Un percorso umano scandito da successi imprenditoriali e fama, eppure segnato anche da un grande vuoto di senso. Matteo Marzotto racconta il suo incontro con la fede e con Chiara Amirante, di quando le curve della vita sono diventate Dio-incidenze.Si aspettava, Bruno Vespa, di imbastire una puntata dedicata a qualche nuova avvenente fidanzata dello scapolo d’oro italiano. Invece Matteo Marzotto gli ha parlato di una donna straordinaria: la Madonna. Ospite di Porta a porta lo scorso 1 ottobre, l’imprenditore vicentino figlio dell’eccentrica Marta ha mandato all’aria il copione che lo vuole bello, ricco e tombeur de femmes. Sul maxischermo dello studio televisivo campeggiava il titolo: da scapolo d’oro alla fede scoperta a Medjugorje. Il racconto di Matteo Marzotto ha battuto, insistentemente, su due parole: dotazione e Dio-incidenze; descrivono un cammino spirituale cominciato più di dieci anni fa e approdato nel 2011 sul sentiero della fede, quella che fa scarpinare e sudare anche gli amministratori delegati.
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Turista spirituale fai da te
Dotazione, dunque, è un vocabolo tecnico che a Matteo Marzotto piace ripetere, forse è la sua tempra da sportivo a suggerirglielo. È quello con cui si parte, che sia lo zaino in spalla prima di ogni camminata, o il corredo tecnico di ogni vettura; la dotazione è un po’ anche la dote, ciò che si riceve in dono. Si stenterebbe a credere che un uomo di successo come lui dichiari ripetutamente una mancanza di dotazione; invece la sua affermazione è assolutamente autentica perché l’educazione dell’anima non si basa su criteri di censo, curriculum strepitosi e amori da copertina. A quale mancanza si riferisca, lo aveva spiegato nel 2016 ospite all’inaugurazione di Cittadella Cielo (un progetto della comunità Nuovi Orizzonti):
Ho sempre creduto in Dio, in un Dio, ma non avevo quegli elementi di base per poter affrontare dentro di me il cammino spirituale. (da Nuovi Orizzonti)
Si parla della fede di Matteo Marzotto in questi giorni, all’indomani della chiacchierata nel salotto di Vespa, ma in realtà il suo cammino spirituale è un’esperienza umana che da tempo occupa spazio nel suo intimo. L’educazione liberale ricevuta dalla famiglia gli ha senz’altro permesso di coltivare molti talenti, ma proprio in quanto liberale non gli ha dato quelle linee guida (ecco la dotazione!) su come stare di fronte alle domande profonde dell’esistere. E qui una brevissima parentesi ci sta, per sfatare quel mito in base a cui i genitori rispettano un figlio non proponendogli alcun credo. Per restare nella metafora di Marzotto, è come mandare i figli in gita senza zaino, ritenendo che sia meglio si scelgano panini e cambio d’abiti lungo la strada. Solo una pura astrazione farebbe dire a una madre. “Parti nudo, che è meglio”.
Tante competenze sono state offerte al rampollo di casa Marzotto, la cui scalata in ambito lavorativo e mondano ha bruciato tutte le tappe portandolo ai vertici dell’azienda di famiglia e a diventare un manager di successo nel mondo dell’eleganza. Ma, ospite nel 2017 di Monica Mondo a Soul, confessò: «Nel mondo della moda ci sono molti deserti anche psicologici, non la mitizzerei troppo». L’anima patisce anche sotto una giacca di cashmere, e così la fotografia più emblematica di Matteo lo inquadra in un istante paradossale a un certo punto della sua bella vita: sono gli anni 2007/2008, lui è un quarantenne ricco e famoso, fidanzato con Naomi Campbell, e confessa all’amico Gianluca Vacchi (personaggio alquanto sui generis quanto a mondanità ed edonismo) che gli manca qualcosa.
Gli ho detto che avevamo bisogno di un pezzetto di spiritualità in più. (da Porta a Porta)
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Senza dotazione di base, si procede come San Paolo ricorda: a tentoni. Nella vita di Marzotto, piena di impegni, riconoscimenti e amori, c’è una grande voragine aperta sul senso dell’esistenza, sulla felicità. «Non mi divertivo più» ammette. Divertirsi è proprio il verbo giusto, perché parla di un’allegria sparpagliata in tutte le direzioni, senz’altro inebriante ma confusa. La felicità vera ha bisogno di una via. O meglio: di un incontro. Il primo passo è quello di industriarsi da soli a cercare, poi la Provvidenza si manifesta mandando segni amici a cui aggrapparsi.
Nella via totalmente inesplorata del cammino spirituale, Matteo Marzotto compie i primi passi come un qualunque autodidatta: ricorda di aver cominciato a dedicarsi a una preghiera fai da te (quella del chiedere a Dio qualcosa) e di essere diventato un turista dei luoghi mariani, come Lourdes. Poi nel 2011 il turista ha ceduto il posto al pellegrino.
Curve che diventano Dio-incidenze
Il buon Dio non ti fa arrivare subito, senza qualche curva. Ho dovuto fare qualche curva. (da Porta a Porta)
La linea retta è l’elemento geometrico preferito dal mondo del successo, specialmente se è inclinata verso l’alto e descrive la traiettoria di utili che crescono. Ma nella vita reale a nessuno sono risparmiate le curve, intese come bruschi cambiamenti di rotta non pianificati a tavolino. Tra gli episodi più dolorosi che hanno segnato la storia di Matteo Marzotto ci fu la morte di sua sorella Annalisa (dalla cui perdita nacque la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica) e la separazione dei genitori servita come un lauto banchetto per i giornali. Oscar Wilde scrisse che il dolore non è un mistero ma una rivelazione, quanto è vero – a patto che lo si accolga. Le ferite aprono una breccia nella parte profonda della persona, possono suggerire una strada nuova da seguire.
Quando si fa una curva la direzione del cammino cambia e con essa anche lo sguardo, svoltare può essere una conversione a tutti gli effetti. Nel 2011 Matteo Marzotto arriva a Medjugorje per caso, ci ritorna l’anno successivo con convinzione. In quel luogo dà un nome nuovo alle curve della sua vita, le inizia a chiamare Dio-incidenze. Ne è ispiratrice Chiara Amirante, conosciuta proprio nel santuario mariano in Bosnia ed Erzegovina per rispettare un “obbligo” impostogli da un sacerdote (quegli inviti/spintoni che ti cambiano la vita…).
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Alla domanda di Bruno Vespa su cosa abbia provato a Medjugorje, Marzotto risponde:
Disagio, perché stavo trovando una via che mi sarei aspettato da subito piena di colori e fiducia. Era una via di serenità, ma mi chiedeva di cambiare e cambiare era così radicale, da essere faticoso. (Ibid)
La proposta cristiana arriva in tutta la sua limpidezza, è un incontro che promette una novità ma passando dal calvario. Ciascuno ha il proprio, anche chi ha un conto in banca a tantissimi zeri. E se la memoria non c’inganna c’è quel famoso detto evangelico sul cammello che fatica a passare dalla cruna di un ago, a proposito di uomini ricchi e fatiche. L’incontro con Chiara Amirante e con gli amici della comunità Nuovi Orizzonti segna il congedo di Matteo dalla fede fai-da-te; comincia per lui, come lo è stato per ciascuno di noi credenti, la rivoluzione del «vieni e vedi». Lui sorride nel dire che con Chiara ha cominciato ad andare a ripetizioni di spiritualità, una scuola che è tuttora in corso ed è fatta di opere, presenze, miracoli quotidiani.
Quale lezione potrà mai imparare un amministratore delegato, un presidente, un uomo di successo?
La storia di Cristo morto e risorto insegna che anche una giornata sbagliata la si può offrire. (da Nuovi Orizzonti)
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Gli errori, ecco ciò che la logica del successo non perdona e perciò scarta (aggiungendoci il carico del senso di colpa). Ma la via che passa dal Calvario accoglie a braccia spalancate quello che l’umano butterebbe nel secchio della spazzatura, nella lista delle recriminazioni, dei fallimenti. La voragine da colmare, il vuoto che sente persino chi ha tutto (ma manca dell’essenziale) è il buco nero che fagocita quel tanto di noi che non rispetta il criterio del vantaggioso: l’inutile, il fragile, lo sbagliato, il cattivo sono una parte del nostro volto che solo il perdono di Dio ci può restituire, e ci permette di guardare il nostro ritratto per intero.
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