La lettura del Vangelo secondo Matteo, nel tempo di Natale, ci fa scoprire tre nomi attribuiti a Gesù che rappresentano come uno scorcio inaugurale della sua esistenza, della sua missione e della sua identità.
“Figlio di Davide”, “Emmanuele” e “Nazareno”: questi sono i tre nomi che il Vangelo secondo san Matteo dà a Gesù nei suoi primi due capitoli. Ciascuno di questi tre appellativi rischiara una sfaccettatura della persona e della missione di Cristo, ancor prima che prenda il via la sua vita pubblica. Il Vangelo comincia con una genealogia in cui l’appellativo decisivo è “figlio di Davide”. Poi esso continua con la concezione verginale di Gesù, al quale si addice perfettamente il titolo teoforico di “Emmanuele”. Infine il nome di “Nazareno” (o “Nazoreo”) gli viene riconosciuto dopo che Giuseppe è obbligato a rifugiarsi in Galilea al ritorno della Sacra Famiglia dall’Egitto. Mentre ci avviciniamo alla fine del tempo di Natale, vediamo quali insegnamenti ci consegnano questi tre appellativi.
Figlio di Davide
Per tutto il corso del suo Vangelo, san Matteo tiene a sottolineare che il profeta di Nazaret compie, nelle sue opere e nel suo insegnamento, le Scritture di Israele. Conferendo a Gesù il titolo di “Figlio di Davide”, l’evangelista non solamente inserisce la sua persona in una dinastia reale, ma soprattutto ci informa che la regalità messianica, predetta dai profeti, gli è destinata. Gesù sarà re.
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Un re sconcertante, certo, che – quando alla fine dei tempi il suo trono di gloria sarà eretto – renderà il suo giudizio identificandosi coi più piccoli tra i suoi fratelli (Mt 25,31-46). Gesù rivoluzionerà così la figura messianica del re rendendola solidale con i sofferenti e i miserabili. Così, in quanto figlio di Davide, Gesù s’inserisce in una genealogia umana. Comunque la sua regalità possiede una portata che oltrepassa la dimensione terrena e si fa segno di un’origine misteriosa.
Emmanuele
Il secondo nome dato a Gesù esplicita il superamento della regalità terrena. L’angelo chiede a Giuseppe di dare al bambino generato da Maria il nome di “Gesù”, precisandone in significato aramaico: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». “Gesù” significa infatti “il Signore salva”. I due versetti seguenti aggiungono che tutto ciò avvenne perché si compisse la profezia di Isaia relativa alla giovane vergine che diede alla luce l’Emmanuele. Per questo secondo nome, il testo precisa ancora il significato all’attenzione del lettore: «Dio è con noi». E così col titolo di “Emmanuele” viene segnato il secondo titolo di Gesù.
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Con lui, è Dio stesso che agisce nella storia. La presenza divina abita il corso del tempo, e simultaneamente viene a liberare il suo popolo dai suoi peccati. Questo secondo appellativo è legato anche alla risuzzrezione. Infatti il finale del Vangelo secondo Matteo riprende il contenuto etimologico del titolo con le parole del Risorto ai suoi discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Il Nazareno
Dopo il titolo divino di “Emmanuele”, sembrerebbe che il crescendo degli appellativi debba avere fine. Eppure, nell’ultimo versetto del secondo capitolo del suo Vangelo, Matteo afferma a proposito di Gesù: «Sarà chiamato Nazareno», facendo riferimento a un non meglio precisato oracolo. Il nome di “Nazareno” gli viene dato perché Gesù sarebbe vissuto in Galilea, e più esattamente a Nazaret. È a partire da quella regione settentrionale della Palestina che egli avrebbe condotto la sua missione, ed è dall’alto di un monte galileo che, da Risorto, avrebbe inviato i suoi apostoli in tutto il mondo.
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Tuttavia, il nome “Nazareno” significa qualcosa di più che un appellativo geografico. Se Gesù ha dovuto stabilirsi in Galilea con Giuseppe e Maria, questo si deve all’ostilità del potere di Gerusalemme riguardo a lui. In effetti, mentre san Luca fa della capitale di Giudea il luogo inaugurale e finale del suo Vangelo (con l’annuncio della nascita del Battista nel Tempio e l’ascensione di Gesù dal monte degli Ulivi), per Matteo Gerusalemme è la città che rifiuta il Messia. Fin dal principio, Erode vuole metterlo e morte e al compimento del suo destino essa sarà la città della sua condanna capitale.
Così il nome di “Nazareno” è un segno della Passione e del rifiuto di Gesù da parte dell’élite religiosa e politica del suo popolo. Quest’ultimo titolo ci avverte che la salvezza da lui apportata non risparmierà la via dolorosa della Croce. Col nome di “Nazareno” il Vangelo finisce per descrivere la terza dimensione del ritratto di colui che, fin dal terzo capitolo del libro, entrerà in scena, una volta adulto, e inaugurerà la sua missione nel prolungamento di quella del Battista.
Re promesso dalle Scritture, ma re dei poveri; Risorto che ci accompagna per tutto il corso della storia; Messia dei dolori nel corso dell’esistenza terrena – all’improvviso il Vangelo secondo Matteo, tramite i nomi dati a Gesù, traccia lo schizzo di un ritratto che la narrazione ulteriore della sua esistenza avrebbe affinato nei dettagli.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]