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Brenna come Giovannino, una vita in salita ma bella!

BRENNA, WESTLAKE, ICTIOSIS
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Annalisa Teggi - pubblicato il 13/11/19
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Affetta dall‘ittiosi Arlecchino, ha superato una crisi mortale alla nascita. Oggi ha 7 anni e vive con i suoi genitori e suo fratello, testimoni di una bellezza sbocciata dove nessuno se l’aspettava.Tentiamo di addomesticare l’ignoto, quando piomba addosso senza preavviso. Dalla settimana scorsa l’insospettabile scoperta che esistesse una malattia feroce chiamata ittiosi Arlecchino ci ha trovati spiazzati, poi incuriositi, poi finirà in un cassetto impolverato della memoria. Ci ha fatto tremare, poi ce la scrolleremo di dosso. In parte l’ondata di emozioni pare già placarsi, in fondo la nostra vita è altrove. Nei giorni passati, invece, la storia di Giovannino ci ha commossi e anche, è comprensibile, spinti alla curiosità di googlare per cercare informazioni sulla terribile malattia della pelle che lo affligge. È davvero mortale? Si può sopravvivere? Che ne sarà del bimbo?

Qualche presunto specialista come il dottor Viale ha provato, a suo grande demerito, a insinuare che l’aborto nei confronti di chi ha questo tipo di malattia sarebbe un atto pietoso. Non lo è mai, certo. Ma contemporaneamente sono emerse testimonianze da diverse parti del mondo di persone che hanno convissuto o convivono con l’ittiosi; sono situazioni difficili, ma che non riempiono la vita solo di disperazione. La mortalità è alta nelle prime ore di vita, ma chi sopravvive può crescere e persino essere felice (… diciamolo al signor Viale).


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Di una di queste storie – che valgono più di mille teorie sulle presunte “vite inutili” – è protagonista una bimba dell’Illinois che si chiama Brenna e oggi ha 7 anni. Sua madre Courtney Westlake ha scritto qualche anno fa un libro intitolato Diversamente bella. Per celebrare e scoprire il bello dove non te lo saresti mai aspettato in cui racconta il trauma e poi le sfide e poi le gioie di accompagnare una figlia così fragile.

Quella Vigilia di Natale …

Courtney Westlake e suo marito Evan sono la classica coppia americana da copertina, bellissimi e sorridenti. Il loro matrimonio fu subito benedetto dall’arrivo di un figlio maschio altrettanto meraviglioso per aspetto e carattere. L’arrivo di una figlia nel 2011 era il coronamento di un sogno nel sogno. E la gravidanza fu infatti perfetta, accompagnata dalle solite domande sarà bionda? o avrà gli occhi azzurri?. L’ittiosi Arlecchino si manifestò proprio alla nascita, lasciando spiazzati i medici e sconvolti i genitori a cui non fu permesso neppure di prenderla in braccio, perché rischioso per la piccola.

Mia figlia Brenna è nata con un disordine genetico dell’epidermide chiamato ittiosi Arlecchino: significa che la sua pelle non funziona bene e si sviluppa troppo in fretta. Questa patologia rara la espone pericolosamente a molte infezioni, la rende incapace di sudare e con l’aspetto di chi è fortemente ustionato su tutto il corpo. (da Upworthy)

Al trauma emotivo di confrontarsi senza nessun preavviso con la malattia rara di una figlia, anche fisicamente molto compromessa, seguì una grave crisi della piccola. L’ipotesi di una morte precoce fu ventilata ai genitori dal personale medico, che pure era indaffarato a fare tutto il possibile. Brenna nacque in prossimità del Natale 2011 e la mamma ricorda come momento decisivo, per la storia che sarebbe venuta dopo, la notte della Vigilia, quando era quasi certo che sarebbero state le ultime ore di vita della bimba. La famiglia si riunì in una veglia notturna di instancabile preghiera:

Dio mi ha offerto se stesso, il suo amore, la sua guida. Non ho mai sentito più forte e vicina la presenza di Dio come quella notte in ospedale. Era una presenza che non ci diceva cosa fare, ma che ci donava se stesso e ci assicurava che sarebbe rimasto al nostro fianco qualunque cosa fosse successa. (da 100huntley)


