Chi non ha avuto abbastanza amore, rischia di non avere mai abbastanza denaro.Avarizia e già che ci siamo avidità. Non sono sinonimi, ma possono avere delle linee comuni: l’avaro vuol tenersi la roba sua e l’avido vuol mettere le mani anche su altro. Avere la ferrea volontà di tenersi la roba propria e avere il più o meno marcato desiderio di mettere le mani su qualcosa d’altro, fa parte della norma, del fisiologico. Diventa patologico quando non si è in grado di fare il conto se ne vale la pena. Vale la pena di passare l’inverno con la sinusite per risparmiare cinquanta euro di riscaldamento? Vale la pena di litigare a morte con tutti i fratelli, che magari prima o poi potrebbero tornare utili, per avere una fettina di più di eredità?
Avidità e avarizia sono comportamenti patologici dove non si calcola più se ne vale la pena, sono ossessioni. Oltretutto noi più di un abito alla volta non possiamo metterci, più di un pasto alla volta non possiamo mangiare, non possiamo stare in più di un posto alla volta. La differenza di vita tra una persona che guadagna mille euro al mese e una che ne guadagna diecimila è enorme, la differenza di qualità di vita tra qualcuno che guadagna un miliardo di euro e uno che ne guadagna dieci miliardi è irrilevante. Il denaro diventa identità. Le persone che vogliono il denaro per avere potere, il denaro poi lo spendono: per comprare giornali, campagne elettorale, uomini politici, eserciti, intellettuali, università, produttori, registi, catene televisive, qualche radio. Lo si considererà un filantropo o un criminale a seconda che condividiamo o meno i loro scopi, ma una così grossa capacità di influenzare il mondo è molto difficile resti pulita. Possono rientrare nello schema dell’avido, anzi vi rientrano sempre perché per investire questo fiume di denaro da qualche parte lo devono prendere, ma non in quello dell’avaro.
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L’avaro è bloccato, non spende nulla. Lo rappresenta benissimo Paperon de Paperoni, che veste sempre alla stessa maniera, mangia qualche frugale porcata, non va in vacanza mai. La base dell’avarizia è un problema di identità. Lo schema è quello della Regina di Biancaneve se non so chi sono che almeno io sia la più bella del reame, oppure la più magra del reame ( disturbi alimentari) o almeno a più ricca del reame. L’avaro vero si sente diminuito quando incontra qualcuno più ricco di lui e si sente diminuito quando il suo denaro diminuisce, perché il suo denaro è la sua identità. Il denaro è a metafora dell’amore: quando regaliamo del denaro a qualcuno, in genere gli vogliamo bene. Chi non ha avuto abbastanza amore, rischia di non avere mai abbastanza denaro. Il bambini non amato può diventare l’avaro totale, quello che non spende nemmeno i soldi del riscaldamento. Il deposito piano di dollari è l’unico balsamo che ha trovato per diminuire l’angoscia. Oltretutto se non sono amato, nessuno mi darà aiuto. Un’avarizia micragnosa e insulsa è quella delle parola: un grazie di più, un piccolo complimento non costano nulla, ma l’avaro vero ha paura anche di spendere quello che non costa nulla.
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