Giovedì il voto del Parlamento di Ankara sull’invio delle truppe. La mozione del governo: difendere gli interessi turchi sul suolo libico e riequilibrare le forze in campo. Il ministro degli esteri Cavusoglu critica la Lega Araba: non sostiene il governo legittimo
La Libia agita le acque della diplomazia internazionale. Il Parlamento turco tiene una riunione di emergenza per discutere il mandato per l’invio delle truppe nel tormentato Paese nordafricano. Ankara non esclude che anche solo il voto possa fare da deterrente. Ma la diplomazia è in allerta.
La mozione firmata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan lunedì e inviata subito in Parlamento è fatta di sole due paginette: vi si esprime la preoccupazione per la minaccia terroristica che un Paese così instabile rappresenta per la regione; si ricorda che la Turchia punta a fornire aiuti umanitari alla Libia e si sollecita, nella necessità di difendere gli interessi minacciati di Ankara, e tenendo conto all’articolo 92 della Costituzione che consente alle truppe turche di intervenire in territorio straniero, che ai militari turchi occorre dare un mandato di un anno.
Scontato il risultato: il Parlamento avrà solo un punto in agenda e i partiti politici 20 minuti ciascuno per esprimere la loro posizione. Adesso Ankara fa capire che il voto potrebbe avere una funzione anche solo di deterrenza: potrebbe desistere dall’inviare truppe in Libia se le forze leali al generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, cessano la loro offensiva contro Tripoli.
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“Dopo che la mozione sarà approvata dal Parlamento potrebbe accadere che vedremo qualcosa di diverso, un diverso atteggiamento (da parte di Haftar; ndr) e diranno, ‘ok, ci tiriamo indietro’, rinunciando all’offensiva”, ha detto il vicepresidente Fuat Oktay. “E allora, se così fosse perché dovremmo andare lì?”. Di certo, Ankara anche in queste ore ribadisce che non vuole vedersi marginalizzata dalle zone marine del Mediterraneo orientale. “Non importa chi sia coinvolto, nessun piano nella regione che escluda la Turchia avrà chance di successo”.
E a proposito dell’interventismo turco anche con Cipro, Oktay ha aggiunto che la Turchia ha sventato i piani di chi cercava di escludere Ankara dal Mediterraneo, di “confinare Ankara sulla terra”. Sulle scelte della Turchia pesa un insieme di dinamiche geopolitiche: in primis l’interesse nel settore delle trivellazioni e più in generale del gas. Proprio domani ad Atene ci sarà la firma dell’accordo intergovernativo tra Cipro, Grecia e Israele per la costruzione del gasdotto EastMed.
Al Cairo sabato e domenica prossimi si riuniranno inoltre i leader di Grecia, Cipro ed Egitto con la partecipazione della Francia in un incontro la cui agenda incentrata su sicurezza, energia e sviluppi regionali. Ma anche la competizione intra-sunnita con i Paesi del Golfo che sono a fianco di Haftar (gli Emirati, ovviamente l’Arabia Saudita, ma soprattutto l’Egitto, che gioca una partita anche nell’EastMed).
L’Italia lavora per arrivare alla missione europea del 7 gennaio a Tripoli e strappare una tregua all’ultimo minuto. Anche l’Ue “sta seguendo da vicino tutti gli sviluppi relativi alla situazione in Libia e ribadisce il suo appello a tutte le parti libiche a cessare le azioni militari e riprendere il dialogo politico”.
La mozione
Il Parlamento turco va al voto dunque la mozione sull’invio di un contingente militare in Libia, anticipando il normale calendario di ripresa dei lavori. Un’urgenza dettata dall’avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar: se la capitale cadesse, sarebbe la fine del governo di Fayez al-Serraj, con cui il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha concluso un accordo lo scorso 27 novembre, che riconosce alla Turchia la giurisdizione su una fetta di Mediterraneo orientale al largo di Cipro.
Un tratto di mare che Erdogan non può permettersi di perdere, per evitare che la Turchia resti tagliata fuori da un possibile hub energetico che collegherebbe l’Europa con i giacimenti ciprioti e israeliani. Nel testo sottoposto al Parlamento turco lo scorso 30 dicembre la missione, che in base a quanto rivelato dal ministro degli esteri Mevluti Cavusoglu dovrebbe durare un anno, non viene mai definita belligerante, ma appare più come una mossa per bilanciare le forze in campo e stoppare l’avanzata di Haftar.
Erdogan ha i voti del suo partito Akp e dei nazionalisti alleati del Mhp, perplessa l’opposizione. La mozione chiede il sostegno del Parlamento “al fine di garantire un cessate il fuoco, rilanciare un processo politico e favorire un ritorno alla diplomazia”. Il testo fa riferimento alla situazione umanitaria in Libia e alla lotta al terrorismo.
“La situazione umanitaria è in predicato di peggiorare considerato che vengono presi di mira civili e infrastrutture civili. Gli scontri favoriscono le azioni di gruppi terroristici come Isis e al Qaeda e potrebbero causare fuga di civili ed emergenze umanitarie nel mar mediterraneo”. Tutti fattori che, secondo quanto scritto dalla presidenza turca, si prestano a costituire “minacce per la Turchia e la stabilità regionale”.
Si sottolinea la “necessita'” di inviare soldati per impedire che Isis e Al Qaeda “sfruttino la mancanza di stabilità per il traffico di esseri umani e il rafforzamento delle proprie milizie armate”; un intervento da svolgere “in linea con le norme del diritto internazionale”, nato dalla necessità “di prendere tutte le contromisure possibili contro le minacce alla sicurezza della Turchia”.
Nel testo si fa presente che gli sviluppi in Libia richiedono un intervento “per compensare le forze in campo”, “rapido e dinamico”, che favorisca un “processo politico. L’operazione turca in Libia, rispetto alla quale non vengono forniti dettagli, per raggiungere i propri obiettivi deve essere adeguata in termini di “tempo, estensione, scopo e numero di soldati”.
Dubbi rimangono tuttavia sulla effettiva capacità dell’esercito turco di svolgere un’operazione a 2 mila chilometri dalla Turchia. Un fattore che ha sollevato perplessità di opinione pubblica e opposizione, che invece Erdogan aveva dalla sua parte in occasione del recente intervento in Siria.
La richiesta di approvare l’intervento all’estero e’ stata effettuata in base all’articolo 92 della costituzione turca, che permette al presidente della Repubblica di sottoporre una mozione di questo tipo al parlamento in caso di “rischi e minacce” nei confronti della Turchia, giustificando la richiesta come necessaria a “prevenire e sventare” tali pericoli.