Una felicità semplice che conferma la vocazione profonda: cos’è l’altalena se non l’immagine di chi stacca i piedi da terra, si libera della propria smania di controllo, e si lascia cullare da una mano che viene dall’alto? Sono solo 26 secondi, un breve assaggio di cosa sia la felicità: un giardino, il sole alle spalle, voci allegre e un’altalena in movimento. Il quadro richiama un contesto infantile di giochi e spensieratezza, e forse in fondo è così anche se le protagoniste di questo video sono suore adulte e una di loro, addirittura, 95enne. È lei, Suor Agnese, quella che beatamente si dondola sull’altalena mentre attorno le consorelle giocano a bocce. È accaduto a San Severino Marche nel convento delle Convittrici di Gesù Bambino durante la Festa dell’Assunta, lo scorso 15 agosto.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=C-DBPlUuY9I&w=560&h=315]
Avvenire ha condiviso questi 26 secondi che paiono proprio la traduzione di quel passo evangelico che, a volte, con tanta leggerezza si cita:
In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli. (Mt 18,3)
Sembra un invito alla spontaneità e alla semplicità entusiasta, invece è il richiamo a una rivoluzione ardua e coraggiosa; si trascura spesso che il diventare piccoli si regge sul fondamento di ciò che lo precede nella frase: la necessità di convertirsi.
Leggi anche:
Dalla vocazione al silenzio e alla preghiera fiorisce il sorriso di Anne Marie
Sull’altalena
Quando vado al parco giochi, l’altalena è sempre uno dei divertimenti più contesi dai bimbi. Mia figlia è disposta a stare ferma per un tempo interminabile in attesa di salirci. Che c’è di così bello? Beh, è un modo semplice per staccarsi da terra e avere l’impressione di volare. Ricorda, poi, l’essere cullati. Tutto il bello dell’altalena sta nel fatto che l’equilibrio non dipende da noi, ma da qualcosa più alto della nostra testa. C’è modo migliore per descrivere cosa sia un’autentica conversione? Non so molto della vocazione di Suor Agnese, ma questi pochi secondi, che la inquadrano pacata e lieta mentre si dondola, mi spalancano un’ipotesi di vita vissuta: la fiducia di una donna che ha detto sì, affidandosi a un equilibrio che non è terreno, che è un anticipo di cielo. Chi è il cristiano vero se non un uomo che vive sulla terra, ma non è della terra?
La nostra conversione, quell’esercizio che non si deve mai smettere di fare, è il salto arduo di chi stacca i piedi dal suolo, smette di essere il comandante supremo del proprio esistere e si affida alla mano di un Padre che lo dondola, spingendolo oltre ogni equilibrio rassicurante. Di solito, al parco giochi, non vedo molti adulti sull’altalena; certo, lasciano il posto ai piccoli ma credo anche che molti di loro – di noi – si sentirebbero un po’ stupidi a salirci. L’adulto cammina, incede, corre, sta con i piedi ben piantati per terra; guai a perdere il controllo. Ed è una vera amarezza che proprio l’espressione «stare con i piedi per terra» significhi essere onestamente realisti.
Coi piedi a mezz’aria, Suor Agnese è ben più realista di molti avveduti e seriosi adulti. Il vero realista accoglie nel suo sguardo ben più di quello che può toccare con mano, ospita lo stupore di tutto ciò che trabocca dal vaso colmo del Mistero di Dio. Scommetto che a 95 anni suonati suor Agnese continua a convertirsi quotidianamente, ricevendone in dote la piccolezza dell’infanzia auspicata da Gesù: se c’è un dato incontestabile rispetto a cui il bambino è più realista dell’adulto è la sua chiarezza circa la necessità di affidarsi a un padre e a una madre. L’essere felicemente dipendente, insomma. L’altalena ci ricorda che dipendiamo dall’alto, siamo aggrappati al Cielo e non schiacciati a terra. E, con un salto dell’immaginazione, le corde dell’altalena sono un po’ come il cordone ombelicale di cui sarebbe bello accorgersi ogni mattina, quello che ci tiene legati alla Madre Celeste.
Leggi anche:
3 giorni con le suore di clausura: vite lontane dal mondo o al centro esatto dell’amore? (VIDEO)
Nutrici
Mi è venuta la curiosità di conoscere meglio questo ordine delle Convittrici di Gesù Bambino, un segno vivente in più della grande fertilità di percorsi vocazionali che senza tanti clamori mediatici innaffia capillarmente di speranza ogni angolo del nostro paese. Ne è emersa una storia di stra-ordinaria meraviglia. Questa congregazione religiosa a San Severino Marche nacque nella seconda metà del ‘600 ed è tuttora feconda. La parola “convittrici” che ha suscitato il mio interesse è proprio il fulcro dell’esperienza di queste suore:
Le Convittrici del Bambin Gesù hanno questa denominazione per la profonda devozione che i fondatori nutrivano per il mistero dell’Incarnazione. Il nome “CONVITTRICI” si riallaccia al fatto che Anna Moroni dichiarò con semplicità al P. Cosimo Berlinzani, suo Direttore spirituale e cofondatore, di voler essere la “nutrice” di Gesù Bambino. Il Padre prima rimase perplesso, poi ripensò a quanto dice il venerabile Beda. “Qui Verbum Dei spiritualiter auditu fidei concipere, et boni operis custodia vel in suo vel in proximorum corde parere e quasi alere studuerint, esse beatos” (Beati coloro che si sforzano di concepire spiritualmente il Verbo di Dio con la fede attraverso l’ascolto della sua parola, di partorirlo e di nutrirlo quasi per farlo crescere nel proprio cuore e in quello del prossimo con le buone opere). Padre Cosimo, quindi, cambiò il nome di “nutrice” in “convittrice“. (da Istituto delle Suore Convittrici di Gesù Bambino)
Leggi anche:
Suor Fulvia, catechesi per le donne del monastero Wi-Fi. Qual è il nostro chiostro?
Proprio ieri, imbattendomi nelle parole di Michela Murgia sulla bestemmia, criticavo quell’uscita come tipica di chi giudica il cristianesimo senza averne fatto esperienza: la Murgia ritiene l’Incarnazione addirittura come «la maggior bestemmia», cioè l’atto più riprovevole di un Dio che si umilia a essere uomo. Ecco che la storia viva e vegeta di queste suore frantuma le mille elucubrazioni mentali del misero intellettualismo. Alla scelta di chi specula astrattamente si contrappone la scelta di vita di chi vuole custodire, «nutrire», il Dio fatto Bambino. Stare accanto a quel mistero di Amore nudo e fragile fa germogliare l’altro mistero inconcepibile a certi occhi moderni: la fecondità nella castità. Le suore come Agnese accudiscono Gesù nelle opere educative che svolgono sia per i bambini, sia per l’intera comunità vicino a loro. L’accoglienza a Dio è generativa, ben oltre le egoistiche mire umane. Ha davvero i piedi saldi chi li tiene già fissi in cielo.