Un anno fa era pronta a partire in quarta con le battaglie del #metoo, oggi confessa il bisogno di lasciare da parte gli impegni ufficiali e vivere con Harry un momento di cura esclusiva al figlio. Ha fatto un salto da Hollywood a Buckingham Palace, ci sarebbe solo da sorridere e leccarsi i gomiti. Lo pensiamo un po’ tutti. E poi tutte quelle spese pazze per voli privati e guardaroba da urlo. Sfacciata, verrebbe da dirle. Il confronto incessante tra lei e Kate, i battibecchi poco regali di un mondo distante milla miglia dalla realtà.
Fatta la doverosa tara sulle nostre stizze istintive quando sulla breccia delle news c’è un VIP che espone lacrime e non sorrisi, eccoci a fare i conti con le ultime dichiarazioni di Meghan Markle sul lato meno fotogenico della sua vita. È diventata mamma del piccolo Archie da 5 mesi e sta vivendo appieno il colpo intenso che è ospitare una voce nuova nella propria vita, dipendere da una creatura che dipende da te. Anche in questo caso potremmo limitarci a fare spallucce e battutine sarcastiche sull’esperienza deluxe della sua maternità, che immaginiamo piena di tate plurilaureate e assistenti personali e premure di ogni tipo. Però, come ricordai già al tempo delle nozze con il principe Harry, per fortuna ancora nessuno è in grado di leggere nei cuori ed emettere sentenze su un’anima.
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Vero è che nell’ultima intervista rilasciata a Tom Bradby la duchessa Meghan contraddice il suo piano di battaglia da reginetta del #metoo.
Senza copione, senza corona
La voce fuoricampo del giornalista di ITV le chiede: «Non so quale sia l’impatto mentale e fisico di tutta la pressione a cui lei è sottoposta …» e Meghan non ha la risposta pronta, sfoggia un sorriso che cede alle lacrime. Vuole dire che non sta bene, che è fragile ma probabilmente pensa già a tutte le obiezioni che può ricevere questa sua dichiarazione (del tipo: se tu sei una che soffre cosa dovrebbero dire le altre donne?) e allora comincia già giustificandosi:
Ogni donna è vulnerabile, specialmente quando è incinta e questo rende il percorso gravoso. E poi quando arriva un neonato, lo sai no? (da The Royal Family Channel)
Titubante, si ferma. Può essere credibile una come lei che ci mostra tutto il cataclisma di fragilità che arriva nei primi mesi della maternità? Lo è senz’altro più di quando dall’alto delle piattaforme mediatiche mostrava il volto perfetto dell’orgoglio femminile come portabandiera del movimento #metoo. Solo l’anno scorso aveva infranto ogni protocollo regale di corte dichiarando che non vedeva l’ora di mettersi al lavoro per i diritti delle donne, voleva partire in quarta. I copioni già scritti di certe campagne ideologiche che hanno più fumo teorico che carne sono saltati; è più stentato parlare di qualcosa di autentico che porta lo sguardo sulle ferite inaspettate.
È qualcosa di molto reale sostenere il peso di tutto dietro la facciata.
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Sintetica, ma chiara. Per quanto agiata e lanciata sulle corsie preferenziali del successo una vita possa essere, a ciascuno tocca fare i conti con il tessuto vivo dell’essere. Di recente lo ha proprio testimoniato Matteo Marzotto. Una domanda semplice quale: «Come stai?» è quello di cui la duchessa del Sussex ha sentito la mancanza, ringrazia il giornalista Tom Bradby per averle chiesto ciò che molti attorno a lei hanno evitato. E anche questo è un tassello di verità molto alla mano, chi di noi non avverte che è difficile sentirsi chiedere con reale interesse e preoccupazione la domanda più semplice di tutte? «Come stai?» diventa un intercalare scialbo quanto «cordiali saluti» alla fine di una mail di lavoro.
A dover guidare Meghan Markle a dire quello che lei in prima battuta non dichiara è ancora una volta il giornalista, che la invita con queste parole: «Sarebbe giusto dire che non è tutto a posto? Che è una battaglia?». La risposta di lei è: sì. Questo monosillabo può significare molte cose assertive, in questo caso è cedere all’evidenza che gli stereotipi femminili e femministi si fanno benedettamente da parte per lasciare il posto alla verità affaticata e fragile di una madre.
Meno hashtag, meno comparse
Immediatamente l’eco delle parole di Meghan Markle ha fatto il giro del mondo, diventando così una notizia dal trend in crescita e lascinadosi alle spalle quel barlume di umanità vera che ne trapelava. Nonostante non ne sentissimo affatto il bisogno è esploso l’ hashtag #weloveyoumeghan per sostenere la duchessa. A quanto pare, è questo è invece molto più sensato, la coppia reale si prenderà una tregua di 6 settimane dagli impegni ufficiali: l’idea è vivere appieno l’essere genitori, insieme e lontano dall’etichetta di corte, dalle luce della ribalta. Di recente anche il principe Harry ha rilasciato dichiarazioni molto poco formali sulla gioia destabilizzante di essere diventato papà.
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Percepire il tentativo anche molto soft di sbottonarsi il doppio petto, di lasciar trapelare qualcosa di intimo è un indizio. Ma non è un indizio per noi lettori o spettatori, lo è per loro. Quel che vale per i genitori normalissimi alla periferia di Catanzaro o Cremona vale anche per le più blasonate famiglie reali: lì dove l’io va in crisi c’è un’occasione. L’hastag virale non solo è inutile ma è anche fuoriviante. A Meghan vorremo dire: prendi sul serio quel che ti sussurra l’inadeguatezza che ti è piombata addosso da madre.
Lo diremmo a lei, perché ciascuna di noi lo dice a se stessa. Il contraccolpo che genericamente si definisce depressione, e che può avere mille risvolti, è un ponte da attraversare e non porta fuori strada. Proprio lì, dove si innescano domande poco presentabili sulla propria fiducia e sulla fatica, c’è Qualcuno che chiama. Si può passare una vita intera a elargire sorrisi e sfoggiare bugie, raccontandosi che la parte migliore di noi è la facciata intraprendente, all’altezza, volitiva. Poi c’è la proposta allegra e paradossale di essere servi inutili: quella che si declina anche nella giornata complicata eppure sensata di una mamma che si ritrova un cumulo di vestiti sporchi nella cesta che aveva trionfalmente svuotato e lavato la mattina. Forse Meghan non farà mai il bucato, d’accordo. Ma anche nel suo palazzo ci sarà bisogno di stanze intime e vive dove famiglia significa struccarsi, essere e basta.