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Che fare quando l’anima è stanca?

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Orfa Astorga - pubblicato il 19/07/19
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La stanchezza fisica, psichica e dell’anima sono anomalie che possono diventare così gravi da provocare in alcuni una depressione fataleNel mio studio assisto molte persone con conflitti collegati alla mancanza di vero riposo, soprattutto per via dell’incomprensione del valore umano e divino di questa necessità.

Una vita intensa senza un vero ordine e del tempo per tutto non è altro che agitata. Chi vive schiacciato dal lavoro se ne rende conto, mentre le preoccupazioni gli costellano la fronte di rughe e fanno brillare nei suoi occhi la durezza di chi non riposa mai.

Questo atteggiamento dimostra una verità valida per tutti: dobbiamo prenderci il tempo necessario a riposare e a riflettere, guardandoci intorno per sottrarci a ciò che è inutile e permetterci così di tornare alle regioni profonde dell’anima.

Bisogna riposare con la sicurezza di chi ha imparato a mettere la vita nelle mani di Dio e non nelle cose che si fanno e sono necessariamente soggette alla contingenza, al cambiamento.

In genere, però, le persone non solo non lo fanno, ma intensificano il loro lavoro per tradurlo in maggiore efficienza, produttività, successo e prestigio. Le conseguenze sono l’esaurimento fisico, psichico e morale, con una catena di rotture interne e in relazione agli altri.

E l’anima? Anche lei si stanca? Me lo hanno chiesto più volte.

Sì, certo, si stanca quando si lavora per lavorare e non per migliorare la nostra umanità dall’interno, contribuendo prima a migliorare le persone che ci circondano e in secondo luogo il mondo. Quando si perde questo ordine, si perde anche il vero senso dello sforzo e del riposo.

I tre livelli di motivazione

Per questo, il lavoro deve raggiungere tre livelli ascendenti di motivazione, senza ridurre il tempo del riposo a favore di altri obiettivi:

  • Primo: guadagnare il denaro necessario come mezzo di sussistenza.
  • Secondo: far raggiungere uno sviluppo personale e professionale.
  • Terzo livello, il più alto: farlo per gli altri e per Dio.

Una volta uno dei miei pazienti mi ha raccontato che per riposarsi aveva deciso di compiere un viaggio all’estero, ma è tornato esausto perché aveva percorso migliaia di chilometri in tempi record, visitando molti Paesi, luoghi e musei.

Un altro era andato in un luogo solitario e paradisiaco collegato a distanza con l’ufficio occupandosi continuamente di questioni di “vitale importanza”.

Tipi di riposo

In situazioni di questo tipo bisognerebbe chiedersi quali siano i tipi di riposo propri della nostra umanità.

Sono fondamentalmente tre:

Riposo fisico

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Riprendere le forze è un’esigenza della nostra natura.

Richiedere al corpo uno sforzo eccessivo rubando anche ore al sonno a favore di qualsiasi obiettivo è contro natura, una forma di insicurezza esistenziale. Dormire bene presuppone una dimostrazione di fiducia e abbandono nelle mani di un Dio che provvede a noi.

Quando non è così appare l’esaurimento totale, in cui la rovina fisica e psichica viene servita su un piatto d’argento, ancor più se si ricorre a stimolanti artificiali, oltre a fumo e a eccesso di caffè.

Riposo psichico

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Bisogna sottrarsi alla tensione e allo stress distraendosi con altre attività meno esigenti ma ugualmente gratificanti, come divertirsi, passeggiare, contemplare la natura, godersi le opere d’arte, stare con amici e parenti…

Bisogna imparare a riposare scoprendo lo straordinario nell’ordinario, quello che in genere si considera banale e che non è altro che il quotidiano che ci circonda e ci chiede di recuperare lo stupore di essere vivi e di avvalerci di tutti i nostri sensi per godersi le impronte di Dio impresse in tutto ciò che abbiamo intorno.

Un riposo degno che migliora la nostra natura personale.

Riposo dell’anima

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Jeffrey Bruno

Oltre a riposare a livello fisico e psicologico, è necessario che ci sia pace nell’anima. Pace per riconoscere l’esistenza dentro di noi di un amore immenso che chiede il nostro silenzio per poter ascoltare la sua voce.

La voce di un Dio che è in sé riposo.

Una voce che nella vita mondana cerchiamo di soffocare, lasciando entrare attraverso i sensi una confusione di suoni, colori, forme, sensazioni, idee e immagini di un mondo il più delle volte virtuale e ingannevole.

Una voce che ci suggerisce di morire a quell’io inquilino molesto che ci accompagna ovunque aprendo le porte alla superbia, all’ignoranza e ai vizi.

Una voce che ci chiede di non abdicare dalla dignità di essere persone e di correggere il cammino, per evitare quella forma di profonda tristezza di chi cerca senza trovarla una vera libertà e la pace interiore che il mondo non riesce a donare.

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