Una gita per Roma in compagnia di giovani con disturbi psichiatrici e la scoperta che, in mezzo al groviglio buio di ciascuno, c’è il bisogno di ricevere uno sguardo d’amore.Di
Di recente abbiamo avuto come ospiti per un fine settimana in seminario una ventina di ragazzi della Casa Mantovani, assieme ai loro educatori. La Casa Mantovani è una struttura di accoglienza della cooperativa Nazareno per persone con disturbi psichiatrici. Grazie all’amicizia tra una delle educatrici e don Francesco, il rettore, è nata l’idea di organizzare una giornata in cui io e altri seminaristi abbiamo fatto loro compagnia. Abbiamo visitato San Pietro, il Colosseo ed un punto panoramico che offriva una fantastica vista sulla città. Poi, la sera, abbiamo cenato assieme e abbiamo concluso con una cantata.
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Questi giorni passati con loro mi hanno messo a stretto contatto con una realtà drammatica come la malattia psichiatrica. A vederli da fuori, quei ragazzi potevano sembrare una classe di studenti che si godeva una gita per Roma; ma trascorrendo del tempo insieme, ho iniziato a scoprire parte delle ferite che hanno segnato la loro storia e la loro psiche. La maggior parte di loro sono definiti borderline: significa che, in una apparente normalità di vita, certe circostanze scatenano in loro dei fenomeni psichici di disturbo anche gravi.
Conoscere, per quel poco che ho potuto sapere, alcune delle loro storie, mi ha fatto vedere da vicino un’umanità gravemente ferita, affetta da una malattia che non colpisce il corpo ma il modo con cui si percepisce il rapporto con se stessi e con gli altri.
Però non è tutto qui. Vedere, ad esempio, come Giacomo [i nomi sono di fantasia], durante la visita a San Pietro, mi abbia tartassato di domande (che c’entravano a volte sì e a volte no), notare che mi cercava per fare assieme il tour di Roma, oppure guardare il volto sorridente che avevano mentre si cantava o il sorriso di Giulia dopo avere suonato per noi un pezzo al pianoforte, mi ha fatto rendere conto che, in mezzo al groviglio dei loro problemi, c’è il desiderio di ricevere uno sguardo di amore che dica che la loro vita, con tutti i suoi drammi, ha valore e non è ultimamente determinata dalla malattia.
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Di fronte a questa umanità ferita, in cui il desiderio di senso e di essere amati è vivido, anche se spesso vissuto male, nasce in me il bisogno di comunicare loro Chi si è curvato sulla mia umanità, anch’essa ferita e bisognosa: Cristo, del quale ho la grazia di fare esperienza, nell’abbraccio e nella compagnia, tramite il volto concreto dei miei fratelli qui in seminario.
QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA FRATERNITÀ SAN CARLO