Un viaggio tra i principali dipinti di noti pittori che hanno rappresentato la scena della Natività. Da Correggio a Maino…a cambiare sono sopratutto gli angeli!Conoscete le principali opere d’arte che richiamano l’adorazione dei pastori? Sapete cosa rappresentano? Non è solo la Natività quella che si ammira, ma un’impostazione della nascita del Salvatore del mondo che varia da autore ad autore. Ecco perchè.
La “fiaba” di Crivelli
Nell’Adorazione dei pastori di Carlo Crivelli (1430/35-1494 ca.), considerata una tra le sue opere giovanili più squisite, è chiara la ricchezza culturale dell’autore. Il clima innaturale, da fiaba, che trasmette questa scena, dentro la raffinatissima trama delle lumeggiature d’oro, fa pensare alla probabilità di una sua specifica attività di miniatore.
La luce su Gesù
Correggio (1489-1534), nella sua Adorazione dei pastori, meglio nota come La Notte, inaugura una nuova tipologia di Natività, in cui la figura del Bambino costituisce il fulcro luminoso dell’intera composizione. Egli impiega vivaci contrasti di luce ed ombra per conferire alla scena un’intensa carica emozionale. La luce, riflettendosi più debole sulle figure circostanti, è la protagonista assoluta della scena.
Sopra le figure, fra le nubi, cinque angeli assistono alla scena sollevati in volo. Nelle posizioni arditamente scorciate e nell’animazione, questi angeli ricordano quelli affrescati dallo stesso Correggio nella Cupola del Duomo di Parma.
Tre di essi guardano il Bambino sorridendo, mentre gli altri due, i più mossi, sembrano invitare i pastori all’adorazione. Uno di questi, con il manto rosso, è visto di fronte mentre si sporge congiungendo le mani in preghiera. L’altro, col manto verde, è visto di schiena; tiene una gamba distesa, l’altra piegata, e le braccia aperte in atto di compiere un semicerchio, volando, per guardare in basso i pastori che gli stanno dietro. Alcuni hanno criticato gli scorci, ritenendoli eccessivi; Vasari definisce invece questi angeli «tanto ben fatti, che par che siano piuttosto piovuti dal cielo che fatti dalla mano di un pittore».
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Correggio è un anticipatore di successive tendenze artistiche, per l’interpretazione intima del soggetto, per la composizione asimmetrica e per il ritmo flessuoso delle forme che imprimono dinamicità all’opera. Il dipinto, tra i più celebri del maestro e da molti considerato il suo capolavoro assoluto, è uno dei primi casi di fusione di due tradizioni rappresentative nella stessa scena: l’annuncio angelico ai pastori, che avvenne appunto durante la notte, e la successiva adorazione del Bambino.
Gli angeli di Maino
Il mondo raffigurato nell’Adorazione dei pastori dello spagnolo Juan Bautista Maino (1578 ca.-1649), il più cosmopolita degli artisti spagnoli della sua epoca, è quello di Caravaggio. Lo si ritrova nelle figure ambigue degli angeli, giovani dall’aria di monelli da strada, ma la sua è una netta inclinazione per il caravaggismo leggero di Orazio Gentileschi. Gli angeli musicanti sono venuti dal cielo sulla terra a Natale. Per questa circostanza eccezionale il paradiso, per lo spazio di un giorno, è sceso quaggiù.
La raffigurazione di Natale con la stalla appare fin dal IV secolo su alcuno sarcofagi romani. Ma il Vangelo di Luca (2,10-13) narra che un angelo annunciò “una lieta notizia ai pastori la notte di Natale e che “subito, si unì all’angelo una immensa schiera dell’esercito celeste, che prese a lodare Dio con queste parole “Gloria a Dio nell’alto dei cieli””. L’iconografia si impadronì di questo bel tema. Citiamone qualche esempio. Su una tavoletta d’avorio del X secolo (conservata alla Biblioteca Vaticana) sono raggruppati parecchi episodi della Natività, e soprattutto, nella parte superiore, l’annuncio fatto ai pastori e l’entrata in scena dell’ “esercito celeste” simboleggiato da tre angeli.
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Il mosaico di Dafni
A Dafni, un mosaico della navata, del 100 circa, colloca quattro angeli nel cielo di Betlemme: tre indicano con la mano la culla del Bambino Gesù, presso al quale si trovano Maria,, in grande formato e, piccolissimi, il bue e l’asino; il quarto fa conoscere ai pastori la grande notizia. Altro mosaico significativo, quello della Cappella Palatina di Palermo (XII secolo) con, questa volta, cinque angeli: due indicano con la mano il Bambino e sua madre; due accennano un gesto di lode; il quinto annuncia la nascita ai pastori che si vedono poi, in basso, portare i loro doni al neonato; in alto a destra, i Magi avanzano verso Betlemme.
La presenza degli angeli al di sopra della capanna (o della mangiatoia) di Betlemme , che suggeriscono l’apertura dello spazio paradisiaco, apparteneva quasi strutturalmente all’iconografia della Natività, il che spiega la diffusione di questo tema.
Gli otto angeli di Paolo di Giovanni Fei
Un manoscritto del XIII secolo (conservato al Museo armeno di Ispahan) divide in due parti la scena del Natale: in basso, Maria, il Bambino Gesù, presso il quale l’asino e il bue sembrano ridere di felicità e, due pastori; in alto, sei angeli che mostrano con la mano il miracolo sopravvenuto a Betlemme. Stessa disposizione e anche stessa dominante del colore rosso in un’Adorazione dei pastori del senese Paolo di Giovanni Fei (1372-1410) della Pinacoteca Vaticana: otto angeli – aureole dorate, ali colorate di bianco, oro e rosso, tuniche rosse – popolano il cielo; uno annuncia la nascita ai pastori e gli altri sette pregano. Gli angeli non sono scesi immediatamente a terra per la notte luminosa di Natale.
Un’Adorazione dei Magi scolpita nella prima parte del XIV secolo sulla facciata della cattedrale di Orvieto pone due angeli al livello di Maria seduta con il Bambino Gesù sulla ginocchia. Un’altra Adorazione dei Magi (verso il 1360- 1365, Madrid, collezione Thyssen), questa volta dipinta e attribuita all’italiano Luca di Tomme, adotta la stessa disposizione.
Più tardi, verso i 1457, una miniatura di Jean Fouquet per le Heures d’Etienne Chevalier allinea sei angeli dietro una piccola barriera che, all’interno della stalla, li separa dalla sacra famiglia.
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