E noi dovremmo chiederGli di sciogliere i nostri cuori di pietra e renderci malleabili e desiderosi di guardarci con occhi nuovi.Di Cristina Epicoco Righi
In volo verso il Principato di Monaco, per un incontro-testimonianza riguardante la nostra missione a favore delle famiglie, apro il piccolo Vangelo che reco sempre in borsa e una parola assai importante cade sotto il mio sguardo. È il Vangelo di Marco al capitolo 10, dal versetto 1 e seguenti. Subito mi colpisce il fatto che la folla, non una singola persona, accorreva numerosa per fare domande a Gesù, ma soprattutto per metterlo alla prova su una questione riguardante proprio un argomento matrimoniale: il ripudio! Senza entrare qui nel merito dell’argomento dell’atto di ripudio, vorrei porre l’attenzione sull’atteggiamento di coloro che hanno posto la questione, cioè sul modo di relazionarsi con la persona di Gesù.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.
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Questo atteggiamento di prendere Gesù “in castagna” è assai frequente scorgerlo nella Sacra Scrittura e in varie occasioni ma Lui risponde sempre partendo da altri punti di vista rispetto agli interlocutori. Qui ad esempio, sapendo dove volevano arrivare, è Gesù stesso che li conduce a ciò che avrebbero voluto sentirsi dire e torna indietro, torna alla legge data da Mosè. Vero infatti che Mosè scrisse quella norma ma fu “costretto” a causa della durezza dei cuori di chi aveva davanti. Gesù sposta l’attenzione e va diritto al centro del bersaglio e, a questo punto, è tutta una questione di cuore! All’inizio non era cosi perché, si legge più avanti,
dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina, per questo l’uomo lascerà suo padre sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due ma una sola carne (Mc 10,6-8).
Vorrei condurre ogni coppia all’inizio, al principio della propria storia, al momento in cui gli occhi di quel maschio e di quella femmina, creati ad immagine e somiglianza di Dio, si sono incrociati e hanno desiderato continuare a guardarsi per sempre. Questo è il momento in cui occorre fermarsi perché il pensiero di Dio si è concentrato su due persone, proprio quelle e non altre, e ha plasmato un progetto che avesse un inizio e lo ha guardato come la sua migliore attuazione. Mettete i vostri nomi e vi ritroverete per primi all’inizio della creazione, perché Dio ama ciascuno e ciascuna coppia, come se non ve ne fosse nessun’altra al mondo! Voi siete speciali. Ma che straordinario mistero vi è in un Dio che addirittura si prostra dinanzi a due volontà, fragili, imperfette e ferite e concorre, come il tifoso più “accanito”, alla costruzione di una famiglia? Cosa è accaduto rispetto a questo inizio? Di sicuro quei tanti farisei che arrivavano in folla a domandare a Gesù sulla liceità del ripudio avevano motivi molto importanti. Molte coppie, quando giungono a vivere situazioni difficili sono inchiodate nella disperazione di non poter risolvere qualunque problema e rivolgono a Gesù la stessa domanda. Spesso il loro atteggiamento è proprio quello di metterlo alla prova cercando di convincere Gesù stesso che non ci potrà essere alcuna soluzione se non quella evidente all’occhio umano e che il grado di sopportare è così alto da non ammettere replica di sorta.
È lecito Signore abbandonare il campo ormai divenuto di battaglia? Non facciamo altro che litigare distruggendo ogni ambito nella nostra vita. Il mio coniuge è ormai un nemico e poi me l’ha fatta così grossa da non poter accettare nulla, assolutamente nulla.
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Sarei anche disposto a morire per l’altro ma non si può essere soli, cioè, se anche l’altro morisse per me allora sì ci sarebbe equilibrio ma così proprio non funziona. Quando si arriva alla frutta il primo pensiero è il rifiuto, il ripudio, e vorremo che questo diventasse una norma per sancire un criterio più giusto alla nostra personale fuga. Ma quando Gesù viene messo alla prova Lui sa come trasformare lo stato dell’uomo. Guarda il tuo cuore, dice il Signore e scruta nel profondo quel motivo che ti portò a scegliere ciò che adesso vorresti “ripudiare”. Tu non sei solo quello di oggi ma sei quello dell’inizio. Colui che ha camminato con i suoi passi verso l’altare del sì pronunciato e creduto. Perché vuoi mettermi alla prova, dice Gesù?
Tu devi usare la grazia che Io stesso sono per voi. Invitami nella vita ordinaria e in ciascuno di quei problemi che ti rendono l’altro un nemico. Te lo renderò amico se comprendi quanto quel simile ti è d’aiuto e ti sosterrò, gratuitamente, per consentirti di essere quella sola cosa che Io, il tuo Gesù, ho Benedetto. “…dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,9). È Dio che ha unito, messo insieme progettato la chiesa domestica di quell’uomo e quella donna che siete, con i vostri nomi, proprio voi due, diventati una sola carne. Gesù non mette alla prova ma sostiene nella prova. Ecco il punto di svolta del rapporto con Dio. Spesso siamo portati a colpevolizzarlo perché la sofferenza ci sta così stretta, ovviamente, che ce la prendiamo con Lui, come dire: “guarda che peso immenso è diventato la donna, o l’uomo che mi hai messo accanto”!!! Diverso sarebbe invece: “Signore, la situazione che vivo è difficilissima, insostenibile, ma tu c’eri all’inizio e ora ci sei ancora per aiutarmi, sostenermi, nutrirmi e concedermi tutte le capacità per far fronte a cose che da solo non potrei ma con la tua grazia, appunto perché grazia, io posso farcela e addirittura aiutare il misero che mi hai donato. Siamo tuoi figli e tu hai cura di noi. Non permettere che il nostro cuore, duro, si solidifichi sempre più ma rendilo vulnerabile, morbido, un cuore di carne, assetato di Spirito Santo.
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Signore siamo noi che vogliamo essere messi alla prova, perché vogliamo modellarci al bene, vogliamo limare ogni callosità acquisita nel tempo e guardarci con occhi nuovi e soprattutto vedere. Siamo partiti con te nella regione della Giudea all’inizio di questo vangelo (Mc 10,1) e in tutto questo viaggio, gli anni del nostro matrimonio, le fatiche, le gioie ma soprattutto i dolori, siamo arrivati a Gerico, alla fine di questo Vangelo (Mc 10, 46). C’è un cieco che sta mendicando e quando “sente” che arrivi tu Gesù, comincia a gridare dicendo: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” (v. 47). Siamo noi quel cieco, caro Signore, siamo la coppia che hai benedetto quel giorno! Allora Gesù disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi”? E se la coppia risponderà “Rabbuni, che noi vediamo di nuovo!”, Gesù potrà dire loro: “Andate figli miei, la vostra fede vi ha salvato” e subito videro di nuovo e lo seguirono lungo la strada. (Mc 10,51-52).
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