Lo ha promosso una chiesa metodista della California per protestare contro Trump. La Sacra Famiglia rinchiusa nelle gabbie, come quei rifugiati che non possono arrivare negli Usa per costruirsi il proprio futuro
Un presepe in cui Maria, Giuseppe e Gesù Bambino sono chiusi in gabbie distinte, come quelle che sono diventate tristemente note per le famiglie di migranti divise, dopo l’arresto sul confine con gli Stati Uniti.
Con questa particolare «Natività», la cui foto è diventata virale sui social media accendendo anche un animato dibattito, la chiesa metodista di Claremont, località della California a nord est di Los Angeles, ha voluto protestare contro le politiche dell’amministrazione Trump (Avvenire, 10 dicembre).
Una Sacra Famiglia per i rifugiati
«Per noi la Sacra Famiglia rappresenta in un certo senso le tante famiglie senza nome», ha spiegato la reverenda Karen Clark Ristine, pastore della chiesa di Claremont, in un post pubblicato su Facebook, che ha fatto oltre 23mila condivisioni.
«Noi abbiamo ascoltato la loro sofferenza – ha aggiunto – abbiamo visto come questi richiedenti asilo sono stati accolti e trattati. Noi vogliamo che la Sacra Famiglia rappresenti queste persone senza nome perché anche loro erano rifugiati».
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Politica? No, teologia
A chi l’accusa di aver voluto politicizzare il presepe, Ristine, che è alla guida della chiesa dallo scorso luglio, si difendere dicendo di «non considerare la scelta come politica, ma teologica, sto ricevendo risposte da persone che non conosco, persone che mi dicono che si sono commosse fino alle lacrime».
L’immagine della Sacra Famiglia e della Natività «è qualcosa a noi cara e se li vediamo separati, questo spingerà molte persone alla compassione», ha detto ancora la reverenda.
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