I costanti riferimenti religiosi dei supereroidi Giuseppe Marino
Un bimbo in fasce viene affidato al destino dai genitori preoccupati per la sua vita, messo in una navicella alla deriva con la speranza straziante che qualcuno possa trovarlo e amarlo. Sarà salvato e accudito. E crescerà lottando contro l’oppressione, fino a salvare migliaia di persone grazie a gesta sovrumane. È, in sintesi, l’antica storia di Mosè narrata nel libro dell’Esodo. Ma anche quella di Superman, il primo supereroe della storia del fumetto. Gli autori, Jerry Siegel e Joe Shuster, appartenevano entrambi a famiglie di profughi ebrei scampati ai pogrom in Russia. La storia della fuga e quella di un’identità nascosta, come scrive Jerry Ostroff sul magazine «Broadview», era chiaramente ispirata sia a quanto i due autori avevano vissuto che alla tradizione religiosa. Perfino il nome dato a Superman dai suoi veri genitori, Kal El, tradisce l’ispirazione ebraica.
Nella patria dei supereroi, gli Stati Uniti, da qualche anno fioriscono case editrici specializzate nella pubblicazione di fumetti a tema religioso, come Kingston Comics e Zondervan, il cui intento è esplicitamente quello di usare la forza narrativa delle «nuvole parlanti» per invitare il lettore alla riflessione su temi legati alla fede.
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Ma il caso di Superman è solo una delle prove di quanto profondamente i fumetti di supereroi abbiano tratto ispirazione dalla sfera religiosa. Jack Kirby, il cui vero nome era Jacob Kurtzberg, creatore di classici come Capitan America e i Fantastici 4, lo disse esplicitamente: «Sotto l’apparente sofisticazione dei fumetti moderni, i colpi di scena e il dramma psicologico, il bene trionfa sul male. Ed è quel che, da bambino, ho imparato dai miei genitori e dalla Bibbia».
Oggi quelle storie sono diventata un’infinita riserva di creatività, ispirando anche quella filmografia “supereroica” che pare una delle poche ancora capace di riempire i cinema, sebbene con una qualità della trasposizione dal fumetto non sempre all’altezza. La travagliata storia del Novecento, ha fatto sì che ci volessero decenni prima che certi riferimenti divenissero espliciti nelle pagine amate da milioni di adolescenti in tutto il mondo. Eppure, oggi c’è una casistica sterminata.
Basta chiedere a Preston Hunter, fondatore di un singolare sito internet, ComicBookReligion.com, capace di realizzare uno scrupoloso censimento sia dei fumetti in cui compare la tematica religiosa, sia della fede, esplicitata o desunta, dei supereroi più popolari: «Ci sono migliaia di libri a fumetti che rappresentano dozzine di religioni di tutto il mondo», spiega nel suo sito. E l’archivio è impressionante: gli eroi di fede ebraica sono oltre cento e più o meno altrettanti i cattolici. Ma è censito ogni tipo di credo: buddisti (Green Arrow), protestanti (Capitan America), episcopali (la Donna invisibile dei Fantastici 4), ortodossi (la russa Vedova nera) e perfino un ateo comunista, il Colosso degli X Men.
Al primo posto c’è ovviamente Superman, il cui alter ego dissimula anche la fede dei suoi creatori: Clark Kent è un cristiano metodista praticante che spesso chiede consiglio al pastore della chiesa che frequentava da ragazzo nella cittadina di Smallville. Benjamin Grimm, la Cosa dei Fantastici 4, solo a partire dal 1979 vivrà allo scoperto la fede ebraica e, quasi a ricongiungersi alla sua vera identità, in una storia celebrerà anche un Bar Mitzvah in età adulta. Tra i cattolici, spicca la figura di Daredevil, l’avvocato che in un incidente perderà la vista ma acquisirà i suoi poteri: un personaggio tormentato e complesso, ma che non rinuncerà mai al suo credo. Ancor più esplicita è la devozione di Kurt Wagner detto “Nightcrawler”, uno degli X-Men, dotato del potere del teletrasporto, che si strugge nel contrasto tra il suo aspetto demoniaco e un animo mite e gentile, accompagnato a una fede incrollabile, tale da impedirgli in battaglia di togliere la vita ai nemici. Più contrastate le convinzioni religiose di Batman, che si rivela cattolico, ma in storie recenti attraversa una crisi di coscienza.
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Negli ultimi anni, inoltre, i fumetti sono diventati anche strumento per indagare il rapporto tra Occidente e Islam. Non solo con esperimenti pionieristici come la riedizione di Kismet, il primo eroe musulmano, pubblicato per la prima volta nel 1944, ma anche con una serie regolare come «Ms. Marvel», supereroina pachistano-americana, il cui rapporto con la fede è un elemento centrale dell’intreccio narrativo.
Storie per ragazzi, si può legittimamente pensare. Ma così potentemente archetipiche da andare al nucleo dei temi che sono alla base delle nostre più profonde domande sul divino: il senso da dare all’esistenza, i limiti dell’essere umano e il confine con l’ultraterreno. E il più sacro di tutti: l’eterna lotta tra il bene e il male nel campo di battaglia dell’anima. Ma se Cristo è Kenosis, il divino che “si abbassa” e si fa uomo, il supereroe invece è umano, e rappresenta, attraverso i superpoteri, la nostra aspirazione a elevarci. Il rischio consiste nel non vivere tali extra-ordinarie facoltà come doni ricevuti da mettere al servizio del prossimo, ma usarle invece come occasione di «dare la scalata al cielo», di farsi cioè Dio: perché, come impara l’Uomo ragno nella prima puntata della sua storia, «da un grande potere derivano grandi responsabilità».