di Silvana Ramos
“Debajo del árbol”, cortometraggio realizzato da César Cepeda per Embryonic Producciones, ci offre una riflessione importante. La vecchiaia è semplicemente la conclusione della vita o ha un senso proprio? Se un povero vecchio riesce a malapena a muoversi e ha perso tutta la sua famiglia, che senso può avere che continui a vivere?
In base a questa domanda, alcuni hanno trovato la giustificazione per porre fine a una vita che apparentemente doveva essere terminata già da tempo. Si vede la vecchiaia come un periodo di attesa, vuoto e tristezza. Nessuno vuole invecchiare! Chi vorrebbe rimanere solo, vedere il proprio corpo riempirsi di rughe, contrarsi e sembrare un foglio stropicciato pronto per essere gettato nella spazzatura?
Che fine triste! Sarebbe meglio morire quando si è ancora in possesso delle proprie facoltà. Se resto solo cosa sarà di me? Finirò sicuramente in un ospizio, se non per strada.
https://youtu.be/ps5FYUc4Z-w
Noi che non siamo ancora vecchi ma non siamo nemmeno più giovani aitanti iniziamo a comprendere che il senso di superiorità e autosufficienza che abbiamo provato un tempo si diluisce di fronte al timore di quello che ci aspetta naturalmente. È come se due nemici stessero iniziando a conoscersi. Iniziamo a renderci conto che le armi non servono per vincere la battaglia e arrendersi di fronte all’evidenza sembra essere l’unica via possibile.
Invecchiare non significa solo diventare statici
Persi tra i ricordi della vita passata, nascondendo una specie di rancore nei confronti dei giovani, provando nostalgia per momenti, forza, compagnia…
Credo che la difficoltà risieda nel modo in cui intendiamo la vecchiaia – sia i “giovani” che gli anziani che già la vivono. Comprendendo il timore che provoca il deterioramento fisico, la vecchiaia ben intesa parte dalla necessità di accettare interiormente il processo dell’invecchiamento, non solo come deterioramento del corpo, ma come una tappa di saggezza ed estrema forza. Non dico che sia facile, assolutamente.
Anche la vecchiaia è vita!
Chi invecchia bene, accettando ogni tappa della vita, può conquistare una vecchiaia in cui si comprende il senso generale della vita, con la capacità di osservare, di servire con la propria esperienza, i propri consigli e la saggezza accumulata, che è qualcosa di molto diverso dall’imposizione e dal dominio sui più giovani.
È anche una responsabilità. Nella vecchiaia si possono riconoscere tante cose, comprendere che molte volte bisogna mettere da parte la teoria per comprendere la priorità del vincolo, della comunità, dell’essere comunione.
Bisogna comprendere le ferite che possono aver provocato le varie tappe vissute e come queste hanno influito su quelle successive, essere compassionevoli e comprensivi nei confronti di vizi ed errori, propri e altrui, e iniziare a guardarsi dentro preparandosi per la continuazione di una vita piena.
La vecchiaia non è la fine
Si tratta di un nuovo inizio, forse più comprensibile per il credente (o almeno così dovrebbe essere). La vita stessa di una persona longeva è una fonte costante di consiglio e apprendimento, a cui spesso attingiamo senza dire (o ascoltare) una sola parola dell’autore.
La necessità di accettare la vecchiaia è responsabilità non solo di chi invecchia, ma anche di tutta la comunità. La solitudine di un anziano che trova allegria nelle carezze e nella compagnia di un gatto dovrebbe farci riflettere su ciò che sappiamo, su quello che impariamo e che insegniamo sulla vita e sulle sue tappe.
Non è semplice accettare la vecchiaia, ma non è nemmeno più facile negarla ed elevare la gioventù a unico valore o a valore massimo della vita. Come ci stiamo accostando ai nostri anziani? Li ascoltiamo e li valorizziamo? Li aiutiamo? Abbiamo voglia di ascoltare i loro consigli? Di far loro compagnia e di contemplare la loro vita come un grande insegnamento?
Faccia a faccia con l’eternità
La vecchiaia è quella tappa in cui affrontiamo quasi faccia a faccia l’eternità. Un’epoca estremamente ricca per prepararci a vedere il volto di Dio, non solo per rendere conto delle nostre azioni.
Quanto è difficile arrivare alla vecchiaia terrorizzati da un’eternità implacabile! Come sarebbe bello arrivarci con la speranza di chi incontrerà finalmente un grande amico, il migliore di tutti, l’amore stesso, quello che abbiamo sempre sognato, di cui abbiamo sempre chiesto!
L’eternità, l’inesistenza del tempo, è difficile da comprendere, ma possiamo capire l’amore, se l’abbiamo sperimentato, se continuiamo a viverlo.
Questo corto ci lascia questo insegnamento: l’amore non ha tempo e si può dare e ricevere sempre, in qualunque circostanza. Non ha bisogno di capacità speciali, ma di un cuore disponibile. È l’insegnamento più importante che dovremmo affrettarci a lasciare ai più giovani.
Dovremmo imparare a rinnovare questo apprendimento in ogni tappa del cammino, a riconciliare le ferite, a consolare, a dare allegria e a comprendere che la vita come la conosciamo è solo un istante di fronte all’immensità dell’eternità.