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Perché la moglie di Lot è stata trasformata proprio in una statua di sale?

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Daniel R. Esparza - pubblicato il 29/07/19
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Nella Bibbia il sale gioca molti ruoli diversi, a volte contraddittoriLa moglie di Lot è uno dei personaggi femminili della Bibbia che non hanno un nome. Alcune tradizioni ebraiche non bibliche (fonti orali, commenti rabbinici e perfino racconti popolari) si riferiscono a lei come ad “Ado” o “Adit”, ovvero “Edith”. I riferimenti islamici alla moglie di Lot (“la moglie del profeta Lu”) sono comuni, ma come nella Bibbia non viene indicato un nome. Nel Corano viene presentata come un membro del “Popolo del Profeta Lu” nel contesto della distruzione di Sodoma e Gomorra, ma la sua trasformazione in una statua di sale non viene menzionata. Si legge solo che Lot e la sua famiglia furono tutti salvati, “tranne una donna anziana tra coloro che erano rimasti indietro”.

La moglie di Lot viene menzionata per la prima volta nella Bibbia al capitolo 19 della Genesi. Altri riferimenti si ritrovano nel Libro della Sapienza (10, 7) e nel Vangelo di Luca (17, 32), ma è al versetto 26 del capitolo 19 della Genesi che troviamo la sua famosa trasformazione: “La moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale”.

È interessante che non si dica “venne trasformata” o “Dio la trasformò”. Il versetto afferma semplicemente che “diventò una statua di sale”.

Torniamo brevemente alla storia della distruzione di Sodoma e Gomorra. Per arrivarci, però, dovremo andare un po’ più indietro, al capitolo 18 della Genesi.

L’ospitalità di Abramo

La storia del giudizio di Sodoma e Gomorra viene raccontata in due capitoli della Genesi, il 18 e il 19.

Il capitolo 18 inizia raccontando la storia della generosa ospitalità di Abramo e Sara nei confronti di tre visitatori che erano arrivati da loro presso le querce di Mamre. La vita seminomade portava spesso persone di famiglie e regioni diverse a entrare in contatto tra loro, e Canaan faceva parte di un ponte di terra naturale tra l’Asia e l’Africa, il che la rendeva una via commerciale popolare. In assenza di un’industria formale dell’ospitalità, che si sarebbe sviluppata solo in seguito, la gente che viveva in città, villaggi, cittadine e perfino accampamenti aveva il dovere sociale di accogliere gli stranieri.

Tre uomini, che secondo la maggior parte dei commentatori erano angeli dalle sembianze umane, vanno da Abramo a Mamre. La tradizione cristiana ha letto questo passo come una rivelazione del mistero della Santissima Trinità, con ciascuno di questi tre angeli che incarna una Persona della Trinità. Dopo che gli angeli hanno ricevuto l’ospitalità di Abramo e Sara, il Signore dice ad Abramo: “Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò se hanno veramente agito secondo il grido che è giunto fino a me; e, se così non è, lo saprò” (cfr. Genesi 18, 20).

Abramo, però, chiede subito al Signore se risparmierà la città se vi troverà 50 giusti, e il Signore concorda nel non distruggerla per il bene dei giusti che vivono lì. Abramo comincia poi a “mercanteggiare”, chiedendo a Dio misericordia per numeri anche inferiori: prima 45, poi 40, poi 30, poi 20 e infine 10. Il Signore concorda ogni volta. Alla fine due angeli (non i tre che abbiamo visto nella tenda di Abramo) vengono inviati a Sodoma per indagare.

Tale zio, tale nipote: l’ospitalità di Lot

Entra in scena Lot, nipote di Abramo. Come lo zio, accoglie gli angeli in casa sua, e loro mangiano insieme a lui.

Ecco un aspetto interessante: Abramo e Lot accolgono la gente nelle proprie tende, ma la storia di Sodoma e Gomorra è una storia di abbandono.

Se Lot invita questi stranieri a trascorrere la notte in casa sua, li serve, li nutre e li ospita, altri sodomiti volevano che Lot approfittasse di loro. Alcuni commenti ebraici arrivano a dichiarare che nel codice civile dei sodomiti era inclusa l’inospitalità, ma Lot, anche quando viveva a Sodoma, non ha mai dimenticato l’importanza delle lezioni apprese dallo zio Abramo. Piuttosto che approfittare dei suoi ospiti, infatti, Lot offre ai sodomiti le sue due figlie, ma la sua proposta viene rifiutata.

Al mattino, i due angeli lo esortano a prendere la sua famiglia e ad abbandonare la città, che sta per essere distrutta: “Metti la tua vita al sicuro: non guardare indietro e non ti fermare in alcun luogo della pianura; cerca scampo sul monte, altrimenti perirai!” Il resto della storia lo conosciamo. La moglie di Lot disobbedisce, si guarda indietro, guarda la città e diventa immediatamente una statua di sale.

Perché di sale e non, ad esempio, di pepe o di cumino?

Il sale gioca un ruolo interessante e spesso contraddittorio nella Bibbia. È una necessità di vita fondamentale, ed è stato usato fin dai tempi antichi in molte culture per conservare, disinfettare, come componente delle cerimonie di offerta e unità di scambio. Gli ebrei, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, non erano certamente un’eccezione.

Il Levitico (2, 13) ed Ezechiele (43, 24) mostrano che il sale era una parte importante del sacrificio religioso ebraico antico. “Condirai con sale ogni oblazione e non lascerai la tua oblazione priva di sale, segno del patto del tuo Dio. Su tutte le tue offerte metterai del sale” (Levitico 2, 13). Il sale era anche gettato sempre sulle offerte che bruciavano (Ezechiele 43, 24), e faceva parte dell’incenso offerto nel Tempio (Esodo 30, 35).

Perfino i neonati erano strofinati con il sale, come si legge in Ezechiele: “Quanto alla tua nascita, il giorno che nascesti l’ombelico non ti fu tagliato, non fosti lavata con acqua per pulirti, non fosti sfregata con sale, né fosti fasciata” (Ezechiele 16, 4).

Nell’antico Israele, il sale era ampiamente usato anche a livello simbolico. Il Libro dei Numeri e il secondo Libro delle Cronache lo presentano come il simbolo che conferma l’amicizia tra le parti. In alcune regione dei Mediterraneo, infatti, mangiare sale insieme, infatti, era (ed è ancora) un segno d’amicizia.

Alcuni commentatori ebraici affermano che è fondamentale capire perché la moglie di Lot sia stata trasformata in una statua di sale.

Secondo la tradizione, la moglie di Lot era sodomita. Ciò significava che l’ospitalità non faceva parte dei suoi costumi, e le fonti ebraiche sostengono che quando Lot le chiese di portare del sale ai suoi ospiti si sia lamentata: “Anche questo costume malvagio vuoi introdurre in questo luogo?” (cfr. Midrash Agadah, Bereishit 19, 32). Visto che non avevano sale in casa, è andata porta a porta a chiedere del sale ai vicini, facendo loro sapere che suo marito aveva ignorato le leggi della città invitando degli stranieri. Il Midrash poi spiega che avendo lei peccato con il sale, “venne punita con il sale”.

C’è però di più: nella Bibbia, una terra coperta di sale è anche una metafora della terra di nessuno, una terra desolata, in cui non cresce nulla (cfr. Salmo 107, 34; Giobbe 39, 6; Geremia 17, 6). Visto che era stata l’ospitalità a a permettere ad Abramo e Sara di avere un figlio, crescere e prosperare, è logico che chi rifiutava l’ospitalità (non solo la moglie di Lot, ma tutta la città di Sodoma) venisse trasformato in una terra desolata.

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