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Non potrebbe esserci sintesi migliore: davanti a una prova, l’uomo non ha bisogno di una soluzione pronta, preconfezionata, veloce. Ha bisogno di una vera compagnia con cui inoltrarsi nel buio. Nessuno, neppure il cristiano ha il tagliando della gioia e serenità a priori; siamo esposti alle tempeste. Al nostro Dio spesso si chiede con tono adirato: «Perché esiste il male?». E lui ha risposto davvero quando disse: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt. 28,20). La paura genera in chi è provato il riflesso incondizionato di aggraparsi al bisogno di avere una via d’uscita veloce, ma è davvero amico solo chi ci dà la mano per stare dentro l’ombra. Il dono più grande di Dio non è quello di sottrarci momenti duri, ma di correre solerte a viverli insieme a noi: e dentro il buio c’è molto da vedere che non è inferno.

Brenna superò la crisi, è sopravvissuta. Da allora molte altre sfide hanno impegnato lei e i suoi genitori, eppure il ritratto di famiglia che ci consegnano oggi è quello di persone che hanno accresciuto la parola felicità di un senso insospettabile.

Chiedimi perché sono felice

Ho indugiato molto sul profilo Instagram di mamma Courtney. Come accade a tutti, la famiglia Westlake propone al mondo un volto social che sia simile al proprio profilo migliore, o comunque raffinato dalle pose più indecorose. Al di là di questi giustificabili filtri, Brenna appare una bambina entusiasta e piena di energia. L’intera figura del suo corpo mostra quale sia la sua ferita e battaglia quotidiana eppure c’è davvero molto altro che riempie di curiosità, avventure, risate e amicizie la sua vita. Proprio per contrasto, mi sono tornati in mente i versi celeberrimi di Metastasio:

Se a ciascun l’interno affanno
Si leggesse in fronte scritto
Quanti mai, che invidia fanno
Ci farebbero pietà!

Brenna è l’opposto di questa verità. Quasi sempre teniamo lontano dal volto quegli indizi che possono lasciare trasparire delle debolezze o delle gravi sofferenze; anche senza ricorrere a make up o plastiche, ci trucchiamo. Non lasciamo che l’apparenza rechi traccia viva dell’essenza. Ha ragione Metastasio, ma chissà che versi avrebbe dedicato a Brenna. Per malattia congenita il suo interno affanno traspare anche senza dir parola, il suo volto e il suo corpo sono a prima vista una grande fragilità, una ferita esposta e poco camuffabile.

Paradossalmente, proprio per questo, sua madre è arrivata a definirla una campionessa di inclusività e connessione umana. In fondo è facile intuire perché: la parte dei convenevoli astratti con Brenna si salta a pié pari; o si elude l’incontro del tutto oppure si va al cuore senza passare dai preliminari.

E di fronte a una persona che ti mette subito in mano, e senza ostentazione, il proprio cuore ferito anche noi siamo invitati a lasciar perdere le frasi fatte e l’interazione superficiale. Siamo disposti ad aprire le stanze più segrete di noi a chi non può nascondere la sua stanza del dolore. L’impatto con un disagio può essere vissuto come un ostacolo insuperabile, oppure, all’opposto, può essere la premessa per l’incontro più autentico possibile. È su questo secondo sentiero che la famiglia Westlake si è coraggiosamente inoltrata, passando anche attraverso giudizi pesanti e fraintendimenti. Courtney racconta che tuttora l’aspetto di sua figlia fa subito pensare alla gente, ignara della loro storia, che lei sia una di quelle madri poco premurose che espongono al sole i figli senza proteggerli. La prima impressione che fa Brenna è quella di essersi scottata.


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C’è poi l’inevitabile impatto con l’ipocrisia anche involontaria della gente che fa finta di non vedere, o si trattiene dal chiedere eppure squadra, insua e magari sparla. A tutti loro, e lo si può declinare in miriadi di altre circostanze quotidiane, è rivolta questa proposta:

Sei imbarazzato, lo capisco. Ma noi siamo genitori che cercano di fare del loro meglio, e amiamo incondizionatamente i nostri figli. E quando cercate di trattenere certi ovvi discorsi di fronte a noi, sembra proprio che vi stiate nascondendo dalla nostra famiglia. Il piccolo salto tra noi e voi diventa un burrone che nessuno vuole più attraversare. Cosa desidero? Voglio che la conversazione con me, mio marito e i miei figli sia assolutamente libera; che sia una conversazione con noi, non su di noi. – Courtney Westlake

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