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Corte europea si oppone alla deportazione di un afghano convertito al cristianesimo

AFGHANISTAN
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John Burger - pubblicato il 08/11/19
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La vita del rifugiato sarebbe in pericolo se la Svizzera decidesse di rimandarlo in patriaUn musulmano dell’Afghanistan convertitosi al cristianesimo sarebbe in grave pericolo se dovesse tornare nel suo Paese, ha stabilito la Corte Europea per i Diritti Umani, che si è espressa a favore del cittadino afghano, che ha chiesto asilo in Svizzera ed è a rischio deportazione.

Se tornasse in Afghanistan, l’uomo subirebbe una grave persecuzione, ha affermato ADF International, intervenuta nel caso A.A. v. Svizzera. La conversione dall’islam a un’altra religione viene considerata apostasia e può essere punita in qualsiasi modo, da una lunga carcerazione alla morte, ha affermato l’organizzazione per i diritti umani.

“Nessuno dovrebbe essere perseguitato a causa della sua fede”, ha affermato Robert Clarke, direttore del Patrocinio Europeo di ADF International. “La nostra società ha la responsabilità di difendere chi affronta tortura, prigione o morte per via delle sue convinzioni religiose. L’Afghanistan è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i cristiani, e in particolare per i convertiti. L’intervento internazionale ha cercato di sottolineare le gravi violazioni dei diritti umani in Afghanistan nei confronti delle minoranze religiose, e soprattutto la diffusa persecuzione contro i cristiani. Accogliamo questa importante decisione della Corte Europea per i Diritti Umani, affermando che i cristiani non dovrebbero aver bisogno di nascondere la propria fede per evitare la persecuzione”.

ADF ha spiegato che la Costituzione afghana difende la libertà religiosa in generale, ma definisce anche l’islam religione di Stato e proibisce l’applicazione di qualsiasi legge che contraddica le convinzioni islamiche. Ciò, ha affermato l’organizzazione in una dichiarazione, crea un sistema legale parallelo basato sulla legge sunnita, applicata dai cosiddetti tribunali jirga. Crimini come l’apostasia, la blasfemia, le scritte o i discorsi anti-islamici e il proselitismo sono considerati gravi e punibili con la decapitazione per gli uomini, la prigione a vita per le donne, confisca di proprietà e limiti a livello ereditario.

“Oggi i giudici della Corte di Strasburgo ha sostenuto che il richiedente (identificato solo come ‘A.A.’) sarebbe costretto a nascondere la sua fede cristiana e sarebbe ‘costretto a vivere una bugia’ se dovesse essere deportato in Afghanistan dalle autorità svizzere”, ha affermato Lorcán Price, Consulente Legale di ADF International a Strasburgo.

“La Corte ha criticato le autorità svizzere e il loro fallimento nel gestire in modo adeguato una valutazione dei rischi e delle conseguenze di deportare un convertito al cristianesimo in Afghanistan, e ha concluso che infrangeva i doveri della Svizzera di difendere gli individui dalla tortura in base alla Convenzione Europea per i Diritti Umani”.

“Siamo lieti che la Corte di Strasburgo abbia usato questo caso per sostenere il diritto dei cristiani di professare apertamente la loro fede senza affrontare la minaccia di violenza fisica, prigione e perfino la pena di morte. La Svizzera, e ogni altro Stato che aderisce alla Convenzione Europea per i Diritti Umani, ha il dovere a livello di diritto internazionale di difendere chi fugge dalla persecuzione religiosa”, ha dichiarato Price.

ADF ha affermato che il diritto internazionale protegge i rifugiati dal tornare in territori in cui la loro vita potrebbe essere in pericolo. Nel suo Rapporto sulla Libertà Religiosa, il Dipartimento di Stato statunitense ha riferito che gli individui che si convertono dall’islam affrontano l’annullamento del loro matrimonio, il rifiuto da parte di famiglie e comunità, la perdita dell’impiego nonché la pena di morte.

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