Abbiamo bisogno di una voce che ci svegli dall’apatia dell’egoismo, tendere la mano a Dio e fargli spazio nel quotidiano è l’inizio di uno slancio che ci rende protagonisti di ogni gesto.di Marco Chiavini
Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita (Lc 6,6)
Questo versetto del Vangelo mi ha fatto pensare alle mie aridità, alla mia incapacità di stendere la mano. L’ho già detto altre volte, la lotta contro il mio egoismo è sempre accesa, spesso mi lascio sopraffare. Perché? Perché me ne sto in disparte e non accolgo l’invito di Gesù a mettermi al centro, cioè ad essere presente a me stesso e non passivo rispetto alla vita. Questo invito voglio farlo mio, voglio che riecheggi più forte nel mio cuore, ogni qualvolta l’egoismo, la superficialità nei rapporti torna a farsi sentire. Quell’uomo era in disparte chissà da quanto tempo, immaginate come possa essersi sentito ad essere chiamato proprio da Gesù a mettersi al centro, pensate che brivido, che scossa!
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Ecco, a me serve proprio quella, una voce che mi svegli dal torpore e dall’apatia. Poco tempo fa quella voce è arrivata da mia moglie, l’ho ringraziata per avermi scosso e riportato a me stesso, per avermi rimesso al centro. Certo, non è giusto aspettare sempre che qualcuno mi svegli, anzi la lotta dovrebbe essere per non lasciarmi prendere dall’egoismo e subire la vita passivamente, senza slancio, senza entusiasmo. Sapete qual è l’etimologia (la mia fissa…) della parola entusiasmo? Viene dal greco en = dentro, thèos = Dio.
L’ho scoperto leggendo il meraviglioso libro di Francesco Lorenzi, cantante e autore dei The Sun, “La strada del sole”. Ho sempre pensato all’entusiasmo come un sentimento superficiale, uno slancio che dura poco e invece la sua etimologia mi ha dato la carica, mi ha dato uno sguardo nuovo sulle cose che faccio, perché se le faccio con entusiasmo, cioè con Dio dentro allora tutto cambia, tutto ha un altro sapore.
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Per usare una frase cara ad un mio fratello, ho vissuto un’estate da pollo piuttosto che da aquila. Il pollo sta a terra, becca ciò che trova, difficilmente il suo sguardo è rivolto verso l’alto. L’aquila vola alto, fa il nido sulle vette delle montagne, ha un punto di vista privilegiato sulle cose, cerca attentamente ciò di cui ha bisogno e non si accontenta. Ecco, la discussione con mia moglie ha riacceso il desiderio di tornare al centro, con Gesù, davanti a Gesù e a frequentare le alte vette.
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