La superficie interessata dalle fiamme è vastissima e i danni incalcolabili. Offerta d’aiuto alla Russia dagli USA.
Secondo le stime dell’Agenzia Forestale russa, sono stati oltre tre milioni gli ettari di terra colpiti dalla furia di questi incendi.
Si legge su Skytg24. Un ettaro misura diecimila metri quadrati. Significa che sono trenta miliardi di metri quadrati di foresta bruciata in Siberia; le zone più colpite quelle di Krasnoyarsk e Irkutsk, in Siberia, e la Yakuzia, nell’estremo nord-est.
Vorrei tradurlo in campi da calcio per rendere l’idea ma insomma, il concetto è chiaro. Un disastro colossale tuttora in corso i cui primi macroscopici effetti si stanno ripercuotendo su tutto il territorio subartico, sottosuolo compreso, e sull’atmosfera, tendenzialmente meno interessata ai confini tra gli stati. E’ di fatto il solo confine naturale comune che ci custodisce dallo spazio profondo. Lo diceva l’astronauta Nespoli qualche mese fa, guardando la Terra dall’alto.
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha pubblicato sul proprio portale internet un impressionante scatto dallo spazio che mostra gli incendi che si sono sviluppati in Siberia e nell’estremo Oriente russo nei giorni scorsi. Si tratta di centinaia di incendi, alcuni dei quali possono essere visti nell’ immagine catturata dallo spazio il 28 luglio 2019 da Copernicus Sentinel-3. Secondo le stime dell’Agenzia Forestale russa, sono stati oltre tre milioni gli ettari di terra colpiti dalla furia di questi incendi. Nella foto, sono visibili e riconoscibili i pennacchi di fumo derivanti dai focolai, talmente estesi che il fumo stesso ha generato inquinamento atmosferico nelle regioni di Kemerovo, Tomsk, Novosibirsk e Altai.
Da brava madre la Russia si era preparata per tempo. Il presidente Vladimir Putin aveva ricevuto e preso atto in tempi utili di un rapporto sull’emergenza incendi che avrebbe interessato la Siberia e l’Estremo Nord Est. Eppure non è stato sufficiente, per la difficoltà del territorio, percorso da poche strade e le avverse sebbene note condizioni atmosferiche.
La macchina dei soccorsi russa si era messa in moto prontamente, con il Presidente Putin che, dopo la pubblicazione di un rapporto del ministro delle Situazioni di emergenza, aveva ordinato che anche il personale del ministero della Difesa fosse coinvolto nelle operazioni di spegnimento degli incendi in Siberia e nell’Estremo Oriente russo. Le operazioni di spegnimento sono state difficoltose, anche a causa di forti venti e di temperature sopra i 30 gradi che hanno facilitato il diffondersi delle fiamme e del fumo, che ha raggiunto anche alcuni centri abitati (SkyTG24).
L’artico brucia e la cosa ci riguarda
Intanto, come sottolinea sempre l’ESA, una quantità senza precedenti di incendi si è diffusa di recente anche in varie regioni dell’Artico, tra cui la Groenlandia e l’Alaska, proprio negli Stati Uniti. Sono stati causati da temperature da record e da fulmini, alimentati da forti venti. Come sottolineano gli esperti, gli incendi rilasciano inquinanti nocivi e gas tossici nell’atmosfera. Per questo, secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, gli incendi nell’Artico hanno rilasciato circa 50 megatonnellate di anidride carbonica nel solo giugno, equivalenti alle emissioni annue totali della Svezia.
Mano tesa da Trump a Putin
Lassù, in cima al mondo gli estremi si toccano rapidamente e forse anche le mani tese arrivano prima a stringersi. In soccorso del popolo russo è arrivato lo stesso Donald Trump: anche l’Alaska, Stato Usa e la Groenlandia, enorme e desolata isola danese, sono tragicamente interessate dai roghi.
