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Se ingrassi ti sposo. L’orribile pratica del gavage, tornata in auge in Mauritania

MAURITANIAN WOMEN
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Paola Belletti - pubblicato il 28/10/19
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Non si tratta di un semplice “ideale di bellezza” diverso dal nostro (e anche noi ne abbiamo di disfunzionali, non c’è che dire), ma di una vera tortura cui vengono sottoposte le bambine dalle stesse madri o alla quale le stesse ragazzine si consegnano, convinte dal costume della loro società che se non diventano sostanzialmente obese nessuno le vorrà in moglie.I modi nei quali la donna viene offesa e umiliata nella sua dignità, passando per il suo corpo, sono davvero tanti e tragicamente fantasiosi. Dallo sterminio pre nascita proprio in quanto identificata come femmina, alla prostituzione infantile accompagnata da trattamenti ormonali impropri, dall’eliminazione dell’utero per evitare i “disagi” mestruali che rallenterebbero il lavoro, fino alla diametralmente opposta vendita della gestazione come moderna e atroce forma di schiavitù; tutti “protocolli” diffusi soprattutto in India e dintorni ma con spaventose analogie occidentali. In questa parte di mondo la donna è più gentilmente invitata o a liberarsi degli impicci della femminilità quando questa significhi maternità o ad impugnarla come potere da esercitare contro l’uomo concepito come classe alla quale opporsi secondo uno schema sostanzialmente ancora marxista.

E se in tante periferie del mondo la gestazione per altri è un business gestito come le altre fabbriche che delocalizzano la produzione pensata in occidente, da noi assomiglia ad una sorta di prestazione professionale che il singolo, titolare di tutte le libertà compresa quella di vendersi, può offrire al mercato. In entrambi i contesti la donna e il bambino sono vittime di un sistema che li vuole mezzo di produzione e oggetto di soddisfazione.


African woman crying
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Tornando col pensiero all’Africa non possiamo dimenticare, anche se lo vorremmo tanto, le brutali mutilazioni genitali di bambine piccole che spesso si accompagnano alla loro morte, e sempre a dolori perenni; lo scopo di tali abusi è che non provino piacere, in futuro, durante i rapporti sessuali.

Messa al bando delle mutilazioni femminili in Sudan. Un passo importante ma il campionario delle mutilazioni e mortificazioni del corpo femminile resta ampio

E’ del 30 aprile scorso la notizia che il governo del Sudan ha messo ufficialmente al bando queste orribili pratiche, dichiarandole perseguibili penalmente e punibili con un massimo di tre anni di carcere. Come nel caso del gavage, sebbene con una misura di sofferenza più severa e irrimediabile, anche queste pratiche intervengono sul corpo della donna (spesso ancora bambina o poco più) per renderlo appetibile secondo i canoni culturali imposti dalla società.

Anche nelle nostre società occidentali e tutte orientate all’emancipazione femminile il corpo delle donne è da sempre sottoposto a richieste o veri e propri diktat. Ma non c’è paragone con lo spazio di libertà che a noi è concesso, proprio grazie agli esiti della cristianizzazione che ha messo la persona al centro, che ha per prima liberata e riabilitata la donna per quanto il cammino sia lungo e oggi particolarmente e aggressivamente minacciato.

Racconta la regista, Michela Occhipinti, che per quanto riguarda la Mauritania, paese tristemente leader per la diffusione di questa pratica,

“È difficile avere dati perché quello della Mauritania è un popolo che nasce nomade. La stessa capitale Nouakchott esiste appena da 65 anni. In città almeno il 20 per cento pratica il gavage, ma nei villaggi la pratica è più diffusa. Poi, bisogna tener conto che esistono diverse forme di gavage. A quello tradizionale, si è aggiunto quello più moderno con le pillole per ingrassare. Partecipare a un wengala, così come vengono chiamate queste merende collettive tra le donne che devono prendere peso, è diventato un canone estetico. Si assiste a questa incredibile commistione di vecchio e nuovo, di tradizione e modernità: ci sono donne che lavorano, che studiano, che hanno lo smartphone e che hanno accesso a questi modelli estetici. È una società molto variegata”

 

Il campionario è lungo, e questo di sicuro è incompleto, purtroppo. Dovremmo nominare anche i rapimenti e gli stupri con conseguente obbligo di conversione in molte terre a maggioranza musulmana dove la minoranza cristiana vede proprio nelle donne le vittime predilette. O alla più famosa usanza delle spose bambine (tante muoiono per i rapporti sessuali che per i loro corpicini immaturi si rivelano troppo violenti, altrettante muoiono di parto, anche’esso troppo precoce per un fisico non ancora completamente maturo). Ma ne esistono altre e una di queste consiste nell’imporre il rapido e consistente accumulo di grasso nel proprio corpo, a prezzo di continui pasti squilibrati e ipercalorici, a rischio della propria salute e con una sicura umiliazione, imposta proprio da chi dovrebbe custodirci, i familiari più stretti.

Siamo sempre nel continente africano, ma andiamo ora in una terra particolare ancora dominata dalla schiavitù sebbene sia stata bandita, vietata, sanzionata ma a quanto pare rimasta ancora inestirpabile: la Mauritania. In questa terra che confina con l’Oceano Atlantico e si inoltra per il Sahara, dove si passano il testimone nord Africa e Africa Nera, le donne ancora bambine sono sottoposte a forza all’ingrasso o sedotte alla ratio di questo sistema perché convinte che sia l’unica via per essere belle e desiderabili.

