L’Epifania è passata ma i doni offerti a Gesù dai Magi restano tutto l’anno come risorsa feconda a tutte le famiglie. Ricordiamoci che l’amore tra marito e moglie è regale, sacro e vince la morte.Di Antonio e Luisa
Lo so l’Epifania è trascorsa, sono già con la testa alla solita vita da pazzi, ai soliti ritmi forsennati. Tutto è ricominciato all’improvviso e senza gradualità. Insomma, non so voi, ma io sto già boccheggiando. Ma va bene così. E’ la vita che voglio, perché è abitata dall’amore dei miei cari e di Dio. Siamo ancora però nel tempo di Natale che si concluderà solo domenica con il Battesimo di Gesù. Questo mi permette di soffermarmi nuovamente sull’Epifania. In particolare sui doni che i Magi offrono a Gesù. Credo lo sappiate tutti che non sono doni fatti a caso, ma sono portatori di un significato più profondo. Mi immagino Giuseppe quando si è visto arrivare mirra e incenso. Io non sarei stato così felice al suo posto. Avrei pensato come riciclare quei doni. L’oro invece l’avrei accettato volentieri. A parte le battute, cosa vogliono ricordare questi doni? Cosa ricordano a noi sposi? Ogni dono racchiude i tre valori rappresentati dall’oro, dall’incenso e dalla mirra. Ancor di più nel dono matrimoniale dove non offriamo un oggetto ma noi stessi, la nostra vita, il nostro corpo, la nostra attenzione e il nostro tempo.
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L’oro è il dono per il re, per la regina
L’oro rappresenta la regalità del dono. Quando mi sono sposato stavo dicendo a Luisa che lei era, e lo sarebbe stata per sempre, la creatura più preziosa per me. Che era figlia di Re. Che non ci sarebbe mai stato persona, lavoro, interesse che sarebbe venuto prima di lei. Solo Dio. Il matrimonio è così. Funziona solo quando c’è consapevolezza di questa regalità in entrambi gli sposi. Non ci può essere famiglia di origine che venga prima, non ci può essere lavoro e interesse economico che venga prima, non ci può essere neanche un figlio che venga prima. Altrimenti davvero rischiamo di rovinare tutto. Invece amando prima di tutto il nostro sposo o la nostra sposa tutto il resto funziona meglio. Daremo il giusto valore al lavoro, ameremo il figlio come frutto del nostro amore sponsale e non come qualcosa di nostro che ci appartiene. Insomma tutto sarà vissuto nel modo giusto senza alterazioni o inquinamenti.
L’incenso è il dono sacerdotale
Il nostro matrimonio è un sacramento. Dal momento del nostro sì, il nostro amore non è più solo nostro ma diventa di Dio. Dio se ne prende carico. Gesù viene ad abitare la nostra relazione. Da quel momento ogni gesto d’amore dell’uno verso l’altra diventa gesto sacro. Diventa di Dio. Amando Luisa sto amando Dio. La mia carezza è la carezza di Dio per lei. Il mio incoraggiamento è l’incoraggiamento di Dio per lei. Il mio sguardo è lo sguardo di Dio per lei. Anche l’amplesso fisico, la nostra unione intima, acquista un significato sacro. E’ una vera è propria liturgia sacra. Per questo è importante viverla bene, con amore, con il cuore aperto al dono e non all’uso.
Infine la mirra
Questo è il dono forse più indigesto, ma anche quello che mostra la grandezza del dono. Con la mirra dico alla mia sposa che sono pronto alla morte per lei. La mirra è una resina aromatica, che era già conosciuta nell’antico Egitto e in tutto il medio-oriente, Veniva utilizzata per le imbalsamazioni. Nella Bibbia se ne parla anche nel Cantico dei Cantici, in riferimento al suo profumo. Capite l’importanza di questo dono? Il mio matrimonio profuma di Dio, di eterno, di verità se sono pronto a morire per lei. Non significa certo la morte fisica, ma la morte di tante altre realtà che mi caratterizzano. La morte del mio egoismo. Se voglio essere felice il centro deve essere Dio, non io. Dio che non vedo, ma che è presente nel mio prossimo e in particolare nel mio prossimo più prossimo: Luisa. Devo poi morire al mio orgoglio. Devo smetterla di sentirmi migliore degli altri. L’orgoglio può essere a volte peggio dell’egoismo. Crea barriere che allontanano. Crea risentimento e incomprensioni. Avere ragione (sempre che l’abbia) non è la cosa più importante. La mia famiglia non è un sindacato dove portare istanze e lamentele. La mia famiglia è una comunità d’amore dove ci si ama nella libertà di mostrare la propria fragilità sicuri di essere perdonati. L’ultima morte che mi viene in mente è la morte della mia volontà.
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Devo smettere di pensare che le cose debbano andare come dico io. Devo smettere di desiderare che tutto sia perfetto. Ho sposato Luisa, che non sempre si comporta come vorrei, che non sempre fa ciò che vorrei e pensa come vorrei. E’ meravigliosa così, perché è diversa da me, perché è libera e chiede di essere amata e di amarmi con tutta la libertà che la costituisce.
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