Il leader della Casa Bianca aveva telefonato a Vladimir Putin per offrire aiuto alla Russia nel contrastare gli incendi nelle foreste della Siberia. Mosca stessa, attraverso una nota ufficiale, aveva poi sottolineato che il presidente russo considerava “questo passo da parte del presidente americano un segno del fatto che è possibile ripristinare totalmente le relazioni tra Russia e Usa in futuro”. (Ibidem)
I danni ambientali sono enormi e riguardano suolo, sottosuolo, mari, ghiacci, atmosfera
Se c’è del ragionevole ottimismo sul disgelo dei rapporti USA – Russia, quello per lo scioglimento del sottosuolo perennemente ghiacciato (il permafrost) invece è un allarmato pessimismo. I roghi di torba, che ricopre gran parte del suolo siberiano e dei territori del nord colpiti dagli incendi, sono inoltre particolarmente dannosi e tossici. Lo spiega l’Internazionale:
Molti degli incendi siberiani e dell’Alaska stanno bruciando terreni di torba ricchi di carbone, che normalmente dovrebbero essere impregnati d’acqua. Gli incendi di torba producono molto più biossido di carbonio e metano perché causano la combustione del carbone che è rimasto imprigionato nel terreno per centinaia o migliaia di anni. Quando il terreno brucia, scompaiono importanti assorbitori di carbonio, che non può essere sostituito in un lasso di tempo utile.
Questo tuttavia mette in moto cicli di retroazione che non vengono presi in considerazione nelle proiezioni climatiche del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici. I ricercatori del clima citano la possibilità che il riscaldamento globale causi il disgelo del permafrost artico, rilasciando così grandi quantità di gas serra immagazzinate. Ma se gli incendi nella regioni diventeranno più comuni, la cosa potrebbe avere anche conseguenze più gravi. Le emissioni provenienti dagli incendi di quest’anno rendono più probabile che si ripresentino condizioni propizie a nuovi incendi di torba nelle prossime estati, il che produrrà ulteriori emissioni, creando un circolo vizioso. (Internazionale)
La difesa della nostra comune dimora umana è un dovere impellente
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Serve una posizione sana, intelligente, capace di considerare tutti i fattori fondamentali. Se è vero che cambiamenti climatici ce ne sono stati e di impressionanti per secoli, millenni, intere ere geologiche senza l’apporto significativo delle attività umane, è vero anche che la nostra capacità in quel senso è cresciuta smisuratamente. Serve una vera ecologia, intera anzi integrale.
La terra è dono del Creatore come lo è la nostra responsabilità di “giardinieri”. Se non facciamo nulla la natura selvaggia e molto più matrigna che madre finisce per inghiottirci; se ne abusiamo senza criterio considerandola solo come il fornitore muto di materie prime allora mettiamo a repentaglio la vita di tutti e tutto.
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Non siamo il cancro del pianeta, siamo abitanti della terra. Non siamo il virus da debellare ma i protettori che devono tornare a prendere il proprio posto nel mondo. Peccato che tante istanze ecologiste abbiano imbracciato fucili che puntano sempre ad altezza uomo, spesso addirittura bambino. (pensiamo alle compiaciute dichiarazioni di vip e reali sulla scelta di non fare troppi figli perché inquinano!)
E’ il cristiano il vero ecologista, perché non fa ecologismo, ma cerca continuamente di lasciare spazio all’ordine risanatore di Cristo e alla sua opera redentrice che è destinata anche alla creazione.
Il crepitio degli incendi, peggio, il fumo soffocante e i morti che già hanno mietuto questi incendi siano per noi il gemito della creazione che aspetta la rivelazione dei figli di Dio. Come tali siamo pieni di risorse: dall’intelligenza operativa, alla prudente intraprendenza, al coraggio di rischiare. Fino alla richiesta umile e insistente a Dio perché intervenga e ci sollevi da queste prove.
Mi è capitato di leggere, pochi giorni addietro, del sempre più frequente ricorso agli sciamani siberiani perché chiedano agli spiriti che gli incendi cessino. E’ del 4 agosto appena trascorso la riunione di 40 sciamani sull’isola di Olkhon nel lago NBajkal intenzionati ad ottenere dagli spiriti della pioggia il sollievo che la loro vasta terra desidera.
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Non vorremo farci battere dal più atavico paganesimo?
Servono processioni, novene, sacrifici, adorazioni eucaristiche tanto quanto canadair, squadre di vigili del fuoco, esercito e accordi sovranazionali.