana da strada, criminalità, prostituzione.
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