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Angelina, le nostre cicatrici impresentabili le guarisce solo Dio

Angelina Jolie
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Giovanna Binci - pubblicato il 13/11/19
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Oltre che un personaggio dalla condotta spesso discutibile (pensiamo solo al “totale supporto” offerto alla figlia Shiloh nella sua ricerca di identità sessuale!), la Jolie è una donna bellissima (e un’anima degna di salvezza). Come tale compare sulle pagine dei magazine esibendo tutte o quasi le sue cicatrici. Una riflessione su quali siano invece le ferite di cui vergognarsi in modo salutare per rivolgersi al solo Medico che le possa guarire. E non è un chirurgo plastico.Lei è bellissima. E che altro vuoi dire? Una delle più belle e affascinanti di Hollywood per me (e lo dico anche se sono donna e di fronte a mio marito negherò fino alla morte sostenendo che, in fondo, una così, puoi trovarla che cammina al mercato del pesce, solo che non la noteresti perché non si chiama Angelina).

A quarantaquattro anni Angelina Jolie posa senza veli (o meglio con un solo velo di tulle trasparente) sulla copertina di un noto magazine mettendo “a nudo” cicatrici “visibili e invisibili”. Bella da togliere il fiato (…e, ammetto, anche le speranze!). Però, concedimi di dire pure, Angelina cara, che se le esibisci così, ‘ste cicatrici fisiche, è perché non ti sei dovuta mai rivolgere al medico della mutua, che se vedi cosa mi hanno lasciato un taglio da appendicite e due nei rimossi, non è esattamente lo stesso lavoro di fino “da prima pagina” che hai tu. Comunque fai bene ad andare fiera del tuo corpo, alla tua età, ma pure dei chirurghi che puoi permetterti. E in ogni caso, l’importante è la salute (remind per me).

A quarantaquattro anni, come ci ricorda, sono le cicatrici interiori a fare ancora male. E come si rimarginano, Angelina? Nemmeno tu, che puoi avere il meglio, sei immune da questo processo. Che poi oggi il mondo ci vuole fiere ad ogni costo, vuole donne forti che non devono guardarsi indietro (o dentro), che non hanno bisogno della fragilità se non per affermarsi, e credo che, oggi più che mai, per guarire davvero da certe cicatrici, dovremmo recuperare la consapevolezza e il coraggio vero di guardarle per quello che sono: errori (leggi “errori”, non “errori-che-mi-sono-serviti-di-cui-vado-fiera-che-rifarei”). 

Ma oggi la parola errore non va troppo di moda. Non in copertina, per lo meno. Oggi se sbagli è perché “ti è servito”, quasi “perché lo hai voluto”. Se sei fragile, va bene, ma non troppo: non te lo hanno detto che le bambine non piangono? Nessuno fa errori, quelli vecchio stile, di cui vergognarsi, quelli per cui senti sempre qualcosa che brucia a ripensarci.



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Oggi gli errori vanno bene se diventano cicatrici da esibire, segni della nostra forza, non ricordo della debolezza. Oggi va bene sbagliare, nessuno ti giudica, tutti sbagliano e poi è proprio il concetto di “giusto” e “sbagliato” a essere fuori moda. Molto meglio parlare di “sentire”, che so, di “esperienza” o di “percezione soggettiva”. Ecco, così fa meno “errore”. O “orrore”.

Vanno bene gli errori se li superiamo salvandoci da soli e quindi siamo fieri dei segni che lasciano, perché sembra che solo così possiamo dargli un senso vero, solo archiviando gli sbagli come “qualcosa che serviva per essere quello che sono”. Necessari, insomma.

Perché nessuno oggi è imperfetto, non solo Angelina. Nessuno sbaglia sul serio. E se è vero che dagli errori c’è sempre da imparare, se è vero che si cambia e si cresce anche grazie a loro, credo sia altrettanto vero che sarebbe stato meglio non farli per niente. Prendere la strada più lunga e meno comoda, magari, oppure diffidare del nostro ego che urla “devi farlo per te stessa, lo meriti”. E non so voi, ma la maggior parte dei miei errori è iniziata proprio lì. Perché oggi, ci dicono che dobbiamo salvarci da soli da questa vita complicata, che se non pensiamo noi a noi stessi, nessuno lo farà. Allora non c’è errore, ma un io che urla, anche di fronte all’evidenza di una caduta.

Mentre le debolezze fanno parte di noi, anche di una inarrivabile come Angelina Jolie. Questo non va nascosto o negato, ma ricordiamoci di non svuotarlo del suo senso: non si può andare fieri degli sbagli. Si può solo andare avanti e sperare di non cadere di nuovo. Dovremmo guardare a un errore per quello che è, non per quello che vorremmo fosse, e conosco solo una Persona che li ha guardati davvero, i nostri sbagli. Quelli grandi e quelli piccoli, quelli indicibili, quelli che ancora sono ferite aperte.



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Finché non riusciamo a guardarli coi Suoi occhi di amore, finché non ci perdoniamo, finché non accettiamo con umiltà che abbiamo sbagliato e no, non serviva davvero, fin quando non abbandoniamo la fierezza e l’ego, non saremo mai salvi dai nostri errori. Soprattutto, non saremo mai in grado di mostrarli davvero, per la grazia che ci hanno dato: quella di Qualcuno che ci ha amato così tanto da prendere su di sé un fardello da cui, da soli, non potevamo né possiamo salvarci.

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