Ci spiegarono che l’importante in questi casi è che il bambino abbia la consapevolezza che l’ostia consacrata che andrà a ricevere non è un… “biscottino”, ma il vero Corpo di di Gesù. Per Filippo era ormai un dato acquisito che Cristo fosse realmente presente nell’ostia e nel vino.di Stefano Bataloni
Una delle tante grazie che abbiamo ricevuto con la vita di Filippo, nonostante la sua malattia, fu il poterlo accompagnare alla Prima Comunione.
Fu una grazia perché lui non aveva ancora l’età giusta e noi lo desideravamo da tempo, ma era ormai giunto verso la fine dei suoi giorni e, ci dissero, in questi casi la Chiesa concede il permesso di riceverla prima del tempo.
Lui non ebbe nemmeno il tempo di fare il catechismo, ed infatti si arrabbiò molto quando glielo preannunciammo: non voleva fare la Prima Comunione senza la preparazione, perché sapeva che prima o poi avrebbe iniziato anche lui ad andare al catechismo.
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Ci spiegarono che l’importante in questi casi è che il bambino abbia la consapevolezza che l’ostia consacrata che andrà a ricevere non è un… “biscottino”, ma il vero Corpo di di Gesù. E su questo sia io sia Anna eravamo tranquilli: Filippo è sempre venuto alla Santa Messa con noi, anche quando era molto piccolo, anche quando cominciava a camminare e noi lo lasciavamo girovagare intorno all’altare sotto lo sguardo intenerito di Don Salvatore, il sacerdote che lo battezzò.
Quando poi si fece un po’ più grande e cominciò a capire di più ma allo stesso tempo cominciò pure a pronunciare le prime parole, a fare le prime domande, noi gli abbiamo sempre spiegato che il momento della Consacrazione è quello più importante della Messa, quello in cui bisogna fare assoluto silenzio e mettersi in ginocchio, che in quel momento Gesù “viene” nell’ostia e nel vino che quindi “diventano” la sua carne e il suo sangue.
Al momento della sua Prima Comunione, per Filippo era ormai un dato acquisito che Cristo fosse realmente presente nell’ostia e nel vino. Alla fine fu don Stefano, il sacerdote che ci ha seguiti nelle ultime settimane della sua vita, a convincerlo; gli disse: “io vedo nelle tue sofferenze, Gesù sulla croce, sei già unito a Lui in qualche modo e ora ti resta solo di riceverlo nel sacramento”.
Filippo ricevette la sua Prima Comunione il 14 settembre, giorno in cui la Chiesa Cattolica festeggia la Esaltazione della Santa Croce.
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Qualche domenica dopo avvenne che andammo alla messa serale presso la Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella) di Roma; il celebrante era Padre Maurizio e Filippo ebbe qualche titubanza, disse che padre Maurizio non sapeva che lui aveva già fatto la Prima Comunione, era come se avesse capito che la sua situazione non fosse del tutto “regolare” e non voleva correre il rischio di fare qualcosa di sbagliato. Anna lo accompagnò e, dopo aver rassicurato il sacerdote, ricevette il Corpo di Cristo anche in quella occasione.
Domenica scorsa, con Francesco e Giovanni siamo andati a trovare alcuni amici in un paesino al confine tra Toscana e Umbria, nei pressi del Lago Trasimeno. Siamo andati insieme anche alla Santa Messa, prima del pranzo.
Al momento della Comunione, Francesco si accosta al sacerdote e questi si china verso di lui e gli domanda se aveva già fatto la Prima Comunione. Francesco annuisce e quindi il sacerdote gli dà l’ostia consacrata. Pochi istanti dopo accade la stessa cosa con uno dei figli dei nostri amici.
Ho davvero molto apprezzato l’attenzione di quel sacerdote verso la Santa Eucaristia e mi è tornato in mente Filippo, con le sue titubanze, un po’ da bambino, certamente, ma anche da persona che aveva capito che fare la comunione alla fine della messa è un momento da non trascurare.
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Mi viene oggi da pensare a quale grande impatto abbiano certi gesti pubblici dei nostri sacerdoti: in quel momento il celebrante, attraverso Francesco, è stato come se avesse voluto dire a tutta l’assemblea che lui non era lì a distribuire “cibo energetico”, buono per grandi e piccoli, in grado di rinvigorire le nostre deboli forze. No, lui era lì per riaffermare che Cristo, morto sulla croce per salvarci dai nostri peccati, era lì, presente in quell’ostia. Quel sacerdote non era lì per prendersi cura del nostro corpo ma della nostra anima.
Quante volte trascuriamo, io per primo, l’importanza di trovarsi nella giusta disposizione per ricevere la comunione. Quante volte ci accostiamo a quell’ostia, io per primo e nonostante i continui insegnamenti ai miei figli, dimenticando che essa rimanda al sacrificio del Figlio di Dio per noi, Sue creature.
Eppure non è esattamente quel sacrificio che ha cambiato il corso della storia? Non è esattamente quello il centro della nostra fede?
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