La pellicola nei cinema dal 17 ottobre racconta gli abusi di un prete della diocesi di Lione e il processo che vede implicato anche il cardinale Barbarin, suo superiore
Una voce in controtendenza nella Chiesa sul film “Grazie a Dio“. La pellicola del regista François Ozon, dal 17 ottobre nei cinema di tutta Italia, è stata recensita, ma senza nessuna condanna preconcetta, su Famiglia Cristiana (17 ottobre). da monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello spettacolo (la fondazione della Conferenza Episcopale Italiana, impegnata nella diffusione, promozione e valorizzazione della cultura cinematografica in Italia).
Il film racconta la vicenda di un prete pedofilo, Padre Preynat-Barbarin, nella diocesi di Lione, che ha suscitato scandalo in Francia, anche per le coperture di cui ha goduto all’interno della Chiesa.
“Fragilità umana, non pedofilia”
«Non volevo fare un film sul cattolicesimo e sulla pedofilia, ma piuttosto sulla fragilita’ maschile. Una cosa che si vede poco al cinema» ha detto il regista.
Protagonista del film – che ha vinto il premio della Giuria al Festival di Berlino – e’ Alexandre (Melvil Poupaud) che un giorno scopre come padre Preynat (Bernard Verley), il prete che lo ha molestato durante l’infanzia, e’ tornato a dir messa nella regione di Lione. Una cosa assurda perche’ Alexandre, oltre ad essere una vittima, e’ anche un padre e non accetta che il sacerdote possa avere ancora contatti con altri bambini.
La storia di Preynat e Barbarin
Considerato che la Chiesa si rifiuta di sanzionare Preynat, grazie anche alla copertura dal cardinale Barbarin (Francois Marthouret), Alexandre e’ pronto ad agire per conto suo, e poi insieme ad alcuni amici di vecchia data ed ex vittime, Francois (Denis Me’nochet) ed Emmanuel (Swann Arlaud).
Iniziano cosi’ le denunce alla giustizia ordinaria, anche se nella maggior parte dei casi i reati sono andati in prescrizione. Lentamente le vittime degli abusi escono allo scoperto e prendono coraggio, anche grazie alla costituzione di un’associazione che raccoglie le testimonianze degli abusi, e cosi’ la battaglia all’omerta’ ecclesiastica prende forza fino a trovare giustizia (Ansa, 17 ottobre).
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La situazione attuale
Questa la situazione giudiziaria ad oggi. Preynat e’ stato costretto dalla Chiesa alle dimissioni dello stato clericale, ma e’ ancora sotto processo per la giustizia ordinaria, mentre il cardinale Barbarin, colpevole di “omessa denuncia di maltrattamenti” in primo grado, ha presentato le sue dimissioni a Papa Francesco che le ha pero’ rifiutate.
«Cosciente tuttavia delle difficoltà che vive in questo momento l’arcidiocesi, il Santo Padre – affermava la Sala Stampa Vaticana – ha lasciato il cardinale Barbarin libero di prendere la decisione migliore per la diocesi e il cardinale Barbarin ha deciso di ritirarsi per un periodo di tempo e di chiedere al padre Yves Baumgarten, vicario generale, di assumere la guida della diocesi. La Santa Sede tiene a ribadire la sua vicinanza alle vittime di abusi, ai fedeli dell’arcidiocesi di Lione e di tutta la Chiesa di Francia che vivono un momento particolarmente doloroso» (Aleteia, 19 marzo).
Il processo sta andando avanti e la difesa di Barbarin ha presentato ricorso contro la sentenza del 7 marzo, che aveva condannato il porporato a sei mesi per aver insabbiato gli abusi: il processo è molto controverso, e l’esito è tutt’altro che scontato.
Il limite del film
Scrive Monsignor Milani: «Il film mostra la nascita e l’azione dell’associazione La Parole Libèrèe, che ha dato coraggio agli abusati per accusare Preynat, ritrovare dignità, ricostruire l’entità dei reati, costringere la Chiesa a prendere provvedimenti».
«Il limite – prosegue Milani – è che si ferma qui, quando la vicenda non era chiusa e in questo modo altri fatti avvenuti dopo non vengono presi in considerazione».
“Approccio originale”
E aggiunge: «Il tema non è nuovo, ma l’approccio è talmente originale da raccomandarne la visione: per capire come sia altrettanto colpevole non considerare le conseguenze di questi reati sulle vittime e archiviare un abuso sessuale come effetto collaterale della malattia di un reo confesso».
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