Il gavage: in Mauritania bambine messe all’ingrasso per trovare marito

A portare all’attenzione del pubblico italiano questo fenomeno è stato principalmente un film, per la regia di Michela Occhipinti: “Flesh Out – Il corpo della sposa”, suo primo lungometraggio, prodotto da Vivo film con Rai Cinema e distribuito da Lucky Red, è stato presentato in anteprima mondiale alla Berlinale (7-17 febbraio 2019), nella sezione Panorama.

 

https://youtu.be/GnOH8ZOjFCA

 

La protagonista è Verida, ragazza moderna che fa l’estetista usa Facebook e Instagram, esce con le amiche.

Fino a che la famiglia non sceglie per lei un marito: “non è grassa”, dirà lui; Il che equivale a dire che non è bella. Non ancora, penseranno i suoi, e così inizia il suo calvario gastrico per diventare obesa e ancora di più per essere ciò che la sua società pretende che sia.

Non seguiremo del tutto il film nella sua lettura del fenomeno che forse diventa un pretesto ma inquadriamo il fenomeno che continua a perpetuarsi a danno di tante giovani con il rischio altissimo di morti premature per tutte le patologie connesse all’obesità.

Se sei grasso significa che non lavori, altri lo stanno facendo per te

Da secoli in Mauritania i Mauri neri, popolazione autoctona, vivono come schiavi delle popolazioni arabe; l’islamizzazione ebbe inizio nel IX secolo e da allora si è innestata nella cultura del paese e sembra ancora inestirpabile.

Nel XX secolo fu abolita ben tre volte:

nel 1905 dai francesi, nel 1965 dalla costituzione e infine nel 1981; nonostante ciò, tale istituto permane sotto diverse forme ancora oggi: basti pensare che solo nell’agosto del 2007 la schiavitù è stata ufficialmente “criminalizzata”. (Wikipedia)

Gli schiavi generano altri schiavi: la schiavitù si trasmette come un gene e il bene degli schiavi, per un padrone, passa in eredità. Se hai tanti schiavi puoi far svolgere ad altri il tuo lavoro e puoi oziare. Compagno inevitabile dell’ozio e quindi sicuro indizio di ricchezza è la pinguedine. Se sei grasso, allora significa che sei ricco.

Il concetto è molto semplice: una ragazza magra testimonia la miseria in cui è stata costretta a vivere e non troverebbe mai marito. Una grassa, invece, testimonia l’opulenza della famiglia da cui proviene. E secondo un proverbio mauritano, che diventa drammatica realtà, “una donna occupa nel cuore del marito il posto che occupa nel letto”.

Un fenomeno che ha subito nel decennio scorso una battuta d’arresto, oggi – anche se solo nelle aree rurali del paese – sta riprendendo vigore. Mentre nella capitale Nouakchott sta diminuendo. Proprio in queste zone esistono “fattorie per l’ingrasso”, veri e propri allevamenti di ragazze grasse. (…) Questa è la piaga del leblouh (nutrizione forzata), una tradizione custodita dalle anziane che portano le ragazze ad ingrassare fino a 100 chilogrammi nel giro di pochi mesi. Le ragazzine escono da questi “allevamenti” giusto in tempo per sposarsi. E quindi, addio scuola, educazione, sogni (AGI).

Questa usanza si abbina tristemente e coerentemente proprio con il costume delle spose bambine: l’ingrasso forzato inizia intorno ai sei anni di età e quando il trattamento ha raggiunto l’obiettivo e possono considerarsi da marito sono delle ragazzine, da noi avrebbero il problema di quale scuola scegliere e se continuare o meno a fare pallavolo.

Oggi in Mauritania il 20% delle bambine viene alimentata forzatamente, mentre altre lo fanno spontaneamente. E la morte prematura è dietro l’angolo. Non sono rari i decessi per infarto, malattie cardiovascolari, disfunzioni renali o diabete.

La pratica del gavage è brutale e alla dieta ipercalorica e ad ingestione continua vengono associati persino farmaci. Veterinari!

La dieta giornaliera: 2 chilogrammi di miglio mescolato a due tazze di burro e 20 litri di latte di cammella.  E se questa non fosse sufficiente, si aggiungo ormoni utilizzati in veterinaria (Ibidem).

Come in India a Pakistan ad esempio l’aborto selettivo è più diffuso in zone rurali e arretrate ed è proprio in quei villaggi che sono distribuiti ecografi portatili in una trista combinazione di arretratezza e accesso a mezzi tecnologicamente piuttosto avanzati, così avviene in Mauritania dove per perseguire uno scopo barbaro che offende le bambine e le priva di una crescita sana e rispettosa della loro natura si ottiene il soccorso di farmaci a destinazione animale.


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Se potessimo liberarlo di tutte le impurità ideologiche, dell’abuso ideologico che ne è stato fatto, dei silenzi colpevoli che ha coperto sotto montagne di tweet a indignazione intermittente è proprio questo il caso, insieme a tanti altri, in cui le donne dovrebbero sentire il bisogno di difendersi l’una l’altra e di gridare me too! Nel senso che anche io sono con te, anche io sono donna e difendo e onoro in te la bellezza del tuo corpo, la dignità della tua persona, l’inviolabilità del tuo valore. Augurandoti di trovare proprio negli uomini, che abbiano anch’essi ritrovato la dignità e l’altezza del loro compito fatto anche di forza, gli alleati più forti.

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