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Così Gesù è entrato nella vita di Maria Valtorta

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 12/09/19
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Ecco cosa accadde il 23 aprile 1943 alla mistica di origini casertane

Una mistica dei nostri giorni che ha intercettato e trascritto messaggi che gli sono stati comunicati da Gesù Cristo. La descrive in Il Cielo in una stanza. Vita di Maria Valtorta” (edizioni Fede e Cultura), don Ernesto Zucchini, facendo una minuziosa analisi di quello che è accaduto a questa donna originaria del casertano e vissuta tra il 1897 e il 1961.   

Nella vita di Maria, la svolta arrivò il 23 aprile 1943, venerdì santo, alle ore 11.45 circa: la mistica ebbe la prima vera e dettagliata locuzione interiore.

Prima di questo episodio i medici le avevano diagnosticato due o tre anni di vita, perché le molte malattie, specialmente quella del cuore, avrebbero dovuto avere la meglio sul suo corpo. Non fu così. Spesso in fin di vita, si riprese sempre, e fece un lavoro che neppure una persona in piena salute e gioventù poteva arrivare a fare. Bisogna aggiungere che la situazione psicologica e spirituale di Maria Valtorta era davvero eccellente: fisicamente malata, certo, ma intellettualmente e psicologicamente vivacissima.

Maria Valtorta

© Public Domain

La chiamata di quella “voce”

Dunque in quel giorno e in quell’ora ciò che era sporadicamente accaduto nella vita di Maria Valtorta diventò quotidiano prima e pluriquotidiano poi. Si può dire che iniziò, per Maria Valtorta, il tempo della paramistica. Iniziarono le locuzioni interiori, che diventarono veri e propri dettati; seguirono poi le straordinarie visioni.

Alle 11.45 del 23 aprile 1943 Maria improvvisamente chiamò ad alta voce Marta, che l’assisteva, poiché lei era impedita a letto, e le chiese di correre da padre Romualdo Migliorini, suo direttore spirituale, per farlo venire subito, perché era successa una cosa bellissima.


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Il consiglio di Padre Romualdo

Padre Romualdo ascoltò quanto Maria aveva sentito e scritto e le diede il suggerimento che cambiò la sua vita: «Ebbe consiglio dal Padre di scrivere tutto ciò che le veniva comunicato; e insieme al consiglio, ebbe anche la richiesta precisa di sottoporglielo». E così lei fece.

Quel primo “dettato” segnò l’inizio di un’opera monumentale. scrisse quasi ogni giorno fino al 1947, ad intermittenze negli anni successivi fino al 1951.

I quaderni diventarono 122 (oltre ai 7 dell’Autobiografia) e le pagine manoscritte oltre tredicimila.

Scriveva di getto e non correggeva

Sempre seduta nel letto, scriveva con penna stilografica sul quaderno poggiato alle ginocchia e messo su un cartolare fatto con le sue mani. Non preparava schemi, non sapeva neppure cosa avrebbe scritto giorno per giorno, non rileggeva per correggere. Non aveva bisogno di concentrarsi né di consultare libri, tranne la Bibbia e il Catechismo di Pio X.

Poteva essere interrotta per qualsiasi motivo, anche banale, e riprendeva senza perdere il filo. Non la fermavano le fasi acute del suo soffrire o il bisogno impellente di riposare, giacché le capitava di dover scrivere anche di notte. Partecipava con tutta se stessa al racconto che fluiva dalla sua penna di scrittrice dotata, ma se si trattava di temi teo­logici poteva anche non comprenderne il senso profondo.


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Le 9 caratteristiche della locuzione

La prima locuzione, così come le innumerevoli altre che seguirono, aveva alcune caratteristiche che è bene sottolineare.

(1) È stata improvvisa: avendo terminato di scrivere e consegnato il testo della sua autobiografia, Maria Valtorta aveva come impegno la preghiera, le penitenze e portare le sofferenze che la Divina Provvidenza le avevano donato; nulla lasciava prevedere questa irruzione del divino. La locuzione fu istantanea.

(2) Fu anche inattesa: mai Maria Valtorta, che si considerava grande peccatrice, avrebbe pensato di essere degna di una tale cura da parte di Dio.

(3) E neppure la locuzione fu cercata: l’umiltà che le veniva dal crocifisso e dalle letture religiose di cui si era nutrita le impedivano qualsiasi pretesa.

(4) Non fu voluta, anzi ne ebbe paura. Cioè, giustamente, Maria temeva l’inganno diabolico e per questo ricorse immediatamente al suo direttore spirituale.

(5) Non fu evocata. Cioè non fu un’esperienza spiritica: Maria Valtorta aborriva lo spiritismo, anche se doveva continuamente parlarne con il cugino Giuseppe Belfanti, questo sì spiritista e seguace di Pietro Ubaldi.

(6) Non fu architettata: non fu la costruzione di un inganno per frodare il suo direttore spirituale in un impeto di vanitosa superbia. Proprio le dimensioni e le caratteristiche temporali e spaziali impediscono di considerarla tale.

(7) Anzi fu certamente subìta, cioè si impose da sé senza poterla né frenare né preparare né determinare con le proprie forze o con i propri meriti.

(8) Questo stile letterario e di vita restarono fissi fino alla fine. Tutte le sue locuzioni e poi le visioni ebbero queste stesse caratteristiche.

(9) In più dobbiamo aggiungere che Maria “era prudentissima e piena di timore per le rivelazioni e le profezie private, cioè riguardanti persone e cose particolari […] terrorizzata lo era per quelle in generali […] temeva di aver capito male, aveva sempre paura di sbagliare: si chiudeva in sé stessa e taceva sino al punto di mantenere un ostinato silenzio, anche nonostante i ripetuti inviti di Nostro Signore alla divulgazione.

“Piccolo Giovanni”

Da questo giorno (23 aprile 1943) la vita di Maria cambiò, adattandosi alla nuova missione. Maria, che si definiva “Violetta” fin dall’inizio dell’autobiografia, e in seguito “Violetta della Croce”, fu poi chiamata insistentemente “Piccolo Giovanni” dalla Voce interiore, per indicare tre cose: l’amore posseduto sull’esempio dell’apostolo Giovanni; il dolore per la sua unione con Gesù patente per la redenzione; la funzione di trasmettere le locuzioni e le visioni che via via riceveva.

Non era un nome che sostituiva il suo proprio, ma solo un soprannome che ne indica la nuova funzione.



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