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Non è poi così superfluo chiedersi se Dio c’entra anche coi peli superflui

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Annalisa Teggi - pubblicato il 16/07/19
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Ci scrive una lettrice e il suo dubbio estetico è un’occasione tutt’altro che scontata per ricordarci Chi ci rende davvero liberi di essere profondi quando occorre e altrettanto leggeri quando bisogna esserlo. Salve, sono una lettrice abituale del vostro sito. Mi sono imbattuta nell’articolo riguardante la chirurgia estetica o comunque, in generale, di effettuare cambiamenti sul proprio corpo. Io mi accetto per come sono ma c’è soltanto una cosa che vorrei fare: l’epilazione laser. La mia peluria è sempre stata un disagio per me perché non riesco a vestirmi liberamente sia in estate che in inverno e devo selezionare determinati indumenti e non mi fa sentire a mio agio quando sto con gli altri, mi sento inferiore e diversa da sempre per questa cosa. E mi domando: se io facessi il laser, che eliminerebbe il problema definitivamente, offenderei Dio dal momento che sono nata così? Sarebbe un’alterazione di ciò che Lui ha fatto? Potrei avere delle ripercussioni? Se penso di farlo è perché ciò mi crea veramente tristezza e disagio.
Cordialmente GD

 

Cara GD, grazie di averci scritto e non è un pro forma dirlo. Certo, potrei essere sbrigativa e arrivare subito al dunque: puoi depilarti senza problemi. Non conosco la tecnica di depilazione definitiva, quindi sugli aspetti medici della procedura posso solo rimandarti alla verifica puntuale con esperti di fiducia. Mi dilungo un po’ su altro, perché non è scontato ricondurre a Dio tutto di noi, anche le cose più semplici e apparentemente superficiali. Immagino, infatti, il sorrisetto di certi che, leggendo la tua lettera, la possano giudicare una sciocchezza. Non siamo abituati a mettere Dio in mezzo, o meglio al centro, di tutto ma proprio tutto. Certo, su faccende come i peccati mortali Dio può diventare l’interlocutore privilegiato ma, quanto ai peli superflui, potranno pure essere cose “mie solo mie” – è così che si è tentati di pensare. Noi separiamo ciò che per Dio è unito, il corpo e l’anima. Ci sono gradi di valore, ovvio.



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Eppure il nostro Dio è quello che ha contato tutti i capelli del nostro capo, e alla luce di questo il beneamato Chesterton immaginò che una madre premurosa preferirebbe passare interminabili ore a ripulire dai pidocchi uno a uno i lunghi capelli di figlia, piuttosto che rasarli a zero in cinque minuti. Perché l’amore alla persona del Padre innerva anche i capillari invisibili. Ma noi, anziché usare i suoi occhi per guardarci, preferiamo essere come la Regina di Biancaneve. Lei interrogava lo specchio: “Chi è la più bella del reame?”.

Dal punto su cui fissiamo lo sguardo dipende il buono o non buono dell’intenzione che ci muove. E ogni gesto, anche rassettarsi i capelli dopo un colpo di vento, ha un’intenzione che va oltre la mera apparenza. Dunque, paradossalmente, fa parte dell’avventura della vita sia la possibilità di fare grandi cose buone con l’intenzione sbagliata, sia la tua premura di fare una piccola scelta con l’intenzione giusta. Nel grande e nel piccolo, lo sguardo è determinante, cioè scegliere Chi è l’interlocutore delle nostre intenzioni.

WOMAN'S REFLECTION

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E qui torniamo alla Regina di Biancaneve. Fare domande a uno specchio significa farle a se stessi, essere imputati e giudici delle nostre faccende. Incoronarci re del nostro regno. Tu non sei caduta nella trappola e anziché usare lo specchio hai alzato gli occhi. Però cadresti nella trappola, se ti mettessi a idolatrare la tua paura di offendere Dio. Il nostro migliore specchio è stare al cospetto della proposta coraggiosa della Creazione: siamo fatti a immagine di Dio, cioè siamo imparentati con la Bellezza che è tutt’uno con il Bene: ne siamo collaboratori e testimoni nel chiaroscuro del mondo che s’infila fino ai molti chiaroscuri del nostro corpo. Fissare il disegno di Dio è la strategia umana migliore, dai peli superflui fino al marciume spirituale e alle ferite brutte. Ci evita le distorsioni ottiche per cui dettagli marginali possono trasformarsi in mostri.



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Lo specchio delle nostre brame riflette e basta, ingrandendo certi dettagli perché la nostra testa li ha già ingranditi. Ed è su questo crinale pericoloso che la chirurgia estetica può celare l’idolo di una vanità egocentrica svilente. Non credo che l’opera di Pirandello Uno, nessuno, centomila si trovi nelle sale d’aspetto dei chirurgi estetici, ma sarebbe appropriata. Quella storia comincia con un uomo che nota allo specchio una piega nel naso che non gli piace, e finisce per non sapere più chi è.

Se lo specchio è solo nelle nostre mani, amplifica i nostri rumori interni. Può far diventare il naso, o i peli, (o la propria santissima bontà, o i propri peccati) un gigante che adombra tutta la persona. Rifarsi il naso non è un male assoluto per la persona, ma diventa una schiavitù se il naso è diventato il mio dio. E, per spaziare nel campo di tutte le possibilità umane, Thomas Becket ebbe come ultima tentazione quella di vantarsi del proprio martirio. La trappola dello specchio non vale solo per le labbra a canotto, ma anche per le azioni più decisive da cui dipende la sorte eterna dell’anima.


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Se l’occhio si distoglie da sé e ospita nel proprio orizzonte quotidiano l’ipotesi della Creazione che ho accennato prima, ecco che l’io ha con sé l’amico vero e l’antidoto per essere libero di trattare con profondità ciò che è profondo, ed essere altrettanto libero di trattare con leggerezza ciò che è davvero leggero. Il bello della libertà di affidarsi a Dio è che ci libera pure da certe nostre pesantezze. Vedi? Ci è voluto un papiro per dirti che i peli superficiali sono davvero superficiali, possono essere tolti definitivamente senza che la tua anima tremi.

Ma, lo ammetto, avevo anche un secondo fine. La tua premura “capillare” mi è parsa qualcosa di puro e tenerissimo, una voce da custodire in questo tempo che strappa vite umane come fossero peli superflui.

Per domande, testimonianze e condivisioni potete scriverci a raccontaloaforher@aleteia.